Torture cinesi

Cinque anni fa ha avuto inizio in Cina una delle più brutali persecuzioni degli ultimi anni: quella contro i seguaci del movimento spirituale Falun Gong, una rivisitazione moderna della millenaria tradizione taoista e buddista vissuta dal regime comunista di Pechino come una minaccia alla propria decadente egemonia.  Centomila reclusi nei campi di lavoro e di rieducazione, mille morti per le orrende torture subite durante la prigionia Un gruppo di diciotto donne cinesi della provincia di Jilin scrive: “Dopo l’arresto ci hanno portate nel campo di lavoro forzato femminile di Masanjia. Qui i poliziotti ci hanno fatte spogliare, ci hanno picchiate e bastonate, ci hanno violentate e brutalizzate con bastoni e oggetti di ogni genere. Quelle che di noi erano incinte hanno tutte avuto degli aborti. Volevano che rinnegassimo la Falun Gong. Per quello che ci ha fatto, il direttore del campo ha ricevuto una promozione e un premio di 50 mila yuan, e il suo vice di 30 mila yuan”. Un uomo di Dalian City scrive: “Mi hanno portato al campo di lavoro di Dalian. I poliziotti mi hanno spogliato, mi hanno legato per i polsi e le caviglie a quello che loro chiamano la ‘tavola per dormire’ e poi, con delle corde, hanno tirato in direzioni opposte fino quasi a strapparmi braccia e gambe. Poi mi hanno preso a bastonate sugli arti per ore e ore e mi hanno gettato acqua bollente con polvere di chili negli occhi. Alla fine mi hanno appeso per le mani a una trave di acciaio senza che i miei piedi toccassero a terra. Ogni tanto venivano e mi picchiavano, dicendomi di abbandonare la Falun Gong. Mi hanno lasciato appeso per tre giorni”. Questi drammatici racconti, due tra le tante testimonianze raccolte e diffuse da uno dei siti del movimento, sono solo un piccolo esempio della brutale persecuzione che il regime di Pechino attua da cinque anni contro i seguaci del movimento spirituale cinese Falun Gong, una persecuzione che, secondo il movimento stesso, attualmente vede almeno centomila persone detenute nei campi di lavoro e nei campi di rieducazione e che fino a oggi ha causato la morte documentata di oltre mille persone per le torture subite durante la prigionia. Sessanta decessi si sono verificati solo nel bimestre aprile-maggio di quest’anno. Decessi attribuiti dalle autorità cinesi a ‘cause naturali’, e sui quali il governo impedisce ogni sorta di indagine. Nessuno è mai stato punito per questi abusi. Semmai, come dimostra la testimonianza di cui sopra, i responsabili sono stati premiati. Il che non stupisce, dato che le autorità centrali cinesi, nel dare istruzioni alle forze di polizia del paese, hanno affermato che “nessun provvedimento è eccessivo per sradicare la malefica setta Falun Gong”. Ci sono anche delle fotografie che testimoniano queste torture  foto che sarebbero state scattate da poliziotti ‘simpatizzanti’ del movimento. Ma perché tanto accanimento? Che minaccia rappresenta questo movimento per il regime di Pechino?  La Falun Gong, o Falun Dafa, è un scuola spirituale di recentissima fondazione che si richiama però all’antica cultura religiosa e filosofica cinese del taoismo e del buddismo, vale a dire a quella millenaria tradizione bandita, ma mai sradicata, dall’avvento in Cina del comunismo e dell’ateismo di stato, e che la Falun Gong è riuscita a far risorgere in maniera eclatante e, per il potere politico, sovversiva. Forse nemmeno il ‘maestro’ Li Hongzhi, oscuro ex trombettista cinese che nel 1992 ha fondato la Falun Gong, e che ora vive in dorato esilio a New York, immaginava le dimensioni del fenomeno culturale messo in moto dalla sua iniziativa. Oggi sono almeno settanta milioni i cinesi che aderiscono a questo movimento. E il loro numero è in costante aumento, nonostante le persecuzioni governative. Si tratta di persone di diversa estrazione sociale: contadini, operai, studenti, impiegati, manager, e perfino funzionari dello Stato e del Partito Comunista, e membri delle forze armate. Essere seguace della Falun Gong significa, sostanzialmente, praticare quotidianamente l’antica tecnica meditativa del Qigong, una tradizionale pratica respiratoria e ginnica analoga a quella taoista del Tai Chi e alla quale vengono attribuiti formidabili effetti curativi, sia fisici che psicologici. Prima che il governo mettesse fuori legge la Falun Gong, si potevano vedere migliaia di persone ordinatamente sedute nelle piazze e nei parchi pubblici delle città cinesi, intente a praticare il Qigong. Oggi tutto questo viene svolto in clandestinità. Ma la Falun Gong non è solo questo. E’ anche l’aderenza ai tre principi morali di origine buddista: Verità, Compassione e Tolleranza. La repressione governativa sistematica della Falun Gong ha una data d’inizio precisa: il 20 luglio di cinque anni fa. Ma l’antefatto risale a pochi mesi prima, esattamente al 25 aprile del 1999, quando – come si legge sul sito del Falun Gong “oltre diecimila praticanti della Falun Dafa si riunirono a Pechino, in piazza Tienanmen, per protestare contro le violenze e le vessazioni inflitte ai seguaci del movimento da parte della polizia della città di Tianjin e anche per le restrizioni applicate alle pubblicazioni della Falun Gong”. “Il raduno fu pacifico e ordinato. Dopo aver presentato il loro caso al primo ministro del Consiglio dello Stato, Zhu Rongji, i praticanti tornarono a casa tranquillamente. Questo evento evidentemente scioccò la leadership cinese, poiché non avevano previsto che così tante persone potessero riunirsi in così poco tempo nel cuore della capitale. Dopo i fatti di Piazza Tiananmen del 1989, non c’era mai stato un evento in cui così tante persone si fossero riunite per fare appello al governo. La reazione del governo a questo particolare incidente, fu veloce e brutale. Durante la notte del 19 luglio 1999, la polizia fece irruzione in casa di centinaia di praticanti e li portò nelle prigioni. Il giorno successivo, il 20 luglio, la Falun Gong fu dichiarata ufficialmente illegale in Cina. Da quel momento in poi, è iniziata una massiccia campagna governativa, con la finalità di reprimere e distruggere la Falun Gong”. “I media gestiti dallo Stato cinese – si legge ancora sul sito del movimento, che in Cina non è visibile – hanno lavorato a tempo pieno per diffondere false notizie e anche i canali diplomatici in tutto il mondo sono stati coinvolti per la loro propaganda. Lo scopo era ed è quello di fuorviare il pubblico per coprire i gravi abusi commessi contro i praticanti della Falun Gong. Migliaia di praticanti sono stati privati della libertà, interrogati, torturati e a volte ‘rieducati’. Insomma, il governo cinese ha usato tutti i mezzi disponibili per terrorizzare e fare pressione sulle persone perché rinuncino al loro credo. Hanno messo la società e i nuclei famigliari gli uni contro gli altri, attraverso minacce e multe pesanti, migliaia di persone hanno perso il loro lavoro e la loro abitazione. La lista è molto lunga. Milioni di libri della Falun Gong e video-tape sono stati distrutti in pubblico. Gli accessi ai siti internet della Falun Dafa sono stati bloccati in Cina. A coloro che hanno documentato i casi di tortura e gli abusi subiti durante la detenzione sono state inflitte pesantissime condanne detentive con l’accusa di aver ‘rivelato segreti dello Stato’”.“Ai praticanti – prosegue la nota ufficiale del movimento – è stata anche negata la possibilità di avvalersi di un legale per la propria difesa; hanno ricevuto condanne fino a 18 anni di prigione attraverso sentenze-show. Molte altre migliaia di persone sono state rinchiuse nei campi di lavoro senza alcuna sentenza. Peggio ancora, molti praticanti della Falun Dafa sono stati mandati nelle strutture psichiatriche e forzati all’assunzione di potenti droghe psicotrope che hanno causato loro seri danni. Questa tattica fu usata dall’Unione Sovietica durante la leadership di Stalin per indurre il pubblico a credere che le vittime fossero mentalmente insane, giustificandone così la reclusione. Alla data attuale ci sono più di 1009 casi documentati di praticanti in ottimo stato di salute, che hanno perso la vita durante la detenzione a causa delle torture subite. Durante questi mesi di violenze e torture, i praticanti della Falun Dafa hanno dimostrato una bontà e tolleranza incomparabili. Non c’è mai stato un singolo seguace che abbia risposto all’attacco o colpito fisicamente la polizia. Tutti hanno sempre usato solo i mezzi non-violenti, pacifici e legali per presentare i loro appelli”. Per il Partito Comunista Cinese, la Falun Gong, nonostante la sua natura non-violenta e a-politica, rappresenta una minaccia enorme non tanto perché si tratta di un movimento religioso contrario all’ateismo di Stato, ma soprattutto perché rappresenta un fenomeno sociale numericamente imponente. Quindi una minaccia a quel monopolio che il Partito Comunista deve mantenere in termini di controllo sociale. Sembra che ormai il numero dei seguaci della Falun Gong, oltre settanta milioni come si diceva, abbia superato quello degli iscritti al Pcc. A parte le illazioni del governo di Pechino su un presunto sostegno straniero (leggi statunitense) alla Falun Gong, l’establishment comunista cinese mostra un timore irrazionale e paranoico per la Falun Gong perché la vive come plateale dimostrazione della sua perdita di influenza su una società, quella cinese, sempre più desiderosa di lasciarsi alle spalle il suo passato prossimo e di evadere da un presente pieno di incertezza trovando rifugio nel suo mai dimenticato passato remoto.
Enrico Piovesana

 

 



One Comment

  1. elvira wrote:

    Il simbolo del Falun rappresenta un universo in miniatura e anch’esso ha le sue forme d’esistenza, così come i suoi processi evolutivi, in tutte le altre dimensioni; per questo io lo chiamo un Mondo. (Li Hongzhi)
    Questa citazione è riportata all’inizio del libro “Zhuan Falun (Girare la Ruota della Legge) di Li Hongzhi” che consiglio di leggere a tutti (curiosi, studiosi e ricercatori sulla verità dell’universo!); è possibile scaricarlo gratuitamente dal sito http://www.falundafa.it/it/Book.htm

    molto interessante questa pagina che ho letto con grande compassione e partecipazione.
    non ho parole!!
    saluto e ringrazio la redazione.

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