Domande e risposte: seconda parte
Se vuoi rileggere la Prima Parte
- PRATICARE LA PRESENZA
- DIFFERENZA TRA ARTE MARZIALE E SPORT DA COMBATTIMENTO
Cosa si intende per “presenza”?
L’assoluta mancanza di imposizione del proprio modello precostituito dalla mente.
Se lo cerchi inevitabilmente sbaglierai, perché ti sei preparato prima. In realtà un praticante libero e consapevole non potrà mai sbagliare una tecnica, perché non ne “conosce” più, non ne ha più bisogno.
Per far questo è necessaria però una didattica precisa, perché quello che erroneamente si fa credere spesso è che si può raggiungere questo risultato, al di la del metodo che ognuno preferisce. Non dico che non possa essere vero, ma perché usare il monopattino se posso raggiungere un luogo in auto?
Quindi un aikido basato sulla memoria non è aikido?
Aikido significa via dell’armonia. Non può esistere armonia se si è costantemente tra il passato e il futuro, proprio come un pendolo si muove da un opposto all’altro senza mai stare al centro. Quando qualcuno ti attacca e pensi alla tecnica, stai prendendo ciò che hai appreso (memoria) nel passato per creare il tuo futuro. Hai la visione passata della tecnica che ti hanno insegnato, fusa con l’immagine del tuo uke (compagno di allenamento) che andrà giù in quel determinato modo. Il presente non esiste, e tu sei condizionato, quindi se non sei in armonia con te stesso, come puoi esserlo con un altro? Di fatto l’unica cosa che esiste è il presente, ciò che è soggettivo è la tua proiezione mentale, quindi annulli ciò che conta davvero. Se qualcosa cambia nel presente tu non sarai pronto a riceverla, sei già troppo oltre.
Un allenamento che non tiene conto di questo è finto, e questo vale non solo all’interno degli attacchi liberi.
In che senso?
Si va in confusione, in tilt, ecco perché molti praticanti quando vengono attaccati di sorpresa si ritrovano in crisi e non sono riusciti a fare assolutamente nulla di quello che hanno imparato in 5-10-20 anni di pratica. Paradossalmente, più esperienza hai maturato con questo genere di pratica finta, più difficile sarà fronteggiare situazioni improvvise. La cosa buffa è che, dopo ciò, si da la colpa all’aikido che non serve, un po’ come urlare contro il vento. Oppure la si da al proprio istruttore, e in parte è vero. Ma c’è da dire che la vera ignoranza e una responsabilità sempre personale. La colpa non è dell’insegnante incompetente, ma MIA che ho seguito un incompetente.
Basta provare, non è filosofia: il tuo compagno di allenamento deve costringerti a NON pensare, e per farlo deve metterti in una situazione di reale pericolo. Li, e soltanto li, capirai se sei in grado di esserci pienamente, o se tutta la pratica di anni e anni verrà buttata al vento in 2 secondi.
Se ciò accadrà la responsabilità sarà sempre tua, e ciò significa che, anziché imputare qualcosa di astratto, o si lascia o si inizia a praticare seriamente. Bisogna assumersi la propria responsabilità pienamente.
Quindi le tecniche non esistono?
Certo che esistono, nella misura in cui il tuo compagno te lo permette. Non è la tecnica che non funziona, è il momento ad essere sbagliato. Non è l’aikido che non va, è l’idea limitata che ne abbiamo.
L’aikido non rischia così di diventare troppo focalizzato sul concetto di combattimento?
Il combattimento non è solo una situazione in cui due si affrontano, ma riguarda il combattimento interiore che è presente in ognuno di noi.
Ueshiba probabilmente per “mancanza di competizione” alludeva a qualcosa di molto più profondo di ciò che siamo abituati a comprendere. Una persona può combattere senza combattere, senza essere coinvolta totalmente dall’emozione di voler sopraffare. Il problema è che spesso si guarda qualcosa giudicandola solo in base alla visione che si presenta.
E l’armonia?
Come puoi trovare l’armonia nell’armonia? Se sei in armonia, non hai bisogno di cercarla, è già li. L’aikido ti aiuta a trovare l’armonia all’interno di qualcosa che non lo sia. Non importa quanto sia aggressivo l’attacco, tu devi essere in armonia comunque.
L’armonia di cui parla Ueshiba è uno stato interiore, ma vallo a spiegare ai 6° dan che si riempono la bocca di parole come “armonia, rispetto, amore, Ki, energia, centro”, e poi al primo allievo che se ne va lo criticano perché ha scelto un maestro di grado più basso o ha cambiato arte marziale. Oppure che cercano di importi le loro idee sottilmente come oggettive, ma se realmente fossero in armonia non avrebbero bisogno di convincere gli altri con il loro fanatismo.
Spesso si vedono insegnanti che partono dall’armonia per arrivare all’armonia: lo si vede perché i loro movimenti sono molto lenti, fluidi, controllati, e gli attacchi che vengono portati sono molto blandi. Si può vedere qualsiasi tecnica spettacolare, ma sempre se chi attacca lo permette!
Non bisogna osservare chi si difende, ma chi attacca, parte tutto da li. Movimenti molto grandi, ampi e belli, sono possibili su attacchi ampi e grandi. Ma chi sa attaccare bene non si espone in quel modo, e di solito non vuole farsi fare quello che vuoi tu.
In questo preciso istante, se qualcuno mi lancia una pallina di carta io posso fare un salto mortale e afferrarla al volo, ma era solo una pallina di carta, non posso farlo con un oggetto più pesante.
Lo stimolo è il banco di prova, non le evoluzioni da circo che io faccio.
I bambini fanno “ooh..” quando vedono volare qualcuno, ma non osservano l’attacco che ha permesso questo.
La strada verso l’armonia è molto difficile, a mio modo di vedere, perché bisogna fare un lavoro retrospettivo che metta da parte tutte le tue abitudini, sia buone che cattive. Invece si parla di armonia come una statuetta di Ueshiba da adorare.
Un aikido che ti dia abitudini buone e tecniche universali non esiste, è solo un modo per tenerti stretto e venderti un prodotto. In quel caso sarai ancora più svantaggiato perché non solo dovrai togliere le cattive abitudini, ma anche le buone che ti sono state date, ed è più facile togliere le cattive che le buone. In altre parole, non devi abituarti a niente.
Mi riesce ancora difficile comprendere la contro produttività della memoria.
Se osservi la maggior parte delle dimostrazioni di Aikido, riuscirai, con una buona concentrazione, a notare che la maggior parte sono finte. Si muovono come se seguissero un copione con le loro parti, una vera e propria coreografia. Puoi farlo anche subito digitando Aikido su Youtube!
Questo non è necessariamente negativo, le dimostrazioni per ragioni di pulizia esecutiva possono anche essere preparate prima, ma il problema è che in allenamento è la stessa identica cosa.
Dimostrazione significa che dovresti dimostrare ciò che sei in grado di fare, non che crei la situazione per farlo.
Se osservi con attenzione, noterai che quasi sempre non vi è vera intenzione di attacco da parte di uke, perché è più preoccupato di come cadrà o di quale tecnica dovrà seguire (come se fosse un problema suo), mentre tori sarà indaffarato sul cercare tecniche sempre nuove, perché non puoi fare una dimostrazione, una esibizione, o una semplice verifica facendo sempre la stessa, cosa penseranno le persone o i tuoi allievi che ti guardano? A volte comprendere questo non è sempre semplice, ma se si osserva con attenzione si riuscirà a visualizzare se quei praticanti sono condizionati oppure no, se stanno seguendo meccanicamente un copione oppure no, basta osservare il loro corpo. Lo ripeto sempre, bisogna smettere di essere condizionati dal legame emotivo con il proprio maestro, dal suo grado, dalla sua autorità, smettere di idealizzare ed emulare, e iniziare ad osservarlo per la prima volta per ciò che FA, non per ciò che E’!
Perché? Io credo che venga fuori una dimostrazione più pulita.
Certo, ma stiamo parlando sempre di una coreografia. Sarebbe interessante ogni tanto vedere un po’ di improvvisazione da parte di gente che, durante una lezione, non fa altro che correggerti e trovarti delle soluzioni a tutto. Sarebbe interessante vedere un po’ di pulizia la dove la pulizia manca, è troppo facile essere puliti quando si programma tutto in anticipo.
Che senso ha prendere una scopa e pulire un pavimento pulito??
Cosa insegnano tutti: “se tu mi attacchi in questo modo, io faccio questo, se tu mi attacchi i quell’altro modo, allora io ti faccio quello” … d’accordo, allora fallo! Fammi vedere magari una volta ogni 3 mesi che sai mettere in pratica ciò che insegni! O quantomeno aiutami a comprendere se so mettere in pratica io in condizioni variabili.
Il fatto di saper spiegare tante belle cose, non significa saperle attuare quando realmente serve.
Qual è la differenza tra un’arte marziale e uno sport da combattimento?
Le differenze sono molte, il vero problema è che la maggior parte della gente parla ancora in termini di “meglio o peggio”, senza capire che sono due mondi separati. In un’arte marziale non vi sono regole, giudici che ti segnano il punto non appena sfiori il tuo avversario, o qualcuno che ti regala una medaglia perché hai fatto 3 punti, mentre il tuo avversario ne ha fatti 2.
Non si tratta quindi di cosa sia migliore o peggiore, è semplicemente una questione di obiettivi diversi, e chi sceglie tra l’uno e l’altro dovrebbe tenere conto di questa differenza sostanziale.
Per i pittori esistono diversi tipi di colore, non colori migliori o peggiori, dipende dal risultato che cercano.
Purtroppo oggi si mischiano le due cose e si confondono, e chi dice di insegnare arti marziali dovrebbe immediatamente abolire i combattimenti, gradi e passaggi di cintura. Non ve né alcun bisogno! In Aikido ad esempio l’ipocrisia è enorme.
Se un praticante di karate chiede come mai non vi sono cinture di colore diverso, gli aiki-dioti gli rispondono: “tutti cinture bianche per essere uguali”, poi però ti danno i gradi kyu! Oppure, se il praticante di Kik Boxing chiede per quale motivo non si combatte mai, la risposta che riceverà sarà la seguente: “noi siamo contro la competizione” e poi si ci scanna a vicenda perché quello stile A è migliore dello stile B, o il maestro Tizio non ha capito niente del KI, a differenza del maestro Caio. E’ evidente questa falsità dilagante … quantomeno chi pratica sport da combattimento è più sincero.
Tra l’altro devi considerare che in aikido queste tensioni che si accumulano nei confronti dell’altro corso o dell’altra federazione, non troveranno mai sfogo, e quindi si alimenteranno sempre più. Immagina di accumulare rabbia e invidia, senza poterle mai scaricare! Dunque si parla di assenza di competizione, ma proprio questa assenza di competizione è la causa che scatena la vera competizione… è tanto divertente quanto drammatico!
Per ritornare a come dovrebbe essere un’arte marziale, essa è nata in guerra con l’intento di sopravvivere alle aggressioni, dunque ogni mezzo è lecito. Ti insegna a cavartela nelle situazioni più disperate: se sei seduto, se sei in ascensore, se qualcuno ti afferra, se hai un braccio ingessato, se devi ricorrere ai denti per liberarti da una presa non ci sarà nessuno che ti squalificherà per questo.
Quindi l’arte marziale ti migliora dal punto di vista mentale mentre lo sport da quello fisico?
E’ troppo semplicistico.
Innanzi tutto dobbiamo capire cosa si intende per “migliora”. La maggior parte della gente che conosco e proviene dalla KikBoxing, per esempio, ha smesso per problemi alle ginocchia o continua nonostante i problemi. Sarà un caso? Ma, al di la di questo, uno sport in generale dovrebbe offrire benefici sia dal punto di vista mentale che fisico, perché le due cose non sono separate. Se stai bene fisicamente, starai bene anche mentalmente.
L’arte marziale tocca invece il punto spirituale.
Prima che nella mente dei lettori si formino idee, vorrei far comprendere che per “spirituale” intendo la comprensione di sé, attraverso l’osservazione dei propri meccanismi emotivi. Tendenzialmente un artista marziale dovrebbe avere quel minimo di autocontrollo da non prendersela con i pali della luce quando la ragazza lo ha lasciato.
In questo modo è possibile maturare anche dal punto di vista interiore, gestendo le proprie emozioni, comprendendo che è anche possibile uscire indenni da una situazione pericolosa fuggendo, oppure evitando, quindi senza venire trascinati nello scontro fisico. Per far ciò, è necessaria una certa comprensione profonda di cosa siamo e di cosa possiamo fare.
L’unica cosa che ci interessa, una volta che l’Ego è messo da parte, è sopravvivere, e siamo disposti a tutto per farlo. Per i Samurai uccidere e morire era un gesto d’onore, potevano uccidere con l’amore nel cuore. Ebbene si, una persona con il cuore aperto non è sentimentale, ma è amorevolmente decisa, e a volte può apparire anche spietata. Ma ciò non cambia la sua dimensione interiore.
Se qualcuno la invita a combattere lei dirà di si solo per divertimento, e se dirà di no sarà un no deciso. Se qualcuno la costringe a combattere, lei sarà disposta tutto perché non le interessa perdere, le preme solo sopravvivere, e non gioca secondo le regole di nessuno.
Questa è la differenza tra arte marziale e sport da combattimento
Gabriele Pintaudi
Belle considerazioni anche in questa seconda parte.
Non condivido una separazione così netta tra AM e SdC.
Secondo me esistono (dovrebbero esistere)solo differenze tra discipline per i relativi obiettivi fondanti e differenze nell’approccio personale all’interno delle stesse.
Ma il mix di questi fattori spesso crea un risultato enormemente differente all’interno della stessa disciplina e magari un praticante di SdC si ritrova a fare più “Aikido” di un aikidoka o un praticante di BJJ più difesa personale di un praticante di Krav Maga.
Le differenze quindi dipendono più che altro :
dalla disciplina;
da cosa insegna …l’insegnante;
dall’approccio;
dal metodo d’allenamento;
etc.
In sostanza per me non sono due mondi separati. Ne’ mi interessa separarli.
Ciao Marco, interessante osservazione, grazie. Ogni commento (costruttivo) mi serve per un nuovo spunto.