Luigi Branno: un eretico sul tatami

Lo scopo di ciò che andiamo scrivendo non è certo la composizione del panegirico del nostro Maestro, ma la condivisione della esperienza di un percorso che ha portato e porta a scelte innovative e logiche coraggiose e fertili.

E’ questo il senso del titolo dato a questa sorta di lettera aperta rivolta come ringraziamento del lavoro svolto dal nostro Maestro, ai praticanti di aikido e a chi abbia ancora il gusto di domandarsi il senso delle cose; dunque eretico è un termine che deriva dal greco haeresis, che significa scelta.

Eviteremo giri di parole per descrivere il disagio di chi continua ad affrontare anni ed anni di pratica, senza avere alcuna idea di ciò che sta facendo, indeciso sulle proprie vere mancanze… sarà la respirazione imperfetta o il tai sabaki impreciso? Quell’insegnante in quello stage ha detto: ho la forza e l’adopero… quell’altro ci dice di essere rilassato ma in realtà fa conto della propria forza fisica.

Ci guardiamo intorno…e vediamo una nostra compagna di allenamento un pò più bassina della media… esile… e ci domandiamo: cosa accadrebbe se dovesse scontrarsi con gli energumeni ubriachi che abbiamo incontrato ieri sera per strada o semplicemente con la simpaticissima pugilessa che si allena nella palestra accanto? Dobbiamo necessariamente darci una risposta… cosa accadrebbe?

Ecco, il nostro Maestro ha scelto di domandarselo e di darsi una risposta: la nostra amica verrebbe massacrata di botte pur avendo praticato aikido per più di dieci anni ed avendo partecipato ad innumerevoli stages. Speriamo di non far torto al nostro insegnante descrivendo il percorso mentale per come noi l’abbiamo recepito ed interpretato… certo in modo semplificato ma ripetiamo questo è solo un tentativo affinché la riflessione nasca… un dialogo si sviluppi… l’ipocrisia non la faccia più da padrona.

Punto di partenza è stata la definizione e la delimitazione del campo di interesse del lavoro. Tale individuazione ha significato il dover seguire un filo di ricerca che sostanzialmente si è delineato da solo dovendo, nel rispetto della natura delle cose, escludere la possibilità della scelta opposta. Ha significato il rispetto della peculiarità della disciplina pena la snaturazione della stessa, un fatto non grave, nel momento in cui si compie la scelta di praticare un’arte marziale, ma non aikido.

Non è necessario portare a testimone tutto lo scibile della disciplina aikidoistica per spiegare, a chi volesse capire, quanto essa si configuri da sè senza tema di confusione o smentite. Si consideri il contenuto di qualsiasi modello tecnico. Nella prima fase della ispirazione, oltre ad i parametri quali ad esempio la distanza, un dato certo è il rilassamento delle spalle, sia per tori che per uke. Questo comporta ed è espressione di uno stato mentale di assoluta tranquillità e concentrazione, che è solamente presenza consapevole del momento, non certo configurazione della forma tecnica relativa all’attacco o anche riorganizzazione dell’assetto corporeo in funzione di essa. La fase di espirazione è quella del contatto e della esecuzione.

Facciamo qui una prima “resa dei conti”…la scelta del nostro insegnante è dunque quella di fare aikido e non aikijujitsu e simili ed in questo senso il rigore è estremo: gli orientamenti che ci vengono dati durante la lezione fanno riferimento a due principali capisaldi:

1) Assoluto rilassamento, nessun conto della forza fisica
2) Nessuna prefigurazione della forma da eseguire in risposta all’attacco.

Per ciò che ha a che vedere con il primo punto, ci viene continuamente spiegato che, se si riesce in quel miracolo che l’aikido promette e che consiste nell’assoluta gestione del proprio io in termini di rinuncia all’affermazione dello stesso nella relazione con gli altri, il vantaggio strategico che ne deriva è di decisiva importanza.

Contatto è solo localizzazione del nostro uke senza che questi abbia poi la minima percezione della nostra precisa localizzazione e delle nostre intenzioni in termini di spostamento e di risposta. Non dare sensazioni è una scelta gravida di conseguenze: il contatto durante la relazione viene mantenuto ma nessuno spostamento dell’asse dell’azione rispetto al punto di contatto viene realizzato e dunque percepito impedendo al nostro uke di conoscere… capire il reale nuovo riposizionamento del nostro assetto corporeo…
Dare una sola sensazione “l’ultima! ” ripete con insistenza il nostro Maestro.

Ma per far ciò e possiamo dirlo sulla nostra pelle, bisogna che il miracolo si compia in termini di crescita personale… risultato da cui siamo ancora un bel pò lontano ma che il nostro maestro considera obiettivo imprescindibile della pratica. Oltre che un vantaggio strategico, questa impostazione ha il vantaggio di non irrigidire uke sia da un punto di vista fisico e psichico e rendere la pratica decisamente meno traumatica e sgradevole e soprattutto efficace .
Il secondo punto rinvia alla vita reale… ridicolo credere di potersi difendere allenandosi per anni con tecniche dall’attacco annunciato in genere e direzione come accade, inutile nasconderselo, in quasi tutte le palestre.

Ridicolo quindi, aspettarsi dalla pugilessa di cui sopra la risposta canonica che qualunque uke ammaestrato, pardon… addomesticato, pardon… consenziente, pardon… armonizzato, carinamente ci propina… La scelta è quella di rinunciare all’annuncio urbe et orbi del tipo di attacco, all’annuncio della forma da applicare, alla caduta spettacolare, all’atemi risolutivo….
In aikido non bisogna fare affidamento sugli atemi“  sia da un punto di vista etico, strategico e soprattutto didattico, questo ripete  il nostro “trasgressivo” Maestro. Un pugno dato dalla nostra esile compagna non sortirebbe nessun effetto su un ipotetico aggressore, per cui le uniche “armi” su cui fare affidamento sono: il rilassamento, il non dare sensazioni e i principi insiti nei modelli di base.

Gli allenamenti del maestro Branno sono oggi indirizzati su una valida risposta al randori: “in vitro” sembra l’opportunità più realistica per una buona risposta in condizioni indeterminate per attacco e tipologia di attacco.
La scelta consiste in una riduzione reale, effettiva del numero di modelli e di tai sabaki, il lavoro è volto alla semplificazione delle possibili risposte privilegiando quelle, in termini di movimento ed assetto del corpo più immediatamente istintive, non supportate da una scelta consapevole, razionale. Si fa conto della possibilità di sbilanciare il corpo di ukè attraverso un disallineamento dei principi di assetto della figura senza avere in nessuna considerazione la forza delle braccia e la scelta strategica di una tecnica.

Durante l’allenamento si viene ripresi se ci si prepara e ci si ostina alla realizzazione di una forma tecnica intesa come perentoria ed irrinunciabile successione di gesti e spostamenti privilegiando, invece, la risposta spontanea del corpo nel particolare momento ed in una determinata situazione. Tutto il lavoro del m° Branno viene svolto in funzione del randori dove vengono abolite le forme..…ikkyo nikkyo ecc… sono parole vuote se non rimandano al principio che le informa, alle quali è lo stesso corpo che in momento di difficoltà decide inconsapevolmente di ricorrere.

Molte volte abbiamo sentito il nostro Maestro parlare della necessità di laboratori nei quali i vari aspetti possano venire approfonditi superando la fase del dogma che consiste nella recitazione inconsapevole ed inutile di tecniche predeterminate intoccabili, irrigidite e granitiche anche negli elenchi d’esame.

Il nostro desiderio è che qualcuno inizi a pensare, e non abbia timore di ammettere un terribile esito, nello scontro-incontro con la pugilessa e decida, anche in età avanzata ed un grado alto…di riflettere su tutto ciò… semmai insieme agli altri.



11 commenti

  1. Ciao a tutti, praticanti e non.

    Credo che un’arte marziale come l’Aikido, possa realmente diventare efficace per una praticante di piccola stazza contro una pugilessa nel momento in cui questa esile praticante nel suo DNA ha una forma di aggressività innata.

    A prescindere si tratti di Aikido o Pugilato; l’aggressività e la determinazione unite alla tecnica e allo stato mentale, durante un ipotetico conflitto, sono fattori determinanti al risultato finale del conflitto stesso.

    Credo che l’Aikido, come del resto tutte le arti marziali, sport marziali e lotte marziali; possa essere paragonato ad un evidenziatore; se passiamo un evidenziatore su un guerriero, questi diventerà un GRANDE guerriero! Se invece lo passiamo su un’idiota, questi diventerà un GRANDE……..

    Spesso vediamo avvicinarsi nei nostri doji gente che ha piccoli problemi di comunicazione, timidi; in questo l’Aikido può aiutarli.
    L’avvicinarsi di queste persone alla nostra arte marziale, mi fu spiegata una volta dal mio maestro TADA. Questi disse queste testuali parole: “ l’AIKIDO attira i matti ! “ Al che io gli risposi: “ Maestro e lei come si colloca in questo contesto ? “ il maestro rispose dicendo che egli si considera il CAPO DEI MATTI .
    Siamo un po’ matti perchè odiamo il conflitto, perchè non studiamo per picchiare duramente.
    Questo è un concetto difficile da fare capire ai nostri allievi.

    Io dico sempre ai miei ragazzi di non cercare nell’Aikido una pozione magica per diventare guerrieri, guerrieri si nasce non lo si diventa.

    Ciao a tutti

    G. Martucci

  2. Angela wrote:

    Caro Gianni, vorrei pregarti di spiegare ulteriormente il tuo pensiero perchè…sono decisamente disorientata…non avrei mai pensato che l’aggressività rientrasse nelle ” qualità ” da coltivare ( anche se tu ne parli come di Don Abbondio del coraggio: se uno non ce l’ha non se lo può dare) per avere la meglio in un ipotetico conflitto… almeno non per ciò che ha a che vedere con la pratica dell’Aikido. Non mi ci ritrovo perchè nella pratica della disciplina aikidoistica ho sentito parlare di annullamento dell’ego mentre l’aggressività è voler imporre il proprio ego nella forma più pura ed immotivata. Come puoi avere il corpo rilassato e la mente libera…come fai a non soverchiare ukè di sensazioni premonitrici e chiacchierone se la tua intenzione è sorretta da una aggressività degna di un predatore carnivoro della savana ? Devo aver capito male oppure il tuo è un aikido che non conosco e che non capisco nei presupposti culturali, concettuali, fattuali. La fine del tuo intervento è pittoresca ma allo stesso modo, secondo il mio parere incomprensibile e contraddittoria. Vorrei pregarti di lasciare un pò più di spazio alla speranza. Perdonami l’ironia ma deve essere terribile frequentare la tua scuola dove, dopo un primo preliminare e ” genetico ” esame si viene investiti della veste dorata di guerriero o respinto nell’inferno buio dei perdenti. Un insegnante non dovrebbe mai dare simili sensazioni ….mai pronunciare simili parole. Ma forse ho capito male.

  3. Ciao Angela.

    Io di indole non sono affatto aggressivo; nel mio commento volevo solo chiarire che a mio avviso, una persona che pratica Aikido non deve mai porsi il problema di cosa succederà in uno scontro fisico con un pugile. L’Aikido lo si pratica perchè lo si ama.

    Dico sempre ai miei allievi ” se siete venuti qui per imparare a picchiare, avete sbagliato disciplina! ”

    Tanti anni fà recandomi in un viaggio studio a Tokyo, ebbi modo di conoscere Isoyama sensei, il maestro di Steven Seagal. Questi aveva una visione tutta sua della pratica, visione da me non condivisa.
    Picchiava sodo i suoi ukè. Lui riteneva l’Aikido ARTE MARZIALE da marte dio della guerra.
    Molti ragazzi quando si avvicinano all’Aikido vogliono imitare Steven Seagal allievo di Isoyama…..
    Credono di poter diventare invincibili, ecco perchè ho precisato che non si diventa invincibili con la nostra disciplina; se dentro si è aggresivi allora l’Aikido potrà aiutare un piccolo impiegato a diventare superman.

    Ma questo non è affatto il fine che vogliamo raggiungere.
    Ciao a tutti.

    Gianni

  4. Angela wrote:

    E così ci siamo pure inimicati tutta la classe dei piccoli impiegati……ma per te è sempre l’aggressività che fa la differenza….su questa base non potremo mai comprenderci. Ciao Gianni…è stato un piacere….

  5. Augusto Guarino wrote:

    Cara Angela, Caro Gianni (anche se non ci conosciamo personalmente),
    a me sembra che da questa vostra discussione stia uscendo una questione interessante: l’Aikido deve sviluppare e/o incoraggiare l’aggressività. Il primo problema è definire cosa è aggressività, il che non è poi tanto facile. Non a caso qualche scuola psicologica cerca di tracciare una differenza tra aggressività, distruttività e violenza. Però, distinguo a parte, sappiamo intuitivamente che in tutti noi c’è aggressività. L’aikido la deve incentivare? Personalmente credo che l’aikido debba anzitutto aiutare a riconoscere l’aggressività che c’è in noi. Questo apparentemente può sembrare un “incoraggiarla”, ma a mio avviso è soprattutto un modo per farla emergere dal profondo, dove comunque c’è, e dove fa più danni proprio se è nascosta.
    Poi c’è un’altro aspetto che a mio avviso è importante e qualche volta trascurato nella pratica dell’aikido: anche in rapporto all’altro (uke o avversario che sia) bisognerebbe essere pronti a capire l’intenzione aggressiva/distruttiva/violenta. Senza questa parte l’aikido non è completo. Ma bisogna lavorare sia al nostro interno che all’esterno.
    Mi sembra che i vostri interventi andassero in questa direzione. Grazie per averla indicata.
    Un caro saluto e buona pratica!

  6. Augusto Guarino wrote:

    Scusate, una piccola ma significativa correzione del post. La seconda frase va letta:
    “l’Aikido deve sviluppare e/o incoraggiare l’aggressività?”
    Scusate la svista e buon keiko

    • aikidude wrote:

      Augusto,
      infatti mi aveva sorpreso leggere il tuo commento, senza il punto interrogativo!!
      Interessante, devo leggere di piu’ prima di commentare, ma posso dire con orgoglio di essere stato una volta uke di Isoyama sensei (Tanabe, Japan, IAF 2008) per un iriminage e di essere sopravvissuto!!! Considerando che i sensei che seguo piu’ da vicino sono Endo sensei, Tissier sensei (e ultimamente Yasuno sensei), l’essere rilassato pur con un forte contatto con tori, nel momento in cui sensei mi ha puntato, ha evitato incidenti che uke piu’ stressati o “stiff” potrebbero subire dalle tecniche di Isoyama sensei!
      Di una cosa non sono certo: che sensei come Isoayama sensei per esempio siano “aggressivi” nel senso dell’intenzione. Ricordiamoci il loro background, Chiba sensei incluso: leggendo i testi dei loro tempi, la situazione ambientale era molto diversa da quella attuale. Spesso scuole diverse di arti marziali volevano testare la bonta’ dell’Aikido, sfidando o’Sensei o i suoi studenti.. e non bastava convincerli a parole..
      Pur non apprezzando troppo sensei come Isoyama sensei, e’ sempre comunque un’occasione speciale, interessante, eccitante potersi allenare con questi (in un certo senso, almeno per l’eta’ e l’esperienza) “mostri sacri”. Che poi ogni studente diretto di o’Sensei abbia sviluppato la propria strada (DO) in modo diverso, e’ forse quello che rende piu’ interessante allenarsi con maestri diversi..
      Basta dare un’occhiata alla legacy di o’Sensei e vedere come i suoi diretti studenti abbiano preso direzioni a volte opposte..
      Spero un giorno di potermi allenare con tutti voi, in qualche stage in giro per il mondo..
      Un piccolo commento piu’ legato all’articolo: dal mio punto di vista, a dire il vero, atemi e’ importante.. ma sono d’accordo che non si debba fare un totale affidamento su di essa!
      Cmq io sono un super principiante nel mondo dell’aikido, girovagante del mondo terreno, e amante degli incontri fatti grazie all’aikido!
      buon anno a tutti ragazzi e ragazze!!

  7. Angela wrote:

    No Augusto, nella tua adorabile propensione ad intellettualizzare tutto, frutto anche credo di una sorta di deformazione professionale, hai voluto “rendere commestibile” il senso dell’intervento del Sig.Martucci per il quale aikido+aggessività=superman non considerando che l’aggressività, pur facendo parte del profondo di ciascuno di noi, è incompatibile con lo stato mentale e psichico che accompagna la pratica aikidoistica. Possiamo parlarne ma credo a costo di sconfessare tutto il lavoro e le premesse poste per la pratica di ogni sera. Altra cosa è sperimentare la propria aggressività sul tatami e comprenderne gli effetti deleteri in termini di tensione, contrazione, mancanza di coordinazione…ma tutto lavora in questa direzione. Dunque: perchè chiedersi se è buona o cattiva cosa sviluppare l’aggressività, perchè pensare addirittura di considerarla l’ingrediente magico che fa la differenza?

  8. Augusto Guarino wrote:

    Cara Angela,
    guarda che chi fa un lavoro intellettuale non è detto che non sia aggressivo o anche cattivo! A parte questo, prima di cominciare con l’aikido, ho fatto tre anni di karate. Ce le davamo in modo scomposto e di santa ragione (ne ho ancora i segni sulle tibie e sulle ossa dell’avambraccio). Certo, il karate non è quello, ma è piuttosto il controllo dell’aggressività. Ma se uno non sa di cosa si tratti, come fa a controllarla? Lo stesso vale per tutte le arti marziali, aikido compreso.
    Però forse in questo c’entra anche l’essere maschi, il testosterone, l’istinto della caccia mai sopito, ecc…….
    Anche se mi chiedo: e le donne, non sono -a modo loro- aggressive? Questo però, se non vogliamo cadere nel luogo comune, è meglio che ce lo dicano le donne.
    Comunque, trovo interessantissima anche questa tua reazione un po’ indignata. Mi piace l’indignazione. Rivela sempre qualcosa di profondo.
    Un caro saluto

  9. vito wrote:

    cara angela non sarai mica tu l’aggressiva della situazione ?

  10. Mariano wrote:

    Ciao allievo di Luigi, sono d’ accordo con quanto scrivi. Anche io e tanti miei amici siamo stati chiamati eretici quando abbiamo fatto la ” scelta “, qualche anno fa. E lo siamo sempre di più. E’ semplice: funziona o no. Ma esiste chi se lo chiede e chi no. Secondo me è stato molto più divertente chiederselo, e ricominciare. Buone cose.

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