Singolare perché il film, sposando la causa dei samurai, prende posizione contro la globalizzazione, l’americanizzazione e la politica imperialista degli Stati Uniti, che esercitano il loro interventismo militare sapendo poco o nulla dei popoli antagonisti. Le singolarità, tuttavia, finiscono qui: perché L’ultimo samurai sposa il tradizionalismo anche sul piano formale…
Kurosawa raggiunge il culmine della sua espressività pittorica con quest’opera, poiché, prima di iniziare le riprese, aveva realizzato dei bozzetti dipinti a mano di tutto il film (uno storyboard decisamente straordinario), che gli hanno permesso di avere chiara sin dall’inizio la costruzione delle inquadrature e l’uso da fare dei colori…
Oltre allo spionaggio vero e proprio, costoro erano esperti di sabotaggio, tortura, ed appunto, l’eliminazione fisica degli avversari (omicidio mirato), azioni tipiche dei commando. Praticavano le arti marziali ai livelli più eccelsi. Erano, in breve, polivalenti. Non di rado, avevano còmpiti di polizia per il mantenimento dell’ordine pubblico, oppure costituivano una specie di servizio segreto alle dipendenze dello daimyo locale.
Non esisteva arma che un NINJA non sapesse costruire ed usare, non esisteva forma di combattimento in cui non eccellesse, non esisteva nulla che potesse intimidirlo al punto di farlo rinunciare ai suoi obiettivi perchè, sin dalla prima missione, s’era abituato a varcare la sottile soglia tra la vita e la morte… e ne era tornato sorridente. Ora cavalcava la Tigre, uomo tra gli uomini, eppure in qualche modo diverso da loro.
quest’opera di Akira Kurosawa, uscita nel 1985, nominata a quattro Oscar ma vincitrice solo per i costumi, assorbe molto dalle tragedie di Shakespeare (la trama è praticamente quasi uguale a quella del Re Lear
…l’arrivo del conturbante efebo Kano Sozaburo (bello e androgino come certi eroi dei manga) insinua delitti e gelosie in un gruppo di samurai, minando il rigidissimo codice di regole e punizioni (il gohatto, appunto) che ne governa internamente la disciplina….
I sette samurai di Akira Kurosawa. Un film la cui potenza cinematografica e la cui profonda umanità travalicano, inossidabili e imperituri, i confini geografici e generazionali, perché latori di un messaggio poetico universale, che ci fa collocare oggi il regista giapponese accanto ai nomi più illustri e leggendari del genio creativo di ogni epoca e nazionalità.
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