Relazione e paure
Secondo un tradizionale luogo comune, per arte marziale si potrebbe intendere una palestra, un dojo fatiscente uscito fuori dal tempo. Avete bene impressi in mente i primi film di Bruce Lee, quando non era ancora il divo hollywoodiano, o il campione ammazzadraghi che avrebbe poi sofferto di allergia alla marijuana? O quei film di arti marziali davvero artigianali e dozzinali, con ragazzine carine che eseguono a vuoto movimenti simulati senza trovare il giusto ritmo? Cos’è mai il ritmo? Il ritmo è il cuore della relazione. Relazione con gli altri, con quello che si allena con te, che non ha capelli e ha lo sguardo riflessivo, con gli adolescenti che sono terrorizzati dal compito in classe da fare il giorno dopo, con la madre che ha a casa tre figli piccoli, che ha troppe responsabilità e che nonostante tutti i suoi problemi riesce a trovare con le sue energie una relazione fra il suo bisogno di esprimersi e il suo limbo affettivo. La sfida, il talento, il coraggio, lo studio, la perseveranza di Fabio Branno e del suo aikido nascono da qui. Nasce qui il suo ritmo. E dal ritmo trae origine il suo concetto di relazione. Nascono e si alimentano i principi dell’idea di relazione. In quest’aikido non c’è più frattura fra tradizione e innovazione. Il principio di relazione nasce dal suo concetto rivoluzionario che ha del rapporto col corpo, di coscienza corporea, di vita. Gli stadi della crescita del corpo sono l’eliminazione delle barriere fra mente e corpo e l’inverso. Sembrerebbe una frase fatta a tavolino, come i numeri istrionici di Bill Cody, in arte Buffalo Bill, quando nello sconfinato Ovest d’America uccise più bisonti che poteva, cominciò a creare un capannone da circo in cui si immolava nella figura dell’eroe raccontando le gesta che lo avevano reso tanto celebre. Il pubblico lo amava, soprattutto quando diventava un’autoparodia vivente per famiglie, il gioco di una rappresentazione: biglietto+spettacolo+cena. (Che Bill Cody sia stato l’antenato di Gorge W. Bush e di Dich Cheney come mago dell’autoparodia?) A pensarci bene oggi ci sono alcune arti marziali che si sono immolate nell’abisso della rappresentazione, che non sono più arti, e che non hanno più nulla di marziale: che sono solo diventate dei giochi a premi: gara+trofeo+famiglia felice. Ho avuto la fortuna di conoscere un Aikido, che non concede spazio alla rappresentazione, né del maestro, né degli allievi, né di chi lo guarda e poi scappa via, o di chi rimane per apprendere e disapprendere. Durante un allenamento di spada, cercando una metafora indulgente per spiegare la cedevolezza e la fluidità dei movimenti corporei (Woody Allen troverebbe repellenti queste parole!), mi spiegava il significato del ”Salice Piangente”, nella cultura giapponese e nella sua lingua ”Yanagi”. Se d’inverno al cadere della neve e delle intemperie, in quello scenario mistico che diventa il preludio del Natale, la neve si accumula sul salice e sul suo ramo, una forza inattesa e esoterica della natura vorrebbe che esso si rompesse, perché potrebbe cadere al peso eccessivo della neve. La neve precipita implacabile, si centuplica, e il ramo soffre ma non cede. Essa si accumula ancora, e i suoi fiocchi sembrano note di una partitura musicale, soave e mortale al tempo stesso. Quando il ramo sembra stanco e pare che stia per cedere, allora si flette con una grazia invisibile: si piega, fa cadere ciò che di più pesante aveva sul suo corpo e si libera della neve. Il Salice Piangente (Yanagi) diventa la raffigurazione della coscienza corporea e della cedevolezza per la sopravvivenza. La flessuosità del suo movimento esemplifica i meccanismi del corpo per liberarsi dal peso della sua rigidità. Flessuosità e movimento sono la vita, la rigidità è la morte… Dove il corpo si muove può incominciare il principio di relazione, ed il suo movimento che lo rende libero senza il minimo sforzo, può stanare strane paure o incubi che si annidano come i mostri di Jules Verne nelle nostre caverne mentali. Una volta Fabio mi spiegava un concetto di relazione dell’arte marziale, non vista più come un’etichetta pubblicitaria sopra film di penultima serie, ma come uno strumento per affrontare le proprie paure. La relazione dell’aikido nasce per affrontare i tuoi demoni interiori, le stesse identiche cose che ti terrorizzavano per farti scappar via da quando eri ragazzino e che adesso ti si ripresentano. Storie di demoni, di un mondo abitato da fantasie sottili che sedimentano un mondo più segreto della coscienza, che ti colpiscono per farti fuggire… Dinanzi a loro, da soli siamo deboli. Ma insieme, costruendo una relazione sincera con sé stessi, con gli altri e col nostro mondo, allora diventiamo invincibili. La gestazione di un nuovo percorso di crescita, del principio del Salice Piangente, nasce quando ti ritrovi a doverti relazionare con le tue paure, quando non scappi e poi ti accorgi in un istante di essere cresciuto, credendo solo nelle tue forze, trovando la forza di guardare in faccia le tue paure e di non fuggire più. E’ lì, in quella strada, che incomincia il percorso di formazione dell’aikido e della sua evoluzione interiore. Aikido è un respiro lento,distaccato, un corpo che crea una relazione con la mente e con altri corpi ed altre menti, non per essere bravi o belli, come un prodotto di una fiction televisiva: la relazione dell’aikido nasce dal confronto colle proprie paure. Non mi interessa apprendere un’arte marziale per fare il bulletto di periferia…Le tecniche di aikido correranno in mio aiuto quando mi ritroverò in luoghi “impervi” della nostra città, come in un ufficio postale, un supermercato, quando si aiuta una vecchietta a prendere un barattolo da uno scaffale troppo alto… Che significa? Anna Freud in suo saggio intitolato:”Psicoanalisi per educatori”, diceva che quando si trovava a delle conferenze per istruire gli educatori per l’infanzia, citava per far comprendere il livello di aggressività insito nella nostra società, la metafora della gente racchiusa in un ufficio postale. Come nella nostra mente l’io si imbarca in una lotta mortale colle pulsioni dell’es, dell’inconscio (chi la spunterà?), così l’individuo si barcamena con l’ostilità e la tensione presenti in un ufficio postale per pagare conti correnti e tasse varie. E’ radicale e violenta la lotta fra l’io e l’es. In questa raffigurazione l’individuo è l’io, che deve pagare bollette su un tappeto ardente, dentro un catalizzatore di aggressività per adempiere ai propri compiti. Mentre l’es colle pulsioni è l’ufficio postale, con dentro una folla così piena di tensione che sta per esplodere. Non avete mai provato il livello di aggressività che si può raggiungere in quelle condizioni? Proprio allora, quando stiamo per varcare senza biglietto di ritorno la soglia della saturazione, l’Aikido, come linguaggio marziale, diviene uno strumento che ci trasmette il senso del controllo. E dove inizia il controllo sulle proprie paure, inizia la relazione con gli altri. Uno dei principi di crescita dell’aikido, durante la lezione è il cambiare compagno:quando i vecchi allievi si allenano con i nuovi. Ci si allena con la stessa persona perché si ha paura dell’altro. Sulla paura ci hanno speculato: chiesa, potere e programmazione televisiva. Ma le Arti, figurative, musicali e marziali hanno trasformato la paura in una forma di sensibilità, e la sensibilità nella forma più alta di intelligenza. Cosa sarebbe il mondo che non rinnega la paura? Sarebbe un mondo più felice, con più espressione e meno pregiudizi, un mondo più consapevole della propria forza. Aristotele ha tentato di spiegarlo con il suo libro sull’umorismo. Morihei con la pratica dell’Aikido e con tutta la gamma delle esperienze del suo linguaggio fisico e mentale. Un percorso di relazione fra tradizione e innovazione. Ecco i principi della relazione:un cerchio di energia che possa essere lo strumento adatto per camminare su quel tappeto ardente che si chiama realtà.
Francesco Liberti