Ninjutsu

Non esisteva arma che un NINJA non sapesse costruire ed usare, non esisteva forma di combattimento in cui non eccellesse, non esisteva nulla che potesse intimidirlo al punto di farlo rinunciare ai suoi obiettivi perchè, sin dalla prima missione, s’era abituato a varcare la sottile soglia tra la vita e la morte… e ne era tornato sorridente. Ora cavalcava la Tigre, uomo tra gli uomini, eppure in qualche modo diverso da loro.
Per il ninja non esistevano differenze di casta: gli uomini si dividevano in adepti del proprio clan, cui era dovuta fedelta’ assoluta, e gli altri nei confronti dei quali tutto era lecito.
Un ninja catturato veniva ucciso bollendolo vivo dopo altre atroci sevizie; per contro il Guerriero delle Tenebre non era mai inutilmente crudele… Egli aveva già esplorato la propria parte oscura e non sentiva affatto il bisogno di cedervi. Uccideva, se era necessario, se gli veniva comandato, nel modo piu’ veloce ed efficiente, più “pulito” possibile.
La sua stessa concezione del mondo lo portava ad agire in un modo particolare: per attingere alla forza che pervade e collega tutto ciò che e’ vivo nell’universo occorre turbarne il meno possibile l’Armonia. Uno dei motivi del terrore che ispiravano i Ninja era proprio questa loro diversità, questa loro assenza di passioni, tanto che dopo aver appreso ad estinguerle dentro di se l’adepto doveva imparare a simularle per potersi mescolare al popolo, per potersi infiltrare tra i propri simili, tra i propri amici, e quindi tra la società.

Un esempio di ninja
In Giappone la lunga vicenda del ninjutsu crebbe con vividezza alla superficie della storia nel mezzo millennio che va dal 1300 al secolo XIX.
Prima e dopo questi cinquecento anni è un continuo affiorare e scomparire, far capolino tra cronaca e leggenda, spuntare a sorpresa dalle pagine di antiche pergamene ufficiali o dalle parole della tradizione orale tramandata; ma i ninja confondono il loro percorso anche nella storia.
Nel Giappone sconvolto da un lungo periodo di guerre furono sempre piu’ i nobili che si rivolgevano alle famiglie Ninja per essere aiutati nelle battaglie o per far compiere silenziose vendette. Grazie a ciò il potere politico dei clans si sviluppo’ enormemente sino al punto che, attorno al 1467, fu lo stesso Shogun Yoshihira Ashikaga, il capo militare assoluto dell’impero, a richiedere il loro supporto. In questo modo intere provincie del Giappone finirono sotto l’influenza ninja. Con alti e bassi questa situazione si protrasse fino all’arrivo delle navi portoghesi e dei primi missionari gesuiti, che nutrivano un profondo odio, alimentato dalla paura, verso le discipline interiori dei ninjutsu (ove ogni individuo è sacerdote di se stesso, senza intermediari tra il propro io e l’universo), e dall’altro erano costretti a scontrarsi con il potere dei clan ninja, incoraggiarono la religione cristiana per isolare il ninjitsu sul terreno culturale. Successivamente  decisero di scendere in guerra aperta nel 1579, conquistando e distruggendo la roccaforte Ninja di Iga. Nella battaglia di Teusho Iga no Ran le truppe dei gesuiti subirono una disastrosa disfatta per opera dei Ninja che dimostrarono in questa come in altre occasioni di essere eccellenti combattenti anche in campo aperto.
Umiliati e colmi di rabbia i gesuiti mandarono un grande esercito contro la provincia di Iga nel 1581 ma l’anno successivo furono costretti a ritirarsi dopo dure sconfitte ad opera dei ninja.
Con l’avvento allo shogunato dei Tokugawa (1582), favorito da un uso spregiudicato dei ninja, per l’Antica Arte della Notte si aprì un nuovo capitolo che la vide legarsi al potere centrale: i ninja si trasformarono in spie, poliziotti e repressori. Gradualmente persero per strada gli originali scopi di ricerca interiore di cui conservarono solo dei vuoti atteggiamenti senza piu’ ricordare l’antica funzione, cosa questa che fece rapidamente decadere anche il loro livello tecnico, tanto e’ vero che le due piu’ importanti azioni che la storia ricordi furono dei fallimenti: nel 1637 il potere centrale tentò di usare l’antico contrasto tra ninja e cristianesimo lanciando i primi nella repressione di una rivolta di contadini convertiti nella zona di Nagasaki. Nessuno dei ninja riuscì in una impresa che, un tempo, non era una difficoltà, essendo tra le piu’ comune ed abituali: penetrare nella fortezza del nemico! Se ne andarono invece dopo aver rubacchiato le scorte di viveri dell’esercito che li aveva assoldati.
Nel 1853, quando le “navi nere” del commodoro Perry violarono l’isolamento in cui era rinchiuso il Giappone, una spia ninja fu incaricato di salire di nascosto a bordo di una di esse per sottrarre documenti che facessero intuire le intenzioni degli stranieri. Egli ritornò dalla missione con dei manoscritti che sono ancora oggi conservati dalla famiglia Sawamura nella citta’ di Iga-veno. I manoscritti erano una lettera di un marinaio olandese alla sua fidanzata ed una canzone che decanta le doti delle donne francesi a letto e delle inglesi in cucina.
Il Ninjutsu era dunque morto? Per le scuole che si legarono al potere Tokogawa e via via a quelli che lo seguirono, questa sembrava essere la triste realtà ma non tutti i Ryu di ninjitsu avevano condiviso la scelta del 1582.
Furono questi Clan, ritiratisi allora tra le ombre di monasteri lontani a proseguire la ricerca millenaria, a tramandare l’arte nella più’ vera essenza. Ma il potere, qualunque forma assuma, ha pur sempre bisogno di uomini che all’occorrenza sfoderino doti non comuni, arrivando là dove l’individuo medio, su cui esso fonda la sua supremazia, non può giungere. Avvenne così che allo scoppiare della guerra Russo-Giapponese gli sbigottiti marinai zaristi si trovarono a dover affrontare misteriose figure vestite di nero che abbordavano le loro navi e scomparivano dopo averle sabotate. Avvenne così che, nella prima guerra mondiale, tra la superstiziose truppe turche si sparse la leggenda dei diavoli giapponesi capaci di uccidere con il solo tocco di un dito. E quando la seconda guerra mondiale si trasformò in un tragico gioco a rimpiattino tra la jungle di tenebrosi isolotti filippini, lo Stato Maggiore giapponese tornò a riscoprire l’importanza di persone che sapessero muoversi furtivamente nella notte senza lasciare tracce, che potessero colpire il nemico senza neppure apparire, che sopportassero disagi di ogni genere e natura con stoica indifferenza.  L’occupazione militare del Giappone da parte degli americani costrinse tutte le Arti Marziali ed il ninjutsu in particolare a tornare alla più totale segretezza, se non che nel frattempo il seme dell’Arte era stato gettato in nuovi terreni: si apriva infatti nel mondo una diversa partita nella quale gli alleati di ieri divenivano i nemici di oggi ed iniziavano a combattere una guerra segreta fatta di colpi di mano, di attentati, di omicidi commissionati, del furto di informazioni riservate.
Ancora una volta l’Arte Silenziosa era chiamata ad una scelta. Ed ancora una volta si divise. Taluni clans, perseverando nelle scelte del loro antenati, decisero di mantenere per i loro affiliati un ruolo di stretto legame con le istituzioni ufficiali, altri decisero di troncare ogni legame con il mondo esterno e si isolarono completamente.



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