Lo Yoga

Nella storia dell’antico pensiero religioso e filosofico Indiano, dopo il periodo Vedico (1500-600 a.C.) e quello epico, nel quale si comprende il materialismo, il Giainismo e il buddismo primitivo (600 a.C. -200 d.C.), si originano e si sviluppano sei sistemi di pensiero in cui, in luogo del prevalere della poesia e della religione, si afferma l’analisi e la critica. Tuttavia, come è frequente nell’antica tradizione orientale, questi sistemi non sono soltanto una spiegazione dell’universo, ma offrono anche una via per la salvazione, contemperando nello stesso elaborato filosofico metafisica, religione e pratiche per la salvezza dell’anima. Uno di questi sistemi filosofico-religiosi è il Samkhya, certamente uno dei più antichi dell’India.

Il pessimismo e il ciclo delle esistenze
Il termine Samkhya vuoI dire numero e trae origine probabilmente dalle molte e complesse enumerazioni di cui sono ricche le sue trattazioni: il triplice dolore, le sessantadue forme di errore, le ventotto forme di incapacità ecc.. Benché le sue origini vengano fatte risalire a Kapila, un saggio che sarebbe vissuto nel VI secolo avanti Cristo, l’opera più antica nella quale il Samkhya è compiutamente teorizzato è la Samkhya-Karika che risale al IV secolo dopo Cristo, sistemazione di fonti certamente ben più antiche. Il Samkhya condivide e accentua una caratteristica fondamentale del pensiero indiano: il pessimismo. L’esistenza non è che dolore, per cui il suo fine supremo deve essere la distruzione del dolore mediante l’annullamento dell’esistenza mondana. Nella società indiana, fin da epoche remote, si era andato radicando il principio secondo il quale l’anima individuale, comunque la si intendesse, è trascinata in un ciclo di reincarnazioni successive le cui caratteristiche sono determinate dagli atti compiuti (Karman, l’agire): con riferimento alla sua prossima rinascita, l’uomo diventa ciò che ha fatto, la sua azione è «il grembo che Io partorisce. Questo principio è comune al pensiero religioso-filosofico indiano quanto quello della possibilità della salvazione mediante la rottura del ciclo delle reincarnazioni, conseguibile per diverse vie, a seconda dei sistemi: attraverso l’acquisizione di un superiore sapere spirituale, l’ascesi o il misticismo; oppure attraverso la morale e il ben operare nel corso dell’esistenza. Questa impostazione è a fondamento anche del Samkhya che, come il Giainismo e il buddismo, e contrariamente ad altri sistemi della iradizione indiana, la estende a tutti gli esseri umani, a prescindere daIle caste di appartenenza: il dolore è di tutti, di tutti è la possibilità di salvazione, conseguibile mediante la perfetta conoscenza deIla natura e deIle reciproche relazioni esistenti fra le due sostanze che la costituiscono: la materia e 10 spirito. Nella Samkhya, il substrato di tutto l’universo è materiale (Prakrti) o La prakrti «abbraccia tutto l’insieme dei fenomeni, tanto di queIli che costituiscono il cosmo, I’universo fisico oggettivamente esistente, quanto di queIli che, per riflessione di questo universo suIlo spirito, costituiscono il mondo deIla percezione» (Grounet). Nel dualismo della Samkhya, l’altro termine è costituito dallo spirito in se, l’elemento individuale, l’anima, l’io: il purusa, Tuttavia, a differenza della prakrti che è una, il purusa è numericamente corrispondente aIle creature viventi, senza alcuna differenza e gerarchia tra loro, dal che discende «l’inesistenza di uno spirito supremo, Dio, reggitore e regolatore deIl’universo e del destino deIle creature» (BeIlini), Come un fiume che si viene a formare per il concorso di tre affluenti, la prukrti risulta costituita da tre componenti fondamentali: la bontà (Sattva), la passione (Rajas), e la tenebra (Tamas), le quali, al termine di ogni ciclo cosmico, si trovano in perfetto equilibrio tra loro, per cui tutto l’universo è ritornato aIla condizione primaria: involuto, indifferente, indiscriminato. Ma questo equilibrio viene rotto dalla forza delle azioni compiute, attivata dalle anime che agiscono sulla materia come la calamita sul ferro, e il ciclo dell’esistenza ricomincia, determinandosi negli esseri e nelle cose. I caratteri di questi ultimi, risultano dal relativo prevalere dei componenti della prakrti in lotta fra loro: bontà, virtù, gioia, leggerezza, luminosità sono i caratteri del prevalere del salIva; passione, dolore, forza, movimento sono maggiormente rilevanti quando prevale il rajas,. mentre il prevalere del tamas produce i caratteri della paura, dell’incoscienza, della stoltezza, della malvagità, della pesantezza. Nel Samkhya, il mondo materiale è pensato secondo una serie di stadi costruttivi che nell’insieme costituiscono la realtà, come si viene a determinare ad ogni ciclo cosmico, dalla materia indistinta, la prakrti, appunto.
La terra, l’acqua, il fuoco, l’aria e l’etere, i cinque eIementi grossi del mondo materiale, risultano costituiti da cinque elementi sottili (suono, tatto, colore, gusto, odore) ai quali corrispondono i cinque sensi, cui sono connessi i cinque organi dell’azione (voce, mani, piedi, apparato escretorio, apparato riproduttivo). Dai 5 elementi sottili dai 5 sensi si risale a ciò che conferisce il senso dell’individualità, che determina l’illusione dell’io, la funzione mentale a cui è stato dato il nome di ahamkara, dalla quale si risale a un principio superiore, alla sostanza pesante (buddhi) capace di discernere, giudicare, decidere e tuttavia sempre materiale e caduca. Buddhi e ahamkara, con i sensi e gli elementi sottili, costituiscono il «corpo sottile», che circonda l’anima (purusa), che a sua volta lo rende cosciente, pur rimanendo priva di ogni qualità, immutabile ed eterna.

La fonte del dolore
Ma gli uomini non sanno discernere e confondono l’io materiale con il purusa, l’anima assoluta, al di fuori della materia. Questa confusione è la fonte del dolore dell’esistenza, ma anche il fondamento della salvazione. Infatti, quando si riesca veramente a raggiungere la distinzione tra anima e materia, ciò che è materiale ritorna e si dissolve nella prakrti, materia primaria, e l’anima, non più confusa con l’io empirico, «riacquista il suo stato di assolutezza e fruisce eternamente dell’assoluto isolamento» (Bellini).
Nel Samkhia, la conoscenza non può essere conseguita né mediante funzioni e sacrifici, come si riteneva nel pensiero Vedico, né mediante le opere buone o la soppressione del desiderio come nel buddismo, bensì solo attraverso la speculazione filosofica, il lavoro della mente capaci di generare l’intuizione suprema, o l’ascetismo. L ‘ascetismo, quale mezzo per raggiungere la suprema liberazione sempre presente nella tradizione indiana (e non soltanto indiana), anche al di fuori del Samkhia , ma è nell’ambito di questo sistema che l’insieme dei mezzi ascetici, soprattutto di ordine mentale, hanno fruito  di una sistemazione in un coerente corpo dottrinale chiamato Yoga ( sforzo, unione ), termine che riassume in un certo senso sia il mezzo che il fine che la sua pratica comportano. Vi è tuttavia una differenza sostanziale tra lo Yoga primitivo e quello che divenne sostanzialmente un complemento pratico del Samkhia. Lo Yoga primitivo, infatti, era un’ascesi diretta a signoreggiare la vita organica e a dotarla di poteri soprannaturali, cosi da rendere lo spirito signore delle funzioni fisiologiche, tale da sottrarsi alle vicissitudini naturali, e capace di sopprimere ogni facoltà di godere e di soffrire; mentre nel Samkhia, lo Yoga è il mezzo per raggiungere I’annullamento di ogni attività del principio pensante, e conseguire l’isolamento dello spirito da ogni dominio della natura e sottrarsi cosi al ciclo delle reincarnazioni.

L’ottopliceria dello Yoga
Nonostante risalga a epoche ben anteriori, la prima documentazione scritta sullo Yoga giunta a noi è il Yoga-sutra (Regole dello Yoga ) redatta posteriormente al V secolo dopo Cristo. Questa opera è divisa in quattro parti, ognuna prevalentemente dedicata a un tema: la concentrazione, i mezzi per ottenerla, i poteri che ne derivano, l’isolamento delle anime giunte alla salvazione. Le pratiche ascetiche proposte nello Yoga-sutra si sviluppano lungo un itinerario articolato in otto tappe:
1) yama, osservanza dei cinque comandamenti maggiori: non uccidere, dire sempre la verità, non rubare, essere casto, rinunciare a tutti i beni materiali.
2) niyama, osservanza dei cinque comandamenti minori: purezza della mente e del corpo, contentabilità, ascesi, studio e devozione a dio.
3) asana, i modi di sedere più efficaci per realizzare la concentrazione migliore possibile. Ne sono stati descritti fino a 84.
4) pranayama, il controllo della respirazione grazie al quale la sostanza pensante può raggiungere la tranquillità necessaria alla sua concentrazione.
5) pratyahara, ritrazione dei sensi dalla realtà esterna sia i sensi conoscitivi (udito, tatto, vista, gusto, odorato) sia quelli d’azione (voce, mani, piedi, apparato secretorio, apparato riproduttivo), così come la tartaruga ritrae testa e membra nel proprio guscio.
6) dharana, fissazione della mente.
7) dhyana, meditazione concentrata.
8) assorbimento nella realtà suprema. I primi cinque stadi sono detti esterni: la possibilità di concentrazione; i cui primi germi già appaiono nell’applicazione dei comandamenti maggiori e minori, spunta attraverso l’apprendimento dei modi di sedere e di controllare il respiro e fiorisce nello stadio della ritrazione dei sensi per dare i suoi frutti negli altri tre e quello supremo della salvazione dal completo superamento dell’ottuplice via. Nella tradizione ascetica indiana sono presenti due forme principali di Yoga, a seconda dei poteri che l’asceta (yogin) si riproponeva di raggiungere per il conseguimento del fine sperato: il raja-yoga e lo hatayoga. Il primo, che significa Yoga reale, è uno Yoga dolce e meditativo che porta lo yogin alla perfezione spirituale attraverso una serie di pratiche minuziose e progressive; il secondo, che significa Yoga dello sforzo, impetuoso, violento, poteva conferire allo yogin poteri mistici e magici attravèrso pratiche complicate e talvolta persino-crudeli. Da questa pur breve esposizione dello Samhya e dello Yoga, che del primo è parte complemntare pratica, si può ben comprendere che il ricorso allo yoga per mantenersi in salute o guarire da qualche malanno è del tutto improprio. Sarebbe come pretendersi cattolico per fruire della nota frescura che le grandi cattedrali garantiscono nei caldi giorni d’estate. Lo Yoga comporta un radicale cambiamento di atteggiamento psico-emotivo e spirituale nei confronti della vita in generale e del ruolo di ognuno di noi in particolare, di solito inconciliabile con il modo di vivere peculiare dell’ Occidente, e, ai nostri giorni, anche di gran parte dell’Oriente. Il mutamento dell’atteggiamento spirituale di chi pretende di diventare yogin differisce radicalmente dallo Zen, con il quale condivide parte dei mezzi e l’obiettivo finale che è l’illuminazione suprema. Infatti, aderendo alla pratica mentalità dei cinesi, 10 Zen contempla il raggiungimento dell’ultima meta attraverso il lavoro di tutti i giorni, mentre lo Yoga persegue l’isolamento di chi lo pratica e quindi nega ogni suo coinvolgimento nell’esistenza di tutti i giorni.Il dilagare in tutto l’Occidente dello Yoga, deve pur avere una sua giustificazione, o per lo meno una spiegazione. In realtà, se ne possono riconoscere due soddisfacenti. Innanzitutto, la fortuna dello Yoga in Occidente è alimentata dalla crisi dei valori tradizionali che spinge numerose persone verso esperienze estranee alla propria cultura, specialmente se avvolte da un alone di mistero al quale certamente contribuisce la scarsa conoscenza dei significati religiosi e filosofici di tali esperienze. Le attese miracolistiche sono sempre presenti nell’inconscio collettivo anche degli aggregati umani apparentemente più evoluti, su queste attese rilevante impatto hanno le iniziative speculative capaci di mutare le aspirazioni in azioni concrete di partecipazione. Insuperabili difficoltà oggettive rendono improponibile una completa esperienza Yoga. Tuttavia, la pratica di un certo Yoga, incentrata sulle posizioni asana e sul controllo della respirazione (pranayama) pur deprivata delle sue componenti etiche e spirituali, così essenziali nell’esperienza originaria, può riuscire di qualche utilità a chi voglia praticarla anche nel modo più riduttivo. Il disagio del vivere contemporaneo, esasperato da una crescente conflittualità tra esigenze individuali e condizionamenti sociali e produttivistici, può trovare sollievo nella frequentazione di pratiche che da una parte attivano in modo distensivo funzioni importanti e così tanto sacrificate come è ad esempio la respirazione, dall’altra propongono una certa possibilità meditativa che non può non giovare a soggetti cui telefono, radio-televisione, pubblicità ecc. non lasciano più spazio per un minimo di introspezione e di creatività personale. Nel moderno contesto culturale, le seguenti parole del Bhagavad Gita il «Canto sublime», uno dei libri di devozione e di dottrina più letti in India) suonano come un testo pubblicitario che reclamizza una merce luccicante ma assolutamente superflua e comunque incapace a risolvere i problemi di qui e di adesso: «domina il tuo corpo mediante l’insegnamento Yoga, così che divenga dimora degna dell’anima; controlla i sensi, le emozioni e la mente; smetti le vane vesti del desiderio, del timore e dell’incertezza, raggiungi l’illuminazione e la libertà»



2 commenti

  1. Lo Yoga · wrote:

    [...] News » News Lo Yoga2008-08-26 18:41:51Il il quale l’anima individuale, comunque la si intendesse, è trascinata in un [...]

  2. elvira wrote:

    Ho letto con molto interesse quest’articolo e condivido in pieno le riflessioni. Molto inquietante, ma bello, il video. Io ho invece praticato per alcuni anni il Kundalini Yoga, arte millenaria che, lavorando sul corpo attraverso sequenze di movimenti uniti a particolari respirazioni, conduce ad una profonda calma interiore e maggiore creatività raggiungendo una graduale consapevolezza di sé sempre più elevata. Un’esperienza particolare, essendo una disciplina molto attiva e più consone allo zen, che mi ha rafforzato interiormente e indotto a proseguire in un percorso di vita quotidiana sempre più consapevole e gratificante in tutti i suoi aspetti.
    Consiglio la visione di questi due video:
    http://it.youtube.com/watch?v=dnbzxMsjbIk
    http://it.youtube.com/watch?v=18tTPWKwrj8
    Ringrazio e affettusamente saluto

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