Le discipline di combattimento e l’efficacia
“È normale, dopo alcuni anni di pratica dell’Aikido, porsi alcune domande. Questioni, ad esempio, sul rapporto tra l’aikido e le arti da cui discende o sulla sua relazione con le altre discipline di combattimento ancora oggi praticate. Ci si può poi interrogare sulla sua dimensione spirituale. E ancora, si può scandagliare la componente sociale e quella psicologica della sua pratica.
Una questione che riappare, costantemente, è quella dell’efficacia dell’Aikido. Quando si pone questa questione, che personalmente ritengo ineludibile (come peraltro le altre), mi limito a chiedere, per cercare di chiarire di cosa stiamo parlando, “efficacia rispetto a che cosa?”.
L’esperienze dell’aikido, tuttavia, ci fa talvolta porre delle domande su quello che accade nel presente. Mi sono posto tanti interrogativi, come molti di noi, in questi giorni di fronte alle notizie inquietanti che venivano dal Medio Oriente. Le immagini, in parte sfocate perché girate di notte ai raggi infrarossi, dei gruppi di soldati israeliani paracadutati sulle navi dei pacifisti ancorate nelle acque territoriali di fronte alla striscia di Gaza. Le riprese esibivano delle sagome che aggredivano alla disperata, con armi di fortuna, gli invasori caduti dal cielo equipaggiati di tutto punto. Di fronte a una reazione collettiva condotta da civili e con armi improprie i corpi speciali israeliani, ai quali non sarà mancato un addestramento con le più avanzate tecniche di combattimento (krav maga e chissà quant’altro) hanno reagito utilizzando le armi da fuoco e gli esplosivi, uccidendo almeno nove degli occupanti.
Per sgombrare il campo da equivoci dirò subito che non entrerò nel merito specifico della questione; mi limito a dire che la considero una tragedia assoluta, segno eloquente di quella più enorme tragedia che è alle sue spalle, che è il conflitto israeliano-palestinese, che è materia troppo vasta è complessa per essere anche solo sfiorata qui e da me. E tuttavia la semplice considerazione che ne trarrò non è forse del tutto ininfluente anche rispetto al contesto più generale.
La questione semplice è: cosa significa che uomini ben addestrati e preparati, di fronte a una reazione spontanea ma perfino prevedibile, abbiano reagito sparando e uccidendo?
Ammetto che le risposte possono essere molte, più o meno interessanti e condivisibili. A me è venuto in mente un episodio, più volte citato, accaduto a quanto pare nel 1882 a Fukushima a Sokaku Takeda, fondatore del Daito Ryu Aikijujitsu nonché maestro di O sensei Morihei Ueshiba (1). Il maestro Takeda era stato aggredito – per futili motivi, sembra– da un gruppo di operai, che lo avevano ridotto in fin di vita e che lo avrebbero ucciso, se un suo parente ben introdotto nel villaggio non lo avesse salvato.
Cosa accomuna, a mio modesto avviso, questi due episodi? Quale è la questione che entrambi ci pongono? Perché sia i modernissimi corpi speciali che l’antico Maestro dei Maestri si sono dimostrati “inefficaci” di fronte a una aggressione spontanea?
prof. Augusto Guarino
(1) Si veda ad esempio, Antonino Certa, Daito Ryu Aikibudo. Storia e tecnica, Firenze-Milano, Luni Editrice, 2006, p. 48.
Buonasera
hai pienamente ragione prof.Guarino L’aikido è si un arte marziale dunque è un arte da combattimento non dimentichiamo che marziale deriva da marte il cui dio era Aries il dio della guerra e chi come me studia questa disciplina la studia si per passione am anche perchè crede che sia efficace contro qualsiasi aggressione………..devo dire che anche io ho nutrito diversi dubbi su questa disciplima ma vado avanti, cmq io credo che in Italia l’Aikido dovrebbe passare ogni tanto per un percorso tipo sparring partner tanto caro al nostro caro Bruce Lee dato che lui stesso che proveniva dalla Cina dava pesanti critiche alle arti marziali cinesi piene secondo lui di tecniche e di artifici inutili che non ti salverebbero la vita durante una qualsiasi aggressione…………..e già questo ci fa pensare molto………..Ma L’aikido è anche un percorso forse troppo lungo per come viene divulgato in italia, ma si sa le questioni economiche prendono quasi sempre il sopravvento………..rallentando l’evoluzione tecnica anche di quel ragazzotto da palestra chesi tanto bravo e talentuoso ma costretto ad abbassare la cresta onde evitare spiacevoli diatribe per la sempliche voglia di saperne di più ma da quell’altra parte la voglia di dire: ” Ehi vai piano perchè io sono più vecchio te non puoi fare cose che io ci ho messo 10 anni”. Ogni tanto fa bene rileggere i libri di Bruce Lee cè molto da imparare da uno dei migliori artisti marziali del mondo.
Buon Keiko a tutti
Piacere di conoscerti Sasha.
Nell’intervento sono partito da una situazione estrema per fare una considerazione che forse può essere utile anche a noi nella pratica quotidiana: perché gli addestratissimi uomini dei corpi speciali israeliani per salvarsi hanno avuto bispogno di sparare? E perché un genio delle arti marziali come Takeda Sokaku può essere quasi ammazzarto da un gruppo di muratori? Forse la risposta è semplice ma non banale, e quindi vale la pena di pensarci un po’ su: per quanto “sparring” si possa fare la realtà può sempre sopravanzarti, Il che è un invito all’umiltà, non alla pigrizia o all’auto indulgenza (che è sempre in agguato). Quanto a Bruce Lee, fu di certo un grade maestro e un esploratore instancabille, uno studioso di filosofia occidentale e orientale, ma la sua arte non gli è servita un granché come autodifesa, visto che è morto a 33 anni.
Forse anche il suo esempio è un invito a essere coraggiosi ma anche saggi.
Buon Keiko!
PS: il “prof.” in questa sede è una affettuosa aggiunta della redazione
Gli israeliani sono stati aggrediti anche con mazze di ferro e non potevano difendersi visto il numero di aggressori.
Non era un operazione di ordine pubblico.
Che dovevano fare, farsi ammazzare a bastonate e coltellate, e poi farsi buttare fuori bordo come abbiamo visto è toccato a qualcuno di loro ?
Certo questa è la versione israeliana dell’accaduto, ma per me è altrettanto credibile come tu dai per scontato verosimile quella riportata dai c.d. pacifisti, che poi a me tanto tali non mi sono sembrati.
Opinioni, la tua in un modo e la mia opposta, ma entrambe credibili allo stesso modo fino a prova contraria ed entrambe rispettabili.
Tu non hai sicuramente il privilegio della ragione assoluta, non credi ?
Caro Luca,
ci deve essere un equivoco. Di quale ragione parlli? Nell’intervento ho fatto domande, più che dare risposte.
Dove avrei detto che hanno fatto male? Dove avrei detto che hanno fatto bene?
L’interrogativo non era sulla legittimità dell’azione degli uni e degli altri (sulle quali posso avere le mie opinioni, probabilmente diverse da quelle che tu immagini), ma sull’efficacia delle arti di combattimento. Come praticanti di arti marziali dovremmo forse dare l’opinione pertinente alle discipline che pratichiamo o almeno che conosciamo, piuttosto che formulare opinioni su cose su cui forse non abbiamo molti elementi.
Comunque, la tua è una delle spiegazioni possibili che evocavo nell’intervento: i “pacifisti” non erano pacifisti ma persone preparate allo scontro. Come ho già scritto, ne sono possibili anche altre, altrettanto verosimili. Ma tuttte lasciano intatta la domanda che per noi è pertinente: in che misura la pratica di una disciplina di combattimento permette di reagire a un’aggressione senza dovere necessariamente recare danno all’aggressore o addirittura uccidere? E volendoci contentare apparentemente di meno, in che misura la pratica di un’arte marziale permette almeno di sopravvivere a un attacco, portato da più persone ma senza armi da fuoco?
Per noi che pratichiamo aikido -e forse per chiunque pratichi arti marziali- non sono questioni da poco.
Tu che cosa pratichi?
Piacere di conoscerti e buon allenamento,
AG
Desidero complimentarmi con Augusto…per la consueta eleganza e ragionevolezza……del tutto sprecata con qualcuno che non intende nemmeno il senso letterale di ciò che legge…comunque una lezione di stile….complimenti Augusto.
In questi giorni su un altro blog si è svolta un’accesa discussione sull’efficacia dell’aikido.
Riprendendo un mio intervento, pur sapendo che non è elegante autocitarmi, devo constatare che finora nessuno ha provato a dare una risposta alla domanda con cui chiudevo: “Perché sia i modernissimi corpi speciali che l’antico Maestro dei Maestri si sono dimostrati “inefficaci” di fronte a una aggressione spontanea?”
Possibile che i due casi estremi che ho accostato (anche se sono diversissimi tra di loro) non abbiano niente da insegnarci?
Shiki Soku Ze Ku – Ku Soku Ze Shiki
ciao angela se continuerai ad essere così aggressiva rimarrai zitella
Secondo me non esiste una risposta unica a queste domande e inoltre, non essendo presente nei due eventi da lei descritti, trovo difficile affermare che sarebbero potuti andare in modo diverso.
Pero secondo me una della motivazioni dell’inefficacia di fronte ad un’aggressione spontanea sta sicuramente nella considerazione che si ha del tatami da parte di alcuni allievi e forse alcuni maestri.
Ho conosciuto tanti praticanti che considerano il tatami come un luogo dove l’aikido inizia e finisce secondo gli orari della lezione, per poi tornare alla vita di sempre. Oppure semplice passatempo per uscire dalla routine. Non credo che questo approccio sia sbagliato ma sono convinto che l’aikido “vero” debba essere vissuto sempre.
Il tatami non può essere il rifugio di una vita che non piace ma dovrebbe essere il campo dove si ci allena a vivere senza farsi male, è un’occasione unica.
E ora penso: che senso ha una pratica che non insegna nulla che si possa usare fuori dal tatami? Si può fare un aikido che funzioni anche “fuori”?
Caro Gabriele,
condivido completameente lo spirito del tuo intervento e in particolare la frase “Il tatami non può essere il rifugio di una vita che non piace ma dovrebbe essere il campo dove si ci allena a vivere senza farsi male”. Il campo dove ci si allena a vivere. Bella definizione.
Il che per noi comuni aikidoka da due-tre sere a settimana e qualche stage ogni tanto (parlo per me) basta e avanza.
Però il problema resta. I casi estremi sono provocazioni a capire anche i fenomeni “medi”. Non si stava parlando di semplici praticanti, per i quali si può dire “non ti sei allenato abbastaza”. Si stava parlando di uno dei corpi speciali più allenati del mondo e del Maestro del Maestro. Dobbiamo essere grati, in ogni modo, alla famiglia Takeda per avere onestamente tramandato l’episodio dello scontro con i muratori. Potevano ricorrere a una mistificazione simil-ninja, alla quale molti di noi avrebbero creduto.
Grazie per l’intervento
Ciao a tutti provo anche io a rispondere alla domanda di Augusto.
A parer mio non si può definire l’efficacia dell’aikido come una variabile si/no.
Se ci si confronta con una situazione “reale” ci sono infinite variabili da considerare: la nostra abilita (a prescindere dalla disciplina) e quella dell’”avversario”, la nostra forma fisica e dell’ “avversario”, la posizione, la concentrazione, eventuali barriere architettoniche, ecc… In definitiva il caso.
Chi studia Aikido o qualsivoglia arte marziale non diventa invincibile. Ho visto esperti di karate essere messi a terra con un sol colpo da dei comuni buttafuori….
Sicuramente l’Aikido è un argomento in più da mostrare al nostro “avversario” (distanza, equilibrio, stabilità).
Gli insegnamenti di Ueshiba non sono fumo!! Sta a noi però interiorizzarli e portarli con noi fuori dal tatami. E pur con questo ci sarà sempre chi è più abile di noi.
Finisco col ricordare che l’Aikido non è difesa personale. Penso che il miglior aikidoka sia quello che evita lo scontro non chi lo vince.
Saluti Stefano
Caro Stefano,
d’accordissimo su tutto. Certo che gli insegnamenti di Ueshiba non sono fumo! Tra l’altro prima di essere l’amabile vecchietto che vediamo sul kamiza aveva fatto un paio di guerre e viveva comunque in tempi molto duri. Condivido anche la tua impostazione, saggiamente “relazionale”. E poi, per me la migliore difesa personale -se ci si riesce- è proprio evitare lo scontro. Buon keiko!