La parola come evento
Ong annota come l’invenzione della stampa porta alla sconfitta dell’udire a tutto vantaggio del vedere. La parola si trasforma in qualcosa di spazializzato, si offre alla lettura che diviene silenziosa, «mentale». Radio, telefono, televisione, tutti i «mass-media» della nostra civiltà tecnologica mentre sembrano soltanto realizzare più compiutamente e ferreamente l’opera di spersonalizzazione, pare introducano, invece, un rovesciamento della tendenza in quanto portano l’umanità a ritrovare rapporti di simultaneità temporale piuttosto che di successione seriale. E si riscopre la potenza della parola che recupera il senso dell’evento nella vita degli uomini.
Walter I.Ong
Trattando dell’alfabeto fonetico, ci siamo occupati della relazione del suono con il passare del tempo e la conseguente irriducibilità del suono a categorie puramente spaziali. Ci sono anche altre caratteristiche del suono che gli danno una importanza speciale nel mondo vitale umano e che hanno un forte significato religioso, ma che facilmente ci sfuggono nella cultura di oggi ancora altamente visiva. È un luogo comune che l’uomo primitivo, fortemente, anche se certo non esclusivamente, orale-aurale, sperimenta le parole -che sono per lui, significativamente, parole parlate -come potenti, efficaci, pienamente integrate nella realtà, assai più di quanto esse non appaiano, più tardi, all’uomo visivo. La parola è un vero avvenimento, anzi l’avvenimento per eccellenza. Alcuni tendono a considerare l’atteggiamento primitivo verso la parola come superstizione, ma in esso c’è implicita una verità che possiamo capire solo se riflettiamo più profondamente sulle implicazioni del suono in termini del mondo vitale umano e in termini della realtà in genere.Il suono è più reale, o esistenziale, di altri oggetti dei sensi, nonostante sia anche il più evanescente. Il suono è legato alla realtà presente, piuttosto che al passato o al futuro. Deve emanare da una fonte che è palesemente attiva qui e in questo momento: ne risulta che la relazione con il suono è relazione con il presente, con un’esistenza e un’attività che si svolgono qui e in questo momento. Il suono annuncia una forza in azione, poiché il suono deve essere attivamente prodotto per poter esistere. Altri segni percepibili con i sensi possono rivelare una forza reale in azione, come quando si osserva la spinta di un pistone in una macchina. Ma la vista può anche rivelare una semplice quiescenza come in una natura morta. Il suono può indurre al riposo, ma non rivela mai immobilità. Ci dice che qualcosa sta succedendo. In Sound and Symbol, descrivendo l’effetto della musica, Victor Zuckerkandl nota che, contrariamente alla vista e al tatto, l’udito avverte la forza, la dinamica. Questo può essere provato anche in altri modi. Un cacciatore primitivo può vedere, sentire, odorare e gustare un elefante quando l’animale è morto. Ma se sente il suo barrito o anche solo lo scalpicciare dei suoi piedi, fa meglio a stare in guardia. Sta succedendo qualcosa. C’è una forza in azione.
Le culture, dunque, che non riducono le parole a spazio, ma le conoscono soltanto come fenomeni orali-aurali, realmente o nell’immaginazione, considerano naturalmente le parole più potenti di quanto non le considerino le culture letterate. Le parole sono potenti. Le prendiamo a piccole dosi, una sillaba per volta. Non sarebbe sconvolgente l’esperienza psicologica di uno che udisse tutte le parole scritte sui libri pronunciate simultaneamente? Che effetto avrebbe sul sistema nervoso e la psiche assimilare tutte queste parole insieme ? Come proiezioni di una forza, le parole che vengono dette hanno esse stesse un alone di forza. Nelle relazioni personali -e le parole come suono implicano per la loro stessa natura relazioni personali reali, non immaginarie, poiché chi ode è vicino e reagisce -le parole hanno veramente un potere reale: la dichiarazione del re che il tal dei tali è suo rappresentante lo rende suo rappresentante come nient’altro avrebbe il potere di fare. Le parole, in una cultura orale-aurale, sono inseparabili dall’azione, perché esse sono sempre suono. Così, esse appaiono della stessa natura di altre azioni, incluse anche le azioni fisiche nel senso più grossolano. L’uso ebraico della parola dabar per indicare sia parola che avvenimento non è probabilmente, come il Barr ritiene, un fenomeno così eccezionale com’è stato considerato. Ma, sia che tale uso sia comune o non lo sia affatto, questo senso si accorda perfettamente non soltanto con la forma mentis orale-aurale ma proprio con la natura delle parole stesse. Perché anche oggi, ogni parola nel suo stato originario di esistenza, che è quello parlato, è veramente un avvenimento.
Nelle culture orali-aurali, appare così assai credibile che le parole possano essere usate per raggiungere lo stesso effetto di un’arma odi uno strumento. Dire male di un altro è considerato pari alI ‘infliggere un diretto male fisico. Incantesimi e formule magiche sono numerosissimi. Questo atteggiamento verso le parole in società più o meno illetterate è un luogo comune antropologico, ma la relazione di tale atteggiamento con la natura del suono e l’assenza della scrittura ha cominciato solo recentemente ad essere chiarita. Inoltre, poiché il suono indica un’attività che ha luogo « qui e in questo momento », la parola come suono stabilisce una presenza personale « qui e in questo momento ». Abramo riconobbe la presenza di Dio quando udì la sua « voce ».
La presenza della parola,
Bologna, Il Mulino