Keiko: il processo di addestramento

 

Siamo convinti che la società in cui abitiamo abbia raggiunto l’apice dello sviluppo tecnologico,  in cui almeno in teoria i progressi delle scienze avrebbero dovuto migliorare la vita dell’uomo e i suoi infiniti strumenti come ad esempio l’uso dei mass media avrebbero dovuto cambiare radicalmente le condizioni di vita assieme agli altri miracoli del progresso medico,  industriale,  civile,  sanitario,  per facilitare anche i processi di comunicazione fra gli individui e i loro problemi di relazione nei confronti del mondo in cui interagiscono. Le cose non sono andate così. La maggior parte dei benefici scientifici purtroppo continuano ad essere usati per garantire i profitti dei monopoli capitalistici,  il che finisce per gravare sull’ambiente distruggendo gli equilibri del pianeta terra e producendo temperature elevate, acque inquinate, polmoni di importanza mondiale come le realtà naturali dell’Amazzonia che vengono deforestati e calpestati per ogni motivo di lucro. Ne è un esempio il rifiuto di Gorge W. Bush di firmare il trattato di Kyotoper quanto concerne l’emergenza del problema ”surriscaldamento del pianeta” e il ”buco dell’ozono”. Basta guardare il trionfo commerciale del mondo tecnologico: telefonini, televisori con svariate funzioni,  programmi televisivi che mostrano i suoi personaggi artificiali protagonisti di un mondo senza interazione dove trionfa l’apparenza e la banalità e che ci vengono imposti con tutte le loro storie affinché i nostri pensieri siano controllati,  le nostre pulsioni vitali,  le nostre energie, non canalizzate negli adeguati canali e le nostre percezioni distorte nei confronti dell’ambiente in cui viviamo. Questi problemi si ripercuotono sul comportamento umano e anche durante i tempi di una  di un approccio di comunicazione fra gli individui,  perché da una parte abbiamo esigenze di relazione essendo confusi da modelli culturali che non rispecchiano la nostra tradizione e la nostra storia,  dall’altra sentiamo crescere delle forze che devono essere canalizzate in specifici canali,   che si scontrano contro quei modelli imposti: tutto questo genera il senso della paura fra i rapporti umani. Federico Fellini parlava dell’importanza del lato”animale”, di quell’insieme di istinti e pulsioni della nostra personalità che ci sorreggono nelle difficoltà che incontriamo durante la nostra vita e riteneva che quella parte irrazionale della nostra mente fosse l’impalcatura sopra cui camminasse la coscienza. Il temperamento dell’uomo è sempre in relazione con la sua mente. In giapponese shin significa ”mente” ma indica anche ”cuore”. Secondo un’ipotesi i tratti dell’ideogramma shin rappresentano il cuore umano con i suoi quattro ventricoli. Un’altra teoria vuole che shin indichi una barca di grandi dimensioni con il timone nella parte posteriore,  guidata controcorrente da un abile timoniere. A me piace pensare che la barca sia la mente che si inoltra fra le luci e le ombre della vita,  lungo gli anfratti di un iter talvolta complesso,  talvolta banale,  che rappresenta il “do”: la ”via dell’uomo”,  e che il cuore,  il temperamento,  le pulsioni vitali siano gli strumenti indispensabili affinché il timoniere della mente ”shin” navighi negli oceani della realtà,  affrontando tutte le sue ombre e ricercando proprio nelle difficoltà che gli capitano nella vita (come pensava Fellini e da cui ne è scaturito il suo cinema) il proprio equilibrio interiore. Nella costruzione di un cammino,  di una via ideale e materiale,  fisica e metafisica,  ciò che più conta non sono i risultati,  né la competizione o le vittorie o le sconfitte che ci capitano,  ma la ricerca in quanto viaggio:non è importante dove arriviamo o cosa raggiungiamo,  ma è essenziale il processo di crescita,  il processo di addestramento ”keiko” attraverso tutte le esperienze che abbiamo vissuto nel cammino che ci inoltra verso la retta via. Questi principi semplici ma efficaci divengono in aikido le forme di sensibilizzazione che non fanno fuggire l’uomo davanti alle sue difficoltà,  ma esse lo pongono davanti ai suoi miglioramenti con più autoconsapevolezza e coscienza del proprio sé. Credo che l’aikido sia una delle più grandi forme di avvicinamento all’essenza dei rapporti umani,  alla comunicazione,  alla sensibilizzazione che siano mai stati creati,  al pari della musica,  della cultura,  del teatro,  di tutto ciò che ha incanalato positivamente e mai in modo mai distruttivo l’intelligenza umana verso i rapporti umani e il loro sviluppo. Il suo fondatore Ueshiba era interessato alla costruzione di un linguaggio di pace e amore fra gli uomini,  che potesse canalizzare gli elementi più distruttivi della personalità in un’energia edificante che scaricasse tutta l’aggressività e gli istinti dannosi nelle sue forme,  nelle sue tecniche, che diventassero forze di energia vitale. L’aikido ha spinto nella sua evoluzione l’uomo a interagire con la sua personalità e con la sua comunità,  garantendo in un equilibrio continuo di crescita i suoi livelli di relazione fra mente e corpo: ”L’uomo non cambia il mondo,  la sua rivoluzione si edifica nel cambiamento del suo rapporto col mondo,  l’uomo diventa il mondo”. Cambiare significa crescere, migliorare, valorizzare con più accuratezza gli equilibri e i disequilibri della propria personalità,  significa predisporsi al cambiamento. Nella mia esperienza di aikido in questi due anni e mezzo ho appreso un principio fondamentale del comportamento umano: quando comunichiamo e interagiamo nella vita col prossimo il ruolo che assumiamo è essenziale durante i livelli della comunicazione: gli altri non si aprono se noi non ci apriamo e rimaniamo nascosti nell’illusorietà delle nostre maschere,  ma se noi ci apriamo,  se riusciamo ad essere socievoli e vincere le nostre paure,  l’altro cambierà,  perderà le sue strutture difensive,  le sue maschere e potrà percorrere con noi un tratto di strada,  una via ”do”. La rivoluzione dell’aikido così come tutte le fasi di crescita della vita inizia in noi stessi e la nostra percezione del mondo quando comunichiamo assume un valore  prioritario: se affrontiamo le nostre ombre e incertezze, l’altro come uno specchio che riflette un’immagine farà lo stesso e tutto ciò riguarda lo svolgimento delle tecniche in allenamento,   così come i livelli di comunicazione della vita. L’interazione in aikido nasce dalla consapevolezza di percorrere assieme le strade della realtà,  non di fuggirle e di realizzare in esse dei livelli di armonia e di comunicazione. Nel linguaggio dell’aikido la competizione lascia il posto alla relazione.Poniamo ora l’idea di Ueshiba al centro di un’analisi prescindendo anche dal lato marziale dell’aikido,  anche se sarebbe per me facile parlarne perché l’aikido in questi due anni e mezzo ha dato un cambiamento positivo e radicale alla mia vita e sta tirando sempre più fuori dalla mia personalità un senso di relazione che mi spinge a confrontarmi con la realtà e non a fuggire davanti alle mie responsabilità. Un vero talento delle arti marziali e dell’aikido con cui mi alleno una volta mi ha detto: ”Se tutti facessero come te il mondo cambierebbe!” Non guardiamo neanche i risultati che l’aikido porta in noi stessi anche se sono positivi:agilità mentale,  armonia colle forze vitali,  relazione fra mente e corpo,  sviluppo della percezione. Pensiamo all’esperienza del ”viaggio aikido” e a ciò che ci succede mentre stiamo cambiando e crescendo,  tutto ciò che mi circonda ora nella stesura di questo articolo dove non cerco di piacere,  ma solo tentando  di esprimermi. Il linguaggio d’amore di Ueshiba porta alla riscoperta di forme di energie che gravitano nel nostro mondo interiore e l’aikido è uno strumento che ci mette in sintonia con le forze e con le leggi che regolano i processi di vita del pianeta in cui viviamo e con cui poco interagiamo. L’armonia è un principio che ci mette in contatto con gli altri e quindi con le nostre dimensioni interiori. L’aikido nel suo movimento diventa una rivoluzione del comportamento e origine di una crescita positiva e costruttiva delle relazioni umane. Mettiamo questa espressione di crescita dell’aikido a contatto con la televisione e con tutto ciò che nel mondo viene scambiato per”comunicazione”. Gli sviluppi dell’era tecnologica hanno creato un mondo di profitti e consumi dove l’uomo finisce per avere paure della propria immagine e ad avere paura delle proprie paure. Le suggestioni tecnologiche come quelle televisive incidono sul comportamento sociale e aumentano il livello di inadeguatezza dell’individuo. Non è un caso che all’interno dei dipartimenti sanitari e delle strutture scientifiche,  che la psicoterapia,  la neurologia e le altre scienze mediche trovino una connessione con l’aikido e con ciò che rappresenta la terapia del proprio sé verso il controllo di una mondo che sfugge ad ogni tipo di controllo. Mi viene in mente che nel nostro dojo,  venne una volta ad allenarsi un ragazzo che aveva da poco subito un incidente automobilistico. Dopo l’incidente era stato operato e nella sua mente il trauma dell’accaduto aveva portato alla comparsa di attacchi di panico e altri disturbi ansiogeni. Il suo medico gli disse: ”O cominci una terapia farmacologia o prova l’akido”. Fu in quell’istante che mi resi conto come le scienze moderne si stessero orientando verso altri percorsi,  convergendo verso altre strade di ricerca e rivelazione del comportamento sociale. Il progresso tecnologico e l’evoluzione scientifica hanno capito che non possono ruotare attorno ai loro limiti,  ma che devono allargare le proprie esperienze a ciò che accade lungo la via della vita.
L’aikido è uno strumento rivelatore che come pratica entra in contatto con i cambiamenti e la crescita della mente e corpo e come linguaggio filosofico si rende partecipe coll’interazione scientifica di garantire i cambiamenti dell’uomo: ”Sviluppandone il processo di comunicazione che è il fulcro gravitazionale attorno a cui ruota la vita con tutte le sue leggi e le sue esperienze”. E fra le esperienze di crescita umana non compare solo il cambiamento della mente,  ma anche la crescita della consapevolezza corporea. Esercizi di rilassamento, di riscaldamento abbinati alle tecniche di respirazione (kokkyu) sviluppano una nuova vita del corpo. Questi esercizi che i praticanti di aikido svolgono nella fase iniziale dell’allenamento sono molto simili con quelli che gli anziani svolgono nei centri di fisiatria,  per sensibilizzare il corpo dalle artrosi o dagli acciacchi della vecchiaia: questo è l’incrocio fra medicina e aikido e fra come linguaggi differenti portino alle stesse terapie convergendo sui medesimi principi di creatività e simbiosi culturale. Il maestro Luigi Branno mi spiegò una volta mi spiegò il concetto di  “coscienza corporea”. Il corpo ha una sua agilità,  una sua fluidità,  una sua cedevolezza (Ju),  un suo equilibrio con delle leggi proprie che gli garantiscono un livello di armonia con la mente proprio perché il corpo è una realtà autonoma,  il corpo è un’entità pensante,  è un temperamento dinamico che si armonizza nella relazione con la mente,  proprio grazie ai principi che ne garantiscono l’autonomia e l’indipendenza dalla mente.

Il corpo è mente.
La mente è corpo.

E come entità pensante il corpo diventa una terapia per la mente.
In aikido la respirazione si trasforma in una sorgente di energia per il temperamento e il carattere e durante le tecniche respiratorie l’agilità delle mani e delle braccia portano il corpo verso un equilibrio interiore sempre cosciente, le disarticolazioni dell’organismo durante le forme marziali incidono sull’umore, sul comportamento, sulle relazioni col proprio sé forgiandolo con una nuova consapevolezza. Keiko:il processo di addestramento,  nasce anche dalla consapevolezza che il corpo pensa.

Francesco Liberti  

 



One Comment

  1. Edwina Haskin wrote:

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