Gruppo di apprendimento

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“Ogni membro del gruppo è responsabile per la sua parte di lavoro, in quanto il risultato di ciascuno è importante per il risultato del gruppo. Ciò rende i partecipanti dipendenti gli uni dagli altri; solo lo scambio e la condivisione di risorse personali e disponibilità ad apprendere consente di raggiungere l’obiettivo”

· Apprendimento come cambiamento

· Le fasi dell’apprendimento

· Le difese più comuni verso l’apprendimento

· La funzione del gruppo nel processo di apprendimento

Gruppo di apprendimento

Il gruppo di apprendimento è un gruppo determinato da:

1°) un compito originale: apprendere e far apprendere
2°) due finalità: apprendimento collettivo e individuale.
3°) due obiettivi coesistenti: aumentare le proprie competenze come insieme, e facilitare l’incremento delle competenze di tutti i membri.

Da ciò si evince che il gruppo è simultaneamente contesto e soggetto.

Apprendimento come cambiamento

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Le fasi dell’apprendimento

“Apprendere non è il reciproco di insegnare. Apprendere non è nemmeno un sinonimo di studiare. Apprendere indica l’atto di prendere qualcosa di nuovo e di inserirlo nel campo mentale, psicologico e comportamentale. Apprendere significa quindi cambiare.

Gli esseri umani vogliono apprendere e cambiare per curiosità, per ambizione, per senso di responsabilità, per imitare qualcuno che già possiede quel sapere, ma insieme temono di apprendere per la paura di dover cambiare.

La o le motivazioni pur attraendo e motivando fortemente, spesso sono contrastate dalle difese, dalle paure che il cambiamento del proprio sapere può apportare. L’arricchimento può essere considerato inutile, la carriera può essere fatta anche senza la fatica di quel tipo di apprendimento, l’imitazione di qualcuno può avvenire su altri piani, per cui il senso etico può essere tacitato.

1) Curiosità
La prima fase è quella della curiosità.
Basilare è l’informazione circa l’oggetto dell’apprendimento: non si può desiderare di apprendere ciò di cui non si conosce l’esistenza o il profilo.
Ogni soggetto recepisce le informazioni che sono meno eversive per l’equilibrio del suo sapere, anche se ogni informazione inserita nel sistema è una potenziale minaccia.
Da subito quindi entrano in gioco le difese: rifiuto preventivo, chiusura all’ascolto, bassa ricezione.
Io sono ciò che conosco
L’acquisizione dell’informazione circa l’esistenza di un oggetto da apprendere contribuisce fortemente alla consapevolezza di un tassello mancante da inserire o migliorare nella propria formazione.
Gli stage di arti marziali ad esempio, potrebbero essere più stimolanti se solo si specificassero i temi da trattare.

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 2) Sensibilizzazione

La seconda fase dell’apprendimento è quella che alimenta le maggiori resistenze. In questa fase si avvia il processo di destabilizzazione del precedente sapere. La tensione emerge e i costi di questo processo appaiono molto più cari degli ipotetici ricavi. L’incertezza incrementa l’insicurezza. Appare l’angoscia del battello che si allontana dalla rassicurante riva, per affrontare il mare aperto, in direzione di una nuova, ma incerta e ancora misteriosa costa. La tentazione di chiudere il processo, ritornare a riva, respingere le illusioni di vantaggi, sedare i sensi di colpa che il cambiamento può apportare, è fortissima. Il cambiamento avviato del proprio sapere rischia di trasformarsi in una configurazione meno evoluta di quella di partenza.

3) Acquisizione

La terza fase del processo di apprendimento è quella dell’acquisizione. L’oggetto dell’apprendimento vieneaccolto, inserito in una sorta di magazzino temporaneo, dove lo attendono nuove sfide. In quale spazio del campo collocare il nuovo apprendimento? Quali relazioni fra le parti ricostruire? Quali parti dovranno spostarsi, restringersi o allargarsi? E’ la fase nel quale l’apprendimento può ancora essere espulso, e nel quale entrano in campo difese estreme. Si assiste allora all’interruzione del processo di apprendimento poco prima della fine: laureandi che non si laureano mai, ritiri alla soglia degli esami, interruzioni di percorsi di formazione ormai vicini al compimento.

Il rifiuto di un’apprendimento non consolidato giunto alla fase finale, lascia tracce e ferite. Il campo soggettivo ha già iniziato a subire scosse, i confini e le barriere si sono già mobilizzati, alcune regioni si sono già espanse o contratte. Il lavoro di ricomposizione della forma precedente sarà più difficile tanto più avanzato è il processo di apprendimento.

4) Ricongelamento

La quarta e ultima fase si può definire- ricongelamento. La forma del campo mentale comprendente il nuovo apprendimento, viene riconfigurata. Il nuovo apprendimento viene limato e adattato fino a stabilizzarsi.

In termini formativi questa fase viene definita come addestramento se consiste nella ripetizione e correzione dell’apprendimento raggiunto, o supervisione se si traduce in riorientamento conseguente all’applicazione. A volte appaiono in questa fase finale del processo, ulteriori difese. E’ il caso di chi ha imparato a suonare il piano, o una lingua straniera o uno sport, ma poi non coltiva questo apprendimento. Il sapere appreso viene gradualmente rimosso e sospinto in una specie di soffitta, nel quale può sparire o dal quale può riapparire in particolari situazioni di motivazione.

Le difese più comuni verso l’apprendimento

1) Non mi interessa; non ho niente da imparare; sto bene come sono.
Queste frasi indicano una condizione di chiusura, di rifiuto a cambiare e di soddisfazione verso la forma soggettiva attuale. In alcuni casi questi atteggiamenti sono realistici, ma se accettiamo il postulato che il singolo e gli aggregati umani sono organismi che hanno potenzialità infinite e programmati per un continuo sviluppo delle proprie capacità, si percepisce che la chiusura è un meccanismo di difesa che porta all’isolamento, alla stasi, all’ortodossia e che tende a cristallizzare l’esistente impedendo l’accesso ad ogni novità.

2) Non ho tempo, non ho i mezzi, non ho le capacità.
Di fronte ad una prospettiva di apprendimento, il tempo, i mezzi e le capacità sono un possibile limite. Ma se queste dichiarazioni vengono estremizzate diventano paralizzanti; siamo di fronte ad una difesa che delega la responsabilità di nostre scelte a fattori esterni o a elementi deterministici. Solo in casi estremi di handicap motorio o intellettivo le capacità possono essere un vincolo oggettivo. Non esiste apprendimento che non possa essere affrontato, almeno a livelli modesti, da un soggetto singolo.

Se un soggetto sceglie di acquisire nuove capacità, cioè le forze motivanti attrattive superano le forze difensive repulsive, il tempo ed i mezzi si trovano. Un individuo potrà non diventare Einstein, Picasso, o Maradona ma può imparare i rudimenti della fisica, della pittura e del calcio.

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3) Chi mi garantisce che imparerò?

La richiesta di garanzie circa il cambiamento è sempre una difesa del tipo “delega”. Come se la felicità amorosa dipendesse dal partner, l’apprendimento dal maestro, la carriera dal datore di lavoro, il successo di un gruppo dall’organizzazione.

Il cambiamento è una danza, il cui successo dipende da tutti i danzatori.

“Nessuno insegna a nessuno. Nessuno impara da nessuno. Tutti insieme impariamo, con la mediazione del mondo” come ha scritto P. Freire.

4) Perché devo imparare? Non sono già bravo così?

Questo genere di affermazioni sorge da un sottile senso di colpa. L’ipotesi di apprendere viene associata ad un deficit, ad un lacuna, cioè alla colpa di essere inadeguati e non averlo compreso prima. Si tratta di affermazioni o di vissuti frequenti soprattutto nei casi di “apprendimento sul lavoro”. Un individuo o un gruppo svolgono un lavoro e credono in buona fede di farlo nel migliore dei modi. La proposta di un nuovo apprendimento viene respinta, in quanto potrebbe provare che il lavoro svolto fin allora era inadeguato. Ciò che viene negato qui è lo scorrere del tempo, la variazione del contesto, la crescita stessa del soggetto. Ciò che veniva fatto ieri andava bene ieri, e ciò che può essere appreso oggi andrà bene domani.

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5) Perché devo imparare qualcosa da te? Devi insegnarmi come e cosa dico io.

Questo genere di posizione viene raramente esplicitata. Più spesso si presenta in via indiretta, con la richiesta delle credenziali del formatore, con la svalutazione della situazione e del gruppo di apprendimento, con la competizione (ne so di più io, lo sapevo già, adesso vi spiego quello che volete che apprenda, ecc.).

Il rifiuto dell’apprendimento viene girato sulla fonte dell’apprendimento, sia una persona, il tema o il metodo. A volte la sfiducia si esplicita con atteggiamenti di uscita dal ruolo: come il paziente che dice al medico cosa deve prescrivergli.

Una dichiarazione di sfiducia è un rifiuto ad affidarsi, che sottendono una difesa delle proprie conoscenze ed una volontà di controllo. Come se il soggetto rifiutasse la sostanza di novità dell’oggetto dell’apprendimento.

Voler apprendere solo ciò che è controllabile equivale a voler apprendere senza cambiare.

6) Imparare vuol dire riempire lo zaino.

Il soggetto in apprendimento chiede di essere riempito, travolto da una infinità di nozioni, sussidi, bibliografie, dispense, stages, forme e
variazioni delle forme come se l’apprendimento fosse una questione di quantità, di bulimia conoscitiva.

Oppure si esprime in un comportamento disciplinato, ossequioso, puntuale, preciso e rigoroso nell’esecuzione del lavoro affidatogli, come se il rispetto delle regole garantisse un apprendimento naturale.

A prima vista questi soggetti sembrano ottimi allievi, ma diventa chiaro il loro cambiamento non appena la situazione richiede riflessione, dubbio, autonomia e creatività. Amano le risposte degli altri e le proprie domande, si affidano alle cose dette dall’insegnate o dal maestro più carismatico ma rifiutano di riflettere e rispondere alle domande altrui.

E’ una difesa del campo mentale che si esprime interpretando il ruolo del discente attivo, per evitare un apprendimento-cambiamento reale.

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7) Voglio solo conferme, non novità.

Questa difesa è anch’essa tipica delle situazioni di aggiornamento o formazione per adulti “on the job”. Tutto ciò che si presenta come novità e diversità viene respinto, mentre viene ascoltato e recepito solo ciò che è abituale, omogeneo o identico all’esistente.

L’apprendimento come conferma del sapere consolidato è l’esatto contrario del cambiamento. E viene così concepito specialmente dai ruoli sociali o professionali più autorevoli: dirigenti, insegnanti anziani, primari ospedalieri, ecc. Oppure da gruppi collaudati da tempo e detentori di un certo potere o prestigio: consigli direttivi, organismi politici, task forces specializzate. L’approccio con il quale tali soggetti si avvicinano all’apprendimento è quello di chi ha già ottenuto dalla società o dal contesto, un riconoscimento di adeguatezza. Se siamo in questa posizione sociale è perché siamo bravi, quindi non abbiamo niente da imparare. Apprendere per noi significa avere conferma delle nostre competenze già riconosciute. La difesa del consolidato emerge continuamente

La Funzione del gruppo nel processo di apprendimento

“Ciò che è stato descritto finora concerne i soggetti in apprendimento, sia singolari che plurali. Dal momento che i gruppi in apprendimento presentano difese analoghe a quelle dei singoli, come si può ipotizzare l’uso del gruppo in questo contesto? Se pensiamo al gruppo come un organismo, lasciato a se stesso, non v’è dubbio che le difficoltà di apprendimento aumentano.

Ciò è del resto noto in tutte le classi nelle quali, alle normali difese individuali ad apprendere, si aggiungono i problemi posti dal gruppo dei coetanei, le cui dinamiche possono ostacolare, rallentare o deviare il lavoro dei singoli studenti.

Il gruppo non è sempre un toccasana, uno strumento miracoloso. Può essere un pesante vincolo, un fattore di complicazione del processo di apprendimento. Il gruppo può, a determinate condizioni diventare un facilitatore e moltiplicatore dell’apprendimento.

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Esso infatti può svolgere funzioni decisive come forza attrattiva verso l’apprendimento o come forza attenuativa delle difese dall’apprendimento.Il gruppo è uno spazio di appartenenza, di investimento emotivo e di identificazione. I singoli membri vengono aiutati a contenere le loro difese dall’apprendimento, perché apprendere è il fattore di partecipazione e coesione. Genericamente, si può affermare che il singolo è spinto ad apprendere dal senso di amore per il gruppo.In modo più preciso, si può affermare che il gruppo costituisce uno stimolatore emotivo della partecipazione; diventa una rete di legami che attraggono i singoli verso l’apprendimento; costituisce un riferimento identificatorio, imperniato sull’apprendere.

La regolazione (norme interne, tempi, ruoli, ecc.) del gruppo di apprendimento si pone come forza antagonista delle difese, individuali e di gruppo. Da una parte il singolo e il gruppo si difendono dall’apprendere, dall’altra sono sospinti verso regole funzionali all’apprendimento. Offre una diminuzione dei sensi di colpa e dell’insicurezza, alimentati dal cambiamento. Apprendere, cioè cambiare, insieme con altri si accompagna ad una solidarietà, una condivisione, una cooperazione che possono attenuare il vissuto di tradimento verso il passato e di timore del futuro. Condividere il cambiamento è suddividere la colpa, i rischi e l’incertezza.

Ciascuno vede parti di se stesso negli altri e parti degli altri in se stesso. Ognuno si rende conto che le difficoltà, resistenze e difese sono universali, comuni a tutti gli esseri umani. Nel gruppo ogni singolo riscopre la propria pluralità, ma sperimenta che l’originalità e diversità della singolarità si accompagna ad una condizione umana universalmente simile. Questa funzione è particolarmente utile nelle fasi iniziali del processo di apprendimento, quando ogni singolo sente di avere difficoltà e resistenze del tutto personali . La scoperta che difficoltà e resistenze sono comuni a tutti, facilita il loro superamento.

Il gruppo si offre a tutti i membri come spazio di sperimentazione, come palestra di allenamento, come macchina virtuale per esercitare i nuovi apprendimenti. Questa non è un uso improprio e manipolativo del gruppo, ma una funzione specifica del gruppo di apprendimento. La funzione assume particolare rilevanza nelle fasi mature e finali del processo di apprendimento, quando deve essere consolidato.

Apprendere contenuti, metodi, abilità

Tutto quanto detto genericamente sul gruppo di apprendimento cambia ovviamente a seconda del tipo di apprendimento.
L’apprendimento di informazioni è tendenzialmente meno intrusivo e minacciante dell’apprendimento di atteggiamenti o abilità psicologiche. Acquisire la capacità di andare in bicicletta è più minacciante che apprendere ad usare il telecomando, il che a sua volta è meno ostico che imparare i sette re di Roma. Perché?

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L’apprendimento di metodi è quasi un apprendimento al quadrato. Non si tratta solo di un arricchimento della quantità di informazioni, ma dell’acquisizione di regole, procedure e percorsi che devono diventare stabili. Un metodo, per sua natura, ha meno possibilità di essere appreso superficialmente, perché il suo carattere è applicativo. Dunque o è appreso ed applicato, oppure no.

Un metodo può essere interno o esterno al gruppo. Se si tratta di apprendere un metodo esterno, come un nuovo processo di cottura della ceramica, una diversa didattica della matematica, un più moderno sistema di contabilità, il gruppo può diminuire o ammorbidire le difese individuali, ma il metodo esterno può rappresentare un blocco fra il singolo e l’apprendimento. Se invece il metodo da apprendere riguarda il gruppo dall’interno, allora la sua funzione è cruciale. Il metodo può essere appreso dai singoli e dal gruppo, solo se il campo mentale dell’intero gruppo funziona adeguatamente come forza attrattiva e antagonista delle forze difensive e repulsive.

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L’apprendimento di un metodo di lavoro, l’acquisizione di una certa familiarità coi processi relazionali e le dinamiche emozionali corrisponde alla consapevolezza di sé che ogni singolo cerca nel corso della sua vita.

Il fatto è che un individuo può lasciarsi vivere anche restando a bassi livelli di consapevolezza, mentre un gruppo rischia molto di più.
Un gruppo è un campo che richiede un’appartenenza costante, cioè un atto di scelta continuo. La sua esistenza non è data dal corpo, che funziona anche in modo automatico. L’esistenza di un gruppo è garantita dalla volontà dei membri, e questa si incrina se il gruppo si attesta su metodi, processi e dinamiche, che non sono compresi e gestiti dai membri stessi. La consapevolezza di tutto ciò per i singoli è una ricerca, per i gruppi è una condizione indispensabile di crescita e di sopravvivenza.

“Cambiare non significa gettare via tutto e sostituirlo con tutt’altro. Ci si può evolvere cominciando col riorganizzare in maniera diversa ciò che esiste già nella propria testa ”

Luigi Branno
luigibranno@aikidoedintorni.com )



One Comment

  1. Augusto Guarino wrote:

    Molto bello. Grazie per aver condiviso con noi questa riflessione. In fondo si può partire dall’idea che apprendere è anzitutto “com-prendere”, cioè afferrare qualcosa non da soli ma all’interno di una comunità. Mi sembra molto importante e originale che tu abbia messo l’accento su questa dimensione di comunità e circolarità dell’esperienza, soprattutto per noi occidentali che siamo caratterizzati (stavo per scrivere “ammalati”, ma forse è un po’ troppo) dall’individualismo.
    Comunque, una riflessione piena di spunti, sulla quale spero si voglia riflettere insieme. Ad esempio, chi di noi non si è trovato talvolta, o spesso, intrappolato in uno di quegli atteggiamenti sbagliati (o almeno limitati) di fronte all’apprendimento?

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