Cucina giapponese
E’, tra le orientali, l’entusiasmante. Per concezioni di religioni, dell’incontaminato, dell’estetico, dell’essenziale, della perfezione. L’antropologo Claude Levi-Strauss dimostra che la cucina è una delle più importanti manifestazioni della cultura di un popolo. Buddismo e Shintoismo influenzarono la cucina giapponese nella considerazione che è massimo peccato il procurare morte agli esseri viventi, ad animali superiori o con sangue caldo, per non prevaricare diritti divini e, sopra tutto, per non impedire una possibile espiazione o privare di luce il cammino di un’anima. Per secoli, cibi senza cacciagione, senza carni bovine suine ovine, perché considerati alimenti per <<barbari>> e <<orchi>> mentre la cucina dei prodotti dei mari dei fiumi e dei laghi, dei molluschi, delle alghe, si raffinava in vera arte. Pur con eccezioni. Sembra che nei conventi in montagna i bonzi divorassero in allegria succulente bistecche di cinghiale chiamando l’animale <<balena di monte>> (yama-kiyira). Risale ai tempi dei <<barbari e degli orchi>> il tipico sukiyaki o arrosto alla zappa: sulla zappa giapponese larga e concava i contadini poco ossequienti a Buddha, arrostivano fette di carne con contorni di verdure innaffiate con salsa di soya e spezie. Piatto volgare allora. Oggi, nell’oblio di alcune regole buddiste e nel favore degli stranieri, il sukiyaki è un guazzetto tra i più squisiti della cucina giapponese. Viene preparato con sottilissime fettine di manzo unite a porri, funghi, spinaci tagliatelle e spaghetti trasparenti di soya, in una padella di ghisa con poco grasso, molta salsa di soya, sakè dolce (mirin) e brodo di carne. Cotto, si mangia immergendo il boccone, accompagnato da riso bianco, in una vaschetta con uovo sbattuto. Se il Buddismo (religione e filosofia per la ricerca dell’eterno morire e rinascere dell’uomo) pesò e pesa sulla scelta dei cibi, lo Shintoismo (purezza; via degli dei; sensibilità verso le bellezze del creato; culto della natura e degli antenati) ne guidò e guida il gusto, la preparazione, la presentazione nel culto altissimo per la sincerità (makoto). Un’incarnazione, il makoto, di lealtà nelle relazioni umane; una condanna per l’artificioso bello al danno del funzionale nell’arte; una esigenza assoluta per la presentazione, la naturalezza e la genuinità dei cibi in cucina. Eccedere è peccato. L’arte del cuoco deve valorizzare e non trasformare le cose della natura con quanto di più genuino e di squisito esse possono offrire; con il medesimo gusto e raffinatezza dei cibi che si depongono sugli altari in onore degli dei. E’ anche fondamento religioso che il cibo deve essere bello cioè ben presentato, non abbondante perché volgare, disposto su ampi piatti di porcellane e di lacche con figure di deliziosi paesaggi dai colori contrastanti e d’effetto. Nei ristoranti, solitamente le pietanze vengono cucinate su un’ampia piastra d’acciaio con fuoco e gas. Tutto in bella vista con un cuoco (e, a volte, anche una geisha) al servizio esclusivo di due o più commensali raccolti attorno al tavolo-cucina. Scena che rallegra e dà tono alla <<festa del pranzo>>. E’ una vera e propria arte quella della preparazione nella quale è indispensabile, per il giapponese, esprimere l’essenziale. Una esecuzione fata di prescrizioni estetiche che contemplano un rigore etico nella millenaria ricerca esasperata dell’equilibrio, della perfezione. Da alcuni decenni, con l’evoluzione e lo sviluppo dei contati con il mondo continentale, l’uso delle carni è apparso sulle tavoli giapponesi, con una certa limitazione. Tipico piatto è il teppanyaki, bistecca alla piastra disossata cotta a cubetti con salse piccanti, carne degli allevamenti bovini di Kobe.La predilezione del giapponese, popolo di pescatori, va al pesce , anche crudo. Il sashimi, grande ghiottoneria, è un antipasto: pesce crudo tagliato a fettine, immerso nell’aceto, nel wasabi con, sopra, il pesce a fettine servite sulla particolare tavoletta di legno chiaro. E’ la colazione preferita. Richiede, per ottenere l’indispensabile diploma di <<maestro di sushi>>, qualità artistiche, conoscenza profonda dell’anatomia di tutti i pesci, un’applicazione ultra decennale solitamente dai quindici ai venticinque anni: tutto perché al cliente sia appassionante la lavorazione nella più straordinaria rapidità ed eleganza di movimenti. Nascono così le famose figure di sushi: il Tako dal polpo; l’Ika dalla seppia; l’Ebi degli scampi; l’Odori-sushi dal gambero vivo; il Tara dal branzino; il Touru con la pancia del tonno; lo Shibi-maguro con la parte grassa del tonno; il Fugu-sushi dal pesce luna o pesce palla. Per quest’ultimo il cuoco deve possedere una speciale autorizzazione perché il fegato e l’ovaia del pesce contengono una sostanza tossica terribilmente letale. Una minima distrazione ed il cliente stramazza fulminato. Ogni anno si lamentano diverse vittime nonostante le precauzioni. Il Tempura è una frittura di pesci e verdure: sogliole, gamberoni, seppie, melanzane, zucca, carota, radice di loto e fagiolini. Viene servita in cestino di bambù o di lacca con salsa di soya in brodo, sakè e ramolaccio.Il Kabayaki, anguilla alla brace. L’Ika-sukeyaki, calamari alla griglia. Il pesce si consuma crudo per evitare il più possibile la <<contaminazione>>. Della carne, come già detto, se ne fa poco uso anche se gli allevamenti dei bovini stanno ora assumendo considerevole importanza con le <<invenzioni>>… che i giapponesi ci sanno offrire: massaggio delle bestie affinché il grasso si espanda solamente nel muscolo in frammenti quasi invisibili; abbondanti bevute giornaliere di birra che dà un sapore segnatamente-gradevole ed eccezionale morbidezza alle bistecche! Tra i più importanti primi piatti troviamo il brodo guarnito solo da alghe marina o il brodo di alghe marine e tonno essiccati con ingredienti di stagione (funghi, spinaci,cetrioli, vermicelli, vongole, ostriche). La minestra solida (oyiya) fatta di uova, verdure e riso. Il Yakimeshi, riso fritto; il Kyogammo, polpettine di verdure con gamberi e soya; le melanzane ai ferri ripiene di pollo macinato (masu soboro). E riso, tanto e sempre riso bollito sia per accompagnare minestre o secondi piatti, sia all’inizio ed alla fine di ogni pasto. Riso che sostituisce, anche, completamente il pane.
I nostri ragù che fanno impazzire per bontà il mondo intero (spesso negli Stati Uniti si organizzano voli charters per la partecipazione delle massaie ai convegni sulla cucina bolognese), sono odiati dai giapponesi che rifiutano… <<l’unto>>. Anche noi (e con quanta ragione!) riteniamo per lo meno… sconvenienti… alcune loro… leccornie che, in verità, ritroviamo solo in appositi ristoranti, esclusivi per determinare cibi. Cioè: arrosti di scimmie e di cani; fritto di cervella di scimmie; larve di api; cavallette fritte; pesci da mangiare vivi; ovaia di branzino e… dulcis… genitali di galli, maiali, tori. Il dessert in Giappone è poco in uso: è sufficiente un macedonia di stagione o qualche gelatina di frutta. Ogni regione ha le sue specialità per quanto offre la natura. Kyoto è famosa per i funghi e per i germogli di bambù. Hokkaido per le zuppe di pesce. Kobe per la carne bovina. Tutta la montagna per le saporite, uniche, trote di torrente. Il Giappone adora la birra che conosce da un secolo, allora importata dalla Germania, ma pasteggia per tradizione a sakè, distillato di riso fermentato, a 17/18 gradi, servito caldo in piccole tazze di porcellana. Usa anche il Shochu, più forte del sakè, distillato dal miscuglio di cereali diversi e di patate. E, per finire, il tè. Non si usano le posate, ma le bacchette orientali che alla fine del pasto vengono riposte – parallele, mai incrociate – sull’apposito supporto in ceramica. Le bacchette sono di legno o ceramica: quelle d’avorio servono, in Giappone, per raccogliere le ossa dei defunti nei riti funebri. Fuori del Giappone, per esempio se capitate a Singapore, prenotate al ristorante Mino-Q del King’s Hotel. Il cuoco a vostra disposizione per l’intero pranzo, sarà uno dei sei giovani chef che da anni, con signorile affabilità tanti sorrisi ed inchini, vi renderà ricordevole la serata. Il menu è vasto. Scegliete pure con massima tranquillità senza pericoli di… leccornie. Quanto ordinato vi verrà presentato, crudo, su un carrello porta vivande ornato di fiori con arte ikebana e, poi, cotto, con arte Shintoista, sulla piastra davanti a voi, con fragranza e pulizia raffinata. Granchio della Groenlandia; salmone fresco; gamberoni; zuppa di pesce; germogli di soya o fagioli; delicato consommè di vitello; carne di Kobe; molte salse non piccanti e gradevoli. Il dessert segna il trionfo delle crepe-suzette alle marmellate, al gelato, alla frutta tropicale. (E poi c’è chi afferma che dopo un pranzo giapponese senti ancora il languorino dell’appetito!). Ho visto campioni del mammismo culinario italiano – quelli che senza pane e spaghetti per pochi giorni all’estero temono di morire – divorare con entusiasmo ogni portata, affascinati anche dall’animazione, rapidissima, perfetta, elegante, di affilatissimi coltelli roteanti in vera fantasmagoria.
Il SUSCHI FAI DA TE
Preparare il sushi non è facilissimo, ma niente paura, basta armarsi di pazienza e soprattutto di tanta manualità!
Ingredienti per 8 persone
1/2 porzione di riso per sushi
(vedi di seguito la preparazione)
1 kg di pesci assortiti (tonno, salmone, orata, gamberi uova di salmone, piovra)
1 cucchiaio e 1/2 di wasabi in pasta
1 cucchiaio di aceto di riso
2 fogli di alga nori
scaglie o striscioline di ginger all’aceto
2.5 dl di salsa di soia chiara
Riso per sushi:
1 kg di riso bianco a chicchi piccoli
1 l di acqua
1 quadretto di 7.5 cm di alga konbu
1.5 dl di aceto di riso
1 cucchiaio di sake
50 g di zucchero
3 cucchiaini di sale
Tempo occorrente 1 ora e 30 minuti
Preparazione: Riso per sushi
Dopo aver lavato il riso, aggiungi l’acqua e il kombu (alga); tieni in ammollo per 30 minuti e poi rimuovi il konbu. Quindi, aggiungi il sake con gli altri ingredienti e procedi con la cottura.
Sushi
Con le mani inumidite di acqua leggermente acidula, mescola in una ciotola l’aceto di riso con un po’ di acqua fredda. Prendi una porzione di riso grande come una grossa noce, schiacciala nel palmo della mano in modo da darle una forma ovale. Spalma del wasabi su ciascun nigiri sushi e quindi aggiungi il ripieno. Quando le polpette di riso sono pronte, spalma del wasabi sul lato inferiore di ogni pezzo di pesce o di frutto di mare, poi appoggia sul riso premendo leggermente (per seguire l’estetica giapponese i vari nigiri sushi dovranno avere tutti la stessa forma con il ripieno leggermente sporgente dai lati). Disponi i nigiri sushi su un piatto, accompagnati dal ginger all’aceto e dalla salsa di soia. Per completare, prima di gustare il sushi, intingilo nella salsa di soia.
BUON APPETITO! ITADAKIMASU!