Randori: considerazioni per un allenamento specifico

Come insegnante ammettendo alla pratica qualsiasi allievo si presenti, senza fare alcun conto delle caratteristiche fisiche e dell’età, è stato sempre più difficile accettare di non poter garantire, per ognuno,  i medesimi risultati in termini di efficacia e di crescita personale.

Come praticante il disagio di dover assistere ad embukai  dagli attacchi annunciati, ripetuti nel tempo identici a loro stessi, a volte poco credibili agli occhi dei praticanti di altre arti marziali, mi ha portato ad una riflessione tesa ad individuare i limiti concettuali e didattici di un simile insegnamento.

Negli ultimi tempi all’interno della associazione A.R.C.A, che per sua stessa natura è un’associazione di ricerca,  si sono sperimentate vari tipi di allenamento inerenti a tipologie diversificate di attacchi, comprese situazioni e momenti di stress estremo (Aikido Stress) che mi hanno ulteriormente convinto della necessità di procedere ad un approfondimento sistematico di tutti i fattori che entrano in gioco quando, ad un eventuale “attacco, si risponde con quella reazione emotivo- psicofisica che prende il nome di aikido.

Nello scrivere situazioni estreme mi rendo conto della perversità che caratterizza ormai il nostro lavoro, poiché la mancanza della indicazione annunciata del tipo di attacco e della direzione dello stesso non rappresenta una situazione estrema quanto, in tutte le altre Arti Marziali e nella vita reale, la più assoluta normalità.
Gli allenamenti tradizionali  hanno lo scopo di “abituare” il corpo ad una precisa risposta tecnica su una  precisa forma di attacco. In realtà, un minimo di onestà intellettuale è sufficiente ad ammettere che il dover andare con la mente alla più adeguata forma tecnica, può richiedere, in condizioni di tensione, un tempo eccessivo o le stesse condizioni ambientali o la posizione di partenza del corpo, possono impedire, una volta scelta, l’esecuzione della stessa.

Il movimento del corpo dovrà perciò essere funzionale al punto di contatto con il nostro compagno/avversario e non al tipo ed alla dinamica dell’attacco, in relazione al quale il corpo dovrà realizzare lo spostamento utile a guadagnare l’angolo  di risposta per la creazione di un asse di lavoro  possibile.
La mia scelta è quella di finalizzare l’allenamento ad abituare il corpo, che dovrà metabolizzare e non acquisire questo genere di risposta.

La presentazione individua gli elementi sui quali poter lavorare per preparare il corpo alla imprevedibilità di un attacco, tali elementi sono quelli costitutivi della disciplina aikidoistica e cioè i fattori che rendono efficace e che differenziano l’aikido dalle altre discipline marziali e dunque: il controllo della emotività, la capacità di produrre rapidi spostamenti del corpo che guadagnino angoli di reazione efficaci, la capacità di disallineare il corpo dell’avversario facendo  a meno della forza  di un fisico giovane da culturista acrobata e,  ciò che più di tutto produce una crescita nell’individuo, il controllo – sacrificio del proprio ego – che nel caso specifico, non si traduce in un ammasso di inutili e soporifere parole, ma nella capacità di realizzare l’evento aikidoistico senza produrre alcuna sensazione nel contatto e nella localizzazione della  posizione dell’asse di lavoro, fatto che priva uke dei  riferimenti spaziali utili a produrre una reazione.

E’ nello spirito della associazione A.R.C.A. condividere con gli altri il risultato del proprio lavoro nella speranza di produrre un dibattito  fertile e creativo come è nella tradizione della cultura italiana, ed è con questo animo che sottopongo agli altri le mie proposte di lavoro ed il punto del mio percorso aikidoistico e soprattutto di insegnante .

Luigi Branno

Un viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi.
Andrea Pazienza



10 commenti

  1. Marco wrote:

    E’ un sollievo ,Maestro Branno, vedere finalmente bandite certe espressioni quali ki e certe ipocrisie quali shomen ikkyo omote con acclusi gli auguri di Natale. Complimenti, un’analisi scientifica, un lavoro onesto.

  2. Alessandro wrote:

    Ho trovato molto interessante questa specie di rivoluzione copernicana: si parte dal contatto e dal tempo e non dalla tecnica che si deve fare. Un punto di vista molto differente, da approfondire.

  3. Diego wrote:

    Che dire? Ovviamente non mi sento di dare un giudizio tecnico, però credo che noialtri siamo abbastanza fortunati. Anzi, direi viziati – ad avere dei maestri così, intendo.
    A voler entrare più nel merito, è interessante che da un lato c’è una sistematizzazione molto rigorosa, prettamente occidentale, direi, mentre dall’altro mi sembra che in questo modo l’insegnamento si avvicini di più ad un aikido di tipo zen.
    E poi, sul tatami, è molto più divertente questo tipo di lavoro.

  4. Gabriele wrote:

    Questa è la strada giusta.
    Io non posso che condividere e continuare a dare man forte a questo tipo di “nuova” visione

  5. Ciro wrote:

    Interessante il discorso di voler accettare chiunque in un dojo, ma secondo il mio modesto parere, soggettivamente alle capacità di ogni allievo, bisogna dare la possibilità a tutti di avere le stesse capacità. Questo perchè l’Aikido deve poter diventare una filosofia di vita per tutti i praticanti.

  6. Angela wrote:

    Potresti Ciro, per cortesia, chiarire meglio il tuo pensiero?

  7. 100ma wrote:

    Aveva ragione il maeastro Igoro kano quando entrato nel dojo del fondatore
    dell AIKIDO maestro Ueshiba Morihei affermò che questa è l’arte marziale dell’
    amore che cercavo. Continuate a diffondere l AIKIDO e grazie di vero cuore per
    l’impegno e la professionalita che profondete. UN simpatizzante di questa via
    meravigliosa che è l AIKIDO.

  8. Gianni wrote:

    Allora a questo punto non si pratichi piu’ l’aikido, non credete? si va a praticare wing tsung o altri sport da combattimento reale, a volte sapete, mi fa sorridee certi atteggiamenti che noto fra gli aikidoki, ad es, essi credono che posizionandosi di fianco al compagno in tenkan-ho correttamente, sia totalmente in posizione scura . Ma lo sapete voi aikidoki che si puo’ colpire di testa? esistono calci ai legamenti dati di fianco? le ginocchiate? le gomitate ecc??? calci dati da un potenziale uke mentre cade da dietro ad esempio? vedete, a volte sconfinate nella difesa personale…..quella, lasciatela a quelli della moay tay, wing tsung ecc….

  9. marco wrote:

    In effetti un bersaglio fermo, “posizionato” anche se con un maestoso tenkan, è estremamente facile da colpire, di testa, di piedi, di gomito.. .anche se, mi permetta, .. è per me estremamente difficile, figurarmi un qualunque esperto aikidoista fermo e posizionato. Non credo inoltre, Sig. Gianni, che sia possibile reperire in giro aikidoisti così ingenui da ignorare i colpi da Lei elencati mentre la difesa personale è un utilizzo non una vocazione….come a dire… nelle circostanze…Ogni disciplina privilegia particolari strategie e punti di forza, l’aikido scegli i modi e le soluzioni proposte in modo sintetico nelle linee guida dell’articolo. Avremo dunque una giusta distanza, un particolare stato emotivo, una spontanea capacità di modificare l’assetto, nel senso dell’equilibrio di chi ci è di fronte, legata al giusto timing ed una corretta scelta dei punti di applicazione. Non la biasimo, gli allenamenti tradizionali forniscono spesso immagini distorte del lavoro e delle finalità dei praticanti di aikido, lo scopo dell’articolo credo sia anche questo: auspicare un cambiamento nelle metodiche di allenamento sulla base di considerazioni desunte dall’esperienza di tatami e di strada e di fornire un supporto teoretico, scientifico universalmente conoscibile e riconoscibile, alle forme o modelli tecnici, di volta in volta applicati.

  10. [...] rilevante e che sia invece opportuno allenare il corpo in termini di “punti di contatto”   (m° Luigi Branno – Randori: Linee Guida). Il vantaggio credo consista nello sfoltimento di tutte quelle considerazioni che significano un [...]

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