Baarìa

Baarìa è il nome in dialetto baariota di Bagheria, la città alle porte di Palermo dove il regista Giuseppe Tornatore è nato e vissuto.
Il film racconta la storia di Peppino (Francesco Scianna) e di Mannina (Margareth Madé), il loro amore, le vicende della loro famiglia, dei genitori, parenti, figli, ma anche di semplici conoscenti.
Una storia che inizia durante il fascismo per arrivare agli anni Ottanta, con una sbirciatina ai giorni nostri nell’originale e splendido finale.
La vera protagonista della pellicola, però, è proprio Bagheria, ricostruita da Tornatore in Tunisia sulla base dei suoi ricordi, delle testimonianze e dei filmati dell’epoca, una Bagheria che nel corso dei 150 minuti del film cambia sotto gli occhi dello spettatore, che vede aumentare le case, pavimentare le strade, modificare le insegne (il “Cinema Littorio” che diventa “Cinema Vittoria”).
E crescono i personaggi, da bambini ad adolescenti, da adulti ad anziani, si susseguono le generazioni e tante storie si intersecano tra di loro, tanti personaggi fanno capolino in questo film che rovescia i canoni classici, secondo cui le star sono i protagonisti e gli sconosciuti i personaggi secondari.

Era costruito apposta “Baarìa”, nato per vincere tutto: il festival di Venezia, una manciata di Golden Globe e di sicuro l’Oscar come miglior film straniero. Chi altri sennò? E’ un kolossal italiano come non se ne erano mai visti: 28 milioni di euro per ammissione dei produttori (Medusa più Tarek Ben Ammar) senza contare le varianti in corso d’opera e quelli spesi per il lancio. E poi giù numeri: 25 settimane di riprese, 12 mesi per ricostruire il paesino in Tunisia, sei ettari di set, un super cast con 63 attori professionisti, 147 non professionsti, 30 mila comparse… insomma tutto lo star system italiano più i volti da esportazione tipo Monica Bellucci. Per non parlare delle musiche firmate dall’Oscar Morricone che di certo non si è risparmiato. Sono cose che avrebbero dovuto colpire lo spirito pragmatico d’America.
E su questo, un affresco a tinte forti di quell’Italia pittoresca e genuina da cui arrivano spaghetti, pizza e belle donne.

Ci si mise pure il Cavaliere a benedire il film prima del debutto a Venezia, definendolo un capolavoro in quanto vi aveva visto la storia di un comunista deluso dall’Unione Sovietica. Lettura tutta sua, ma che nella deep America che rimpiange la guerra fredda poteva dare i suoi frutti. Invece niente. Niente Venezia, niente Golden Globe e ora l’ultima umiliazione. Fuori persino dalla preselezione degli Oscar.

“Baarìa” salutato dall’imponente tam tam dei media berlusconani come il film che avrebbe riportato all’Italia il massimo premio mondiale, non perde solo l’ingresso in cinquina, ma anche la faccia. «Il cinema italiano è sfortunato e l’Academy ingiusta», gridano i supporter. Ma la sfortuna stavolta non c’entra. C’entra il fatto che “Baarìa” non ha funzionato. E non solo all’estero.

Bovino sgozzato in”Baarìa”

Tornatore poteva avvalersi di qualche finzione scenica? di Oscar Grazioli.  C’è un filo d’ipocrisia o le proteste sono assolutamente sincere? Mi riferisco al film di Tornatore Baarìa dove un animale sarebbe stato ripreso mentre viene ucciso in maniera cruenta. Si tratta esattamente di un bovino che viene abbattuto come purtroppo tante volte ho visto fare anni fa nei mattatoi, conficcandogli un punteruolo sulla fronte per poi recidere i vasi del collo. Mentre il sangue esce copioso, le persone che contornano l’animale lo raccolgono in appositi recipienti. La Lav ha denunciato ai media l’episodio e anche alcune associazioni di consumatori hanno invitato la gente a disertare le sale cinematografiche dove si proietta il film del famoso regista italiano.
“Col film Baarìa siamo tornati di colpo indietro di 50 anni, quando per girare i western si uccidevano i cavalli facendoli realmente cadere da scenografici dirupi” denuncia Valentina Coppola, responsabile della sezione ambiente del Codici di fronte alla truculenta uccisione del bovino avvenuta apposta per il film di Tornatore.Il movimento per i diritti dei cittadini che contempla, all’interno della sua missione anche la difesa del benessere animale, è il più duro, nella denuncia di questo fatto che pare riportarci indietro di decenni, quando non esisteva la pistola a proiettile captivo e i bovini venivano abbattuti con colpi di lame rigide e taglienti assestati dietro al collo tranciandogli il midollo spinale. “Non sono effetti scenici” continuano i portavoce del movimento “è tutto vero, reale”. Non ho ancora veduto il film, ma ho visto parte della scena incriminata nel trailer e sono certo che quanto sostenuto dal Codici e dalla LAV corrisponda a verità. Nessun effetto scenico. Peraltro, per aggirare le normative italiane sul maltrattamento degli animali, Tornatore ha fatto girare la scena in Tunisia dove di leggi sul benessere animale non c’è neanche l’ombra. Anche il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, ha dichiarato alle agenzie di avere chiesto un approfondimento di questa scena che, se risultasse veritiera, potrebbe dare origine al sequestro della pellicola sul territorio nazionale.



14 commenti

  1. Francesco wrote:

    Non andrò a vedere questo film. Ho appreso da vari comunicati, dichiarazioni e notizie circolanti in questi giorni che nel film Baaria, presentato nell’ultimo festival di Venezia, c’e’ una scena in cui un animale (un bovino) viene ucciso e sgozzato appositamente per “esigenze di copione”.

    http://www.corriere.it/animali/09_settembre_24/bovino-sgozzato-accuse-tornatore-baaria_371d8a6e-a906-11de-aaa2-00144f02aabc.shtml

    In Italia quella scena non si sarebbe potuta realizzare (il film e’ stato infatti girato in Tunisia), e ci si chiede perche’ il regista, volendo rappresentare un “atto efferato” non sia ricorso alle tecniche digitali. Il Sottosegretario alla Salute Martini dichiara su La Stampa che il fatto è gravissimo e che “Una produzione cinematografica italiana deve rispettare le regole vigenti nel proprio Stato, in Italia come obbligo giuridico e allestero come obbligo morale”. (Uccisione toro in “Baaria”, Martini: “Verificheremo i fatti”)

    Si tratta di una prima risposta alla valanga di proteste contro il film, giunte non solo da ambienti animalisti ma anche da semplici cittadini e associazioni di vario genere. Il problema, tuttavia, non è solo di legalità o meno, ma consiste proprio nel fatto di aver ucciso appositamente un animale, tra atroci sofferenze, solo per la realizzazione del film.

    C’e’ una scena in “M” (F. Lang, 1931) in cui il pedofilo assassino interpretato da un magistrale Peter Lorre uccide una sua vittima. Si vede la bambina giocare a palla sul marciapiede, l’ombra del maniaco che si avvicina, lei che lo segue dietro una siepe, e poi la palla che rotola sul selciato…

    La lama del coltello, la tenda che si apre, l’urlo, il sangue che cola nello scarico della doccia nei 45 secondi della scena clou di “Psyco” (A. Hitchcock, 1960) come innumerevoli altre sequenze celebri, ci danno la misura della potenza del linguaggio cinematografico nel rappresentare il terrore e la violenza anche piu’ brutale senza far ricorso ad essa. Lo schermo che si colora del sangue finto di tanti film lo possiamo giudicare di cattivo gusto, lo sgozzamento – reale – di un animale no, mai. E’ un crimine, morale se regista e produttore sono riusciti ad aggirare le leggi, un crimine giuridico se si appurera’ il contrario.

    E’ un fatto gravissimo che un regista affermato come Tornatore abbia scelto deliberatamente di massacrare un animale senza nessun’altra ragione che una pretesa esigenza artistica.

    E’ sconcertante che tra la pletora di giornalisti, “colto pubblico” e critici che hanno assistito alla presentazione del film a Venezia, non ce ne sia stato uno che si sia “accorto” di questa scena, che si sia chiesto se si trattava di una finzione o meno. Tutto normale massacrare animali in nome della cosiddetta “arte”?

    E’ di pochi giorni fa la sentenza che ha condannato quei due teppisti in Francia per aver appiccato il fuoco a un povero randagio. Li’ erano due ragazzi, giovani, ignoranti e stupidi, qui, invece c’e’ un uomo maturo, affermato, un “intellettuale”.
    http://www.corriere.it/animali/09_settembre_16/mambo_cane_bruciato_vivo_abd48bb2-a2b9-11de-a7b6-00144f02aabc.shtml

    Ci sono sceneggiatori, operatori, macchinisti, fotografi, tecnici, e decine e decine di addetti, i responsabili della produzione che hanno programmato, contrattato e saldato il conto per quel povero animale cui e’ stato piantato un punteruolo in testa e tagliata la gola.

    Il cinema e’ comunicazione, e un regista “sa” come comunicare, conosce il peso e l’efficacia di una inquadratura. Puo’ non importargli che quella scena veicoli un messaggio di violenza contro gli animali, ma non puo’ non rendersene conto.

    Anche per questo la violenza su quell’animale commessa da Tornatore e dalla produzione del film e’ infinitamente piu’ grave della violenza commessa da un deviato, da un balordo qualunque.

    Questo film merita solo di essere boicottato e a questo regista deve andare tutta la nostra condanna.

  2. maricla wrote:

    http://blogs.sdf.unige.it/wordpressMU121/s2918853/ visitate questo sito e poi lasciate un commento.. nel nostro paese le leggi contro la violenza e l abbandono di animali sono state inasprite, ma pochi le rispettano,, tornatore ha commesso, in fondo, il crimine minore. ma perchè nessuno si ribella sul serio!? comunciamo dall’educazione, dalla diffusione di una cultura animalista e del rispetto. considerando che nessuno si occupa di stragi sul lavoro o di mattanza di esseri umani solo perchè migranti e soli.. o di barboni dati alle fiamme.. diamoci da fare, ma sul serio..non basta boicottare un film..

  3. Angela wrote:

    ….e perchè, di grazia, Tornatore avrebbe commesso il crimine minore? Hai detto bene…cominciamo dalla cultura…e cosa Tornatore dovrebbe fare se non produrre cultura e sensibilità.?..può essere questo il giusto modo? Non si può dare agli altri il bello ed il buono se questi non ci appartengono in prima persona e produrre il cruento ed il sensazionale sgozzando bestie non è proprio la dimostrazione del massimo delle capacità e fantasia di un regista. Un’altra cosa…io non sono d’accordo nel produrre una graduatoria delle atrocità, se un fatto è esecrabile rimane tale anche se di fianco ho il clandestino che viene respinto in mare. Io credo invece , Maricla, che sia sufficiente boicottare un film…esattamente come è sufficiente gestire in modo corretto i propri rifiuti, il risparmio energetico, il rispetto delle norme…in prima persona il rispetto per il prossimo….Il buon Troisi diceva…ricomincio da tre…io comincio da me.

  4. elvira wrote:

    grazie Maricla per la segnalazione:) è davvero molto interessante quel che ho letto su:
    “VITA da CANI
    Se è vero che tra tutti siamo gli animali più intelligenti…dimostriamolo!”
    http://blogs.sdf.unige.it/wordpressMU121/s2918853/

    spesso sappiamo solo predicar bene e razzolar male;) così come crediamo che basti spazzare il giardino per diventar illuminati:D

    ringrazio e saluto con affetto e stima la redazione. mi complimento anche per gli eccezionali video inseriti e per gli articoli sempre interessanti;))

  5. Penelope wrote:

    Certe piccole menti si fanno scudo regolarmente delle morti sul lavoro, della fame nel mondo o della tratta di esseri umani, nel momento in cui si tratta di guardare dritto negli occhi un affare disgustoso. Un “piccolo ” affare puzzolente e nauseabondo. Che però è come un faro puntato sulla mediocrità di certe personalità, dei loro estimatori e di chi non si stupisce. Anzi, disinvoltamente cambia discorso. E come per miracolo, improvvisamente sembra accorgersi che in Spagna ci siano le corride, che in Romania si sterminino atrocemente i cani randagi, le le famose pinne di squalo ecc. ecc.
    Che fa tanto chic.
    Scopre un sito web sanguinolento e grida allo “scandalo”. Ma non ha ancora pronunciato le ultime due sillabe “…dalo” , che già pensa ad un’altra cosa. E a questa, di cose, non penserà mai più.
    La povera bestia, intanto, è stata scelta tra mille, per mettere in scena la Sua Personalissima Interminabile Agonia, per procurare il brivido neo-realistico alla signora tarmata in prima fila. Che ha l’alito che sa di pizza alla marinara e birra. Che guai un mal di testa. Che ha l’anima nazista. E non lo sa.
    Non avrai i miei soldi. Tu vuoi parlarmi in questa lingua? Io non ti ascolto. Anzi, lievemente ti mando pure a quel paese. L’eufemismo è d’obbligo, ma vi ho scritto nella mente, lo so.
    Si boicotti Tornatore. Segnale secco. Deciso. Non servirebbe nemmeno raccomandarlo.
    Come da moltissimi anni le persone dalla sensibilità non “solo all’occorrenza”, boicottano regolarmente il turismo in Spagna.
    Saluti

  6. Diego wrote:

    Scusate, ho visto il film di Tornatore, e trovo che sia un gran bel film. Una delle maggiori pecche che ci ho trovato, semmai, è il ricorso eccessivo ai grandi nomi, la carrellata di volti noti che sono inseriti giusto perchè sono noti. La scena del toro sgozzato?… Beh, ognuno può boicottare quello che gli pare, è ovvio, e anzi è giusto farlo. Per quanto riguarda me, ricordo che quando mia zia uccideva una gallina, l’appendeva a testa in giù, la sgozzava e aspettava che si dissanguasse (in verià non lo faceva lei, perché non ne aveva il cuore, ma chiamava qualcuno per farlo). Io ricordo questa scena come una delle più vivide della mia infanzia: la osservavo con un misto di compatimento ed eccitazione, e credo che sia qualcosa che si avvicini al sentimento del sacro. Se fossi un regista, non credo che ricorrerei al digitale per rappresentare quello che è un’immagine così legata alla mia infanzia. Il mondo rurale non conosce l’animalismo. E credo che Tornatore abbia voluto solamente rappresentare questo paesaggio dell’anima della sua infanzia.
    Io sono contro le violenze sugli animali – e se è per questo anche sui vegetali… Però penso che se uno vuole boicottare Tornatore dovrebbe boicottare di conseguenza in primis il supermercato, perché il prosciutto, che tanti cittadini – e mi è capitato di incontrarne – non associano nemmeno al maiale, è frutto di una violenza seriale ben maggiore del sacrificio di un toro. Qui non è tanto questione di arte: io credo semplicemente che ci sia molto maggior rispetto nel sacrificare un toro che non nel comprare chili di carne macinata, solo che qui c’è il cellophan e la carta assorbente, e lì il sangue si vede.
    Francamente non sopporto il tipo di ragazzina che diventa vegetariana (e, lo voglio sottolineare, monocoltura e anticrittogamici sono una violenza nei confronti dei vegetali) solo perché ha visto il capretto spellato nel frigo prima di essere cucinato. Personalmente preferisco non boicottare Baaria per questo, e piuttosto denunciare un sistema che è basato sullo sfruttamento irrispettoso dell’intero pianeta a fini di lucro, a fronte del quale sarebbe molto meglio tornare a un tipo di economia rurale in cui si beveva il sangue del toro sacrificato in un misto di rispetto e superstizione.
    Un saluto a tutti

  7. Angela wrote:

    Diego …non posso crederci…hai scritto una serie di cose destabilizzanti…bizzarre…grottesche…auspichi un ritorno alla superstizione…misto di sacro e terrore…ti eccita il ricordo delle galline sgozzate…giustifichi un inutile atto di crudeltà perchè la celebrazione di un ricordo di infanzia di quel …poco dotato di mezzi mentali ed espedienti tecnici che è Tornatore….lo avevo pensato per scherzo…ma ora mi tocca scriverlo…speriamo che a Tornatore non venga in mente di fare un film sulla pedofilia…servirebbe in quel caso una dodicenne da sacrificare….ed in tal caso … per carità Diego……non scandalizzarti…

  8. Diego wrote:

    Vabbè, ognuno crede a quel che preferisce… il mondo è bello perché è vario, come si suol dire. Destabilizzanti o no, ho scritto quel che penso, e ovviamente non credo che sia il punto di vista assoluto.
    Solo un paio di annotazioni: riguardo alla superstizione, credo che la nostra società ne sia piena, con i suoi miti e le sue false credenze, morali, etiche, politiche e quant’altro, con l’aggravante, però, che noialtri ci crediamo gli unici veri portatori della verità e perfettamente liberi dalla superstizione. Riguardo alla pedofilia… beh, ne passa un pò tra un bovino che la nostra società destina molto allegramente al macello e un bambino che vorremmo difeso nella sua dignità di essere umano – non credo che sia proprio la stessa cosa. Ma in verità, mi sembra che il problema, più in profondità, sia semplicemente lo scontro tra diverse visioni del mondo. La questione è il relativismo culturale. E’ difficile riuscire a districarsi tra l’esigenza di imporre i propri giusti valori, e il diritto che vorremmo riconoscere agli altri di averne di completamente diversi.
    Io non mi scandalizzo, figuriamoci, e trovo che sia assolutamente legittimo protestare per una scena del genere, se si sente il dovere morale di farlo. Scandalizzarsi però del contrario mi sembra una posizione di superiorità morale che richiederebbe quanto meno una più attenta disamina delle proprie superstizioni e delle proprie credenze. In fondo era solo questo che volevo sottolineare: si tratta di far dialogare due mondi, quello rurale che pure ci appartiene in quanto cultura collettiva e quello cittadino, con le sue pretese di progressismo e giustezza morale.
    Chi poi voglia boicottare il film, denunciarlo, trascinarlo in tribunale, è ben libero di farlo. Come dire, chi è senza peccato…

  9. Angela wrote:

    Hai ragione tu ,Diego….è questione di avere sensibilità differenti…..allora tu continua ad avere brividi di piacere ed a suggestionarti alla vista di un paio di galline sgozzate….ed io continuerò a non mangiare l’agnello a Pasqua…a far ricorso alle proteine di origine animale per lo strettissimo necessario….a non indossare inutili pellicce ….considerata la latitudine…..hai ragione…è questione di sensibilità…..ognuno ha la sua…….

  10. Penelope wrote:

    Diego scrive in maniera morbida e suadente. Sceglie i termini con cura. Pare quasi un discorso filosofico. Per esporre, invece, punti di vista che in fin dei conti mi sembrano piuttosto banali, se mi è permessa franchezza. Appare chiaro ai più, che vi sia una discreta differenza tra un bovino ed una ragazzina dodicenne. Appare altrettanto chiaro, forse a qualcuno in meno, che l’immagine era stata evocata per esprimere il concetto per cui, se si decide di “sdoganare” la brutalità, in qualsiasi sua forma, essa ha davanti a sé il terreno fertile per diramarsi in ogni direzione. Se un atto brutale è in grado di eccitare un animo, qual è il limite oltre il quale l’eccitazione si trasformerà in orrore? Esiste, questo limite? La Storia dimostra che, spesso, confine non c’era. L’iperbole utilizzata da Angela aveva lo scopo spingere all’eccesso il concetto, per delinearne i profili, per renderne gli spigoli taglienti. Perché essi stridessero, scintillando, nella nostra mente.

    Vero è pure che i bovini, anche in Italia, vengono destinati regolarmente al macello. Ma, non so come, certe analisi, forse solo frettolose, non sanno cogliere due aspetti piuttosto semplici, ossia 1) oggi come ieri moltissime persone, più di quante tu credi (dipende dagli ambienti che frequenti) evitano di mangiar carne, perché rifiutano l’idea del sacrificio dell’animale per il benessere personale; 2) comunque essendo l’Italia un paese relativamente civile, impone regole per l’abbattimento che limitano al massimo la sofferenza delle bestie.
    Infatti il Nostro, per girare la scena, ha dovuto recarsi all’Estero, dove si pratica regolarmente ciò che in Italia da molto tempo è REATO.

    Scrivi di “valori” diversi tra persona e persona. Che meritano comunque il rispetto. Qui si parla innanzitutto di “Pietà”. Per me, la “Pietà” non è un valore. E’ un moto dell’animo, che non si struttura. O si ha o non si ha. Chi non l’ha oggi, non l’avrà mai. Purtroppo. Inoltre, non è detto che io debba accettare necessariamente i valori propagandati da altri. Ci sono valori, come il principio della “superiorità della razza”, che hanno creato guasti inenarrabili e che quindi sarebbe stato ben giusto combatterli. I “valori” del Mostro di Firenze, che vogliamo fare? In quanto “valori” li vogliamo rispettare??? E perché no??? Ti stai contraddicendo, forse?
    Si parlava anche, in qualche modo, di “indecenza”, intesa non ipocritamente come “ciò che non si può dire o mostrare”, ma come “ciò che non può esser detto poiché non può nemmeno esser pensato, concepito”. La scena, che è VERA, è “indecente” non nel momento in cui documenta, o denuncia, ma nel momento in cui viene utilizzata come “decorazione”. Presupponendo una platea ricettiva all’idea della vera violenza come ornamento. Chi è allora veramente Tornatore? Con chi crede di avere a che fare??

    Fortunatamente il mondo rurale di cui scrivi non è tutto come lo dipingi tu. Quel tipo di mondo rurale, che tanto decanti, per fortuna è cambiato, si è evoluto anch’esso, per lo meno nel nostro Paese. Il mondo rurale cui ti riferisci era spesso anche il mondo dell’incesto, dell’ignoranza, della stregoneria, della prevaricazione all’interno delle famiglie e, appunto, della violenza. Per quanto mi riguarda non può essere portato come riferimento culturale. Preferisco un altro genere di modello cui ispirarmi, personalmente. In questo, piuttosto che no-global mi sento tanto tanto GLOBAL!
    Infine, il “chi è senza peccato….” con me non attacca. Ferma restando la nobile origine, ormai snaturata nell’espressione corrente, in genere permette solo di individuare, tra chi mi si rivolge, chi ha qualche grosso scheletro nell’armadio ed è in cerca di correi o di indulgenza. Fossi in te, l’eviterei.
    Ciao.

  11. Diego wrote:

    Scusatemi se ci ho messo tutto questo tempo a rispondere, ma per scrivere questo inervento me ne occorre un bel pò, perché a questo punto sono costretto ad essere prolisso. Potrei anche evitare di rispondere, però se sono stato frainteso in maniera così grossolana avrò pure qualche responsabilità: a dispetto dei complimenti di Penelope è evidente che la mia scrittura è stata piuttosto maldestra, se mi ritrovo dipinto come una specie di mostro famelico passatista e neonazista! E allora vi chedo un pò di pazienza, perché quanto meno vorrei chiarire la mia posizione. Vi chiedo scusa per il tono delle seguenti affermazioni, che potranno sembrare un pò fredde e saccenti, ma ho deciso di ricorrere ad una stesura di tipo spinoziano, more geometrico, per così dire, per essere il più esplicativo possibile nel tentativo di dipanare la matassa.
    Prima di entrare nel merito della questione, un paio di premesse:

    1° premessa: Internet è indubbiamente uno strumento diabolico. Manca, in queste discussioni, la possibilità di guardarsi in faccia. Si discute virtualmente, e pertanto l’elemento umano è semplicemente assente, mentre noi, che siamo esseri umani, facciamo necessariamente riferimento a delle persone. Sicché è inevitabile che uno tenda a riempire i vuoti mettendoci il proprio mondo interiore, come nelle immagini di rorschach, uno cerca di dar senso ad un’immagine più o meno completa a partire dai pochi dati che ha a disposizione, “completando” con la propria esperienza quello che non c’è. Il più delle volte, si fallisce. Questo è il motivo per cui non ho intenzione di scendere sul terreno dell’additamento reciproco. Io so troppo poco di Angela per farmi un’idea complessiva sulla sua persona, e non so niente di Penelope, né tanto meno di Maricla o Francesco e, se è per questo, nemmeno di Tornatore. Ragion per cui non mi permetto di dare giudizi su nessuno. E questo è il motivo per cui non mi sono rivolto a nessuno in particolare. Se ho mosso attacchi, l’ho fatto sempre solo a tipi ideali e a posizioni: voglio dire che attacco magari l’ipocrita, ma non mi permetterei mai di dire che tizio o caio sia un ipocrita, per il semplice fatto che non conosco né tizio né caio.
    2° premessa: il motivo principale per cui sono stato tanto frainteso è che stiamo parlando sostanzialmente su due piani completamente diversi, a quanto vedo. Laddove mi si dice “guarda bene, Diego, la parete è bianca, oppure nera, o gialla”, che so io, io vedo delle crepe e delle infiltrazioni. Io dico: “va bene, sarà bianca, gialla, o come la vedete voi, ma non è che magari è il caso di ridipingerla? – no perché a me pare che se ne cada a pezzi l’intonaco”. Fuor di metafora, a me non interessa difendere Tornatore, o dire che non è reato uccidere bovini, o che sia giusto scannare galline: a me interessa mettere in questione l’intero impianto animalista, non tanto per criticarlo in quanto tale, bensì per indicare quelle che a me sembrano delle incongruenze. E in ultima istanza, mi interessa vedere se l’intera parete della nostra società non si regga su fondamenta poco stabili, come a dire: se non sia il caso di chiamare l’idraulico prima che se ne crolli il palazzo (vabbè dai è coloristico, ma non è che sia poi così catastrofista…)
    3° premessa: bisogna distinguere l’aspetto morale da quello giuridico, e ancora questi due da quello etico. Sotto il profilo giuridico la questione relativa a Baaria è molto semplice: se Tornatore ha commesso reato, che paghi. Se è riuscito ad aggirare la legge, buon per lui. Sotto il profilo morale è tutta un’altra storia. Ma la morale è qualcosa che richiede un principio guida forte, un qualche dio, una fede. Ci vuole una forma di integralismo. E allora, che a condannare Tornatore sia Dio, o i suoi sacerdoti. Questo non vuol dire che io lo salvo. Semplicemente, il mio è un discorso amorale. Badate bene, per il moralista, amorale è sinonimo di immorale. Ragion per cui, chi di voi crede di essere un moralista, può tranquillamente risparmiarsi il prosieguo della lettura, e condannarmi a pié pari alla dannazione eterna. Me ne curo poco. Piuttosto, il mio discorso è amorale nel senso che non mi prendo la briga di stabilire il bene in senso assoluto, e non me la sento di giudicare nessuno sotto il profilo morale, perché dovrei avere uno sguardo tanto superiore da essere vicino a quello divino, per stabilire se qualcuno è davvero condannabile sotto il profilo morale (sì, signori, anche il mostro di Firenze, se permettete, posto che debba pagare – giuridicamente – per i suoi reati, dal punto di vista morale io lo lascio giudicare da Dio, una volta che se ne voglia postulare l’esistenza). Per dare un giudizio morale dovrei essere così consapevole di tutti gli aspetti che hanno condotto qualcuno a commettere simili nefandezze che dovrei essere io stesso lui, e francamente non mi va di tentare questo esperimento. Piuttosto, io parlo per me. E qui si passa sul piano dell’etica. Rispetto alla quale, si tratta di individuare – per sé – qual è il miglior modo di agire, sforzandosi di rimettersi sempre in discussione, a partire dagli assunti impliciti che la cultura e la società ci inculcano e di cui spesso non siamo coscienti, e individuando i punti critici di questa cultura e di questa società, invitando gli altri al confronto e al dialogo senza nessuna presunzione di verità né di giustezza. La morale mette capo all’integralismo. L’etica al pluralismo. Ecco, la mia è una posizione etica: in quest’ottica, io dico che a me non interessa giudicare l’operato di Tornatore (per questo ci sono i giudici), quanto piuttosto di capire dov’è che la nostra società eventualmente non funziona. Fermo restando, e su questo credo che sia stato sempre molto chiaro, che se uno crede di dover boicottare il film di Tornatore, è giusto che lo faccia, e io ne rispetto la scelta.

    Veniamo dunque al merito della questione (sì, finora erano solo le premesse!). Le principali incongruenze che mi sembra di scorgere nella posizione animalista prevalente sono le seguenti:
    1. Antropocentrismo. L’animalismo è mosso da un sentimento empatico che mi sembra sostanzialmente ingenuo. C’è tutta una gerarchia per cui si riconosce dignità più che altro a quegli esseri viventi che ci sono più affini, a quelli che hanno occhi per comunicarci il loro dolore, mentre si tende a dimenticare tutto il resto. Sotto questo aspetto, essere vegetariani mi sembra un’ingiustizia. A rischio di sembrar banali: una lattuga può essere mangiata solo perché non può fare gli occhioni tristi? Rispetto a questo, io la vedo così: tutti gli esseri viventi hanno diritto al rispetto e al riconoscimento della propria dignità. Sotto questo aspetto sono molto vicino al buddhismo. Laddove però trovo ingenuo altresì credere che non si debba uccidere nessun essere vivente. Perché è la vita stessa a renderlo inevitabile. Ragion per cui si dovrebbe piuttosto trovare un equilibrio: l’uomo dovrebbe uccidere e mangiare tutto ciò che gli permette di vivere e dovrebbe cercare di farlo nel massimo rispetto per ogni creatura.
    2. Eurocentrismo economico. La nostra società genera evidentemente dei mostri. A parte il fatto che lo fa materialmente, ricorrendo alla manipolazione genetica più fantasiosa, i mostri che qui ci interessano di più sono quelli economici. Per esempio, si fa un gran parlare del riso transgenico che dovrebbe risolvere il problema della fame nel mondo e si sottace il dato di fatto che, a rigor di logica, la fame nel mondo semplicemente non dovrebbe esserci, perché attualmente la produzione alimentare supererebbe del 30% circa il fabbisogno mondiale. Così come ci si dimentica che una fetta di carne equivale a circa dieci piatti di cereali, per quantità di foraggio destinato all’allevamento. E tuttavia, al supermercato conviene comprare un chilo di carne piuttosto che un chilo di riso (cavolo se non è un mostro questo?!). E allora la questione che mi pongo è questa: la stessa agricoltura industriale che per fortuna è subentrata alla vecchia economia rurale basata sulla violenza e l’ignoranza, non è a sua volta generatrice di una violenza e di un’ignoranza spaventose? Non stiamo in pratica barattando il benessere di milioni di persone per un’efficienza e un razionalismo che sono solo vuoti simulacri del più insulso interesse economico? Ed inoltre, rispetto a questa economia, non è forse possibile mantenere una posizione animalista solo fintantoché siamo al di qua della linea di demarcazione tra ricchi e poveri? Può uno che non riesce a trovare un pugno di riso (perché se lo stanno mangiando i nostri maiali) porsi il problema di farsi vegetariano? Questo appunto, si badi bene, non è un invito a mangiar carne, bensì un modo per allargare lo sguardo, sotto il profilo economico, e mettere in questione l’attuale sistema agro-industriale, a fronte del quale io auspico, non già un ritorno al ruralismo del padre-padrone incestuoso e violento, quanto piuttosto un superamento dell’economia consumistica in favore di un economia decentralizzata e localizzata in cui scannare il maiale a natale mette in moto tutto un insieme di rituali e lavori che fanno campare un’intera comunità.
    3. Anestetizzazione. Credo che la nostra sia una società che si stia anestetizzando sempre di più. Ed in maniera sempre più preoccupante. Si è imposta una culura della vita che finisce con il rovesciarsi in una vera e propria cultura della morte (a questo punto vale la pena ricordare come Roberto Esposito abbia dimostrato in maniera abbastanza interessante come la tanatopolitica del nazismo sia nata a partire dalla cultura della vita e della salute della sua biopolitica originaria). Sotto questo riguardo noi aborriamo la morte, aborriamo il dolore, abbiamo paura del sangue, rigettiamo ogni forma di violenza etc. Ebbene, io credo che sia il caso di mettere in questione questa cultura, non già per inneggiare alla violenza, alla morte etc., bensì per vedere se non stiamo piuttosto accelerando il processo entropico insito in questa anestetizzazione. Allora, tanto per dire, è vero che nell’attuale economia agro-industriale le mucche non vengono scannate e pertanto non soffrono, quando vengono uccise. Una mucca viene uccisa per mezzo di una macchina che le spara un colpo dritto al cervello. Fine della storia. Nessuna sofferenza. Niente sangue. E, dunque, rispetto? Dignità? Se questa è la fine della storia, risaliamo all’inizio: queste sono mucche che nascono per mezzo di una macchina, vengono nutrite da una macchina, vivono tutto il tempo in uno spazio che non permette alcun movimento e sono costrette a mangiare tutto il giorno, vengono munte da una macchina che le stimola in continuazione, generando varie infezioni e infiammazioni, muoiono per essere macellate ed essere riciclate il prima possibile da una nuova mucca-ingranaggio. L’assenza di sofferenza alla morte giustifica forse l’insensatezza e la totale mancanza di dignità (per non parlare delle sofferenze) di una simile vita? Di fronte a questo scenario io metto in questione la cultura che respinge il dolore in favore di una cultura della dignità. Rispetto all’attuale industria alimentare, io rivendico il vecchio mondo rurale, non per fare le bucoliche, ma perché mi pare che in quel contesto gli animali conducevano una vita molto più dignitosa, e mi sembra che questo vada recuperato.
    4. Cultura della vita. Allo stesso tempo, io rimetto in discussione l’intera cultura della vita, quando la vita diventa un valore assoluto. La generale anestetizzazione di cui dicevo, in favore di una totale pacificazione dell’esistenza con esclusione netta della morte, è la miglior via in direzione di una morte diffusa: la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. C’è una frase dei 99 Posse che trovo illuminante: “se tutto intorno è bene allora chi tutela il male quando il bene si prepara ad ammazzare?”. E’ questo il paradosso della cultura della vita. Cerco di spiegarmi: la repressione di ogni aspetto negativo della vita, a cominciare dalla morte e dal dolore, è, a mio avviso, la via maestra dell’esplodere della morte. Uno dei mostri generati dalla nostra società è l’idea che anche in nome di una sola vita umana si possa sacrificare l’intero pianeta. Ne conseguono mostri quali la guerra preventiva o l’eliminazione sistematica di quanti possono costituire una minaccia. A fronte di questo io rivendico una cultura organica del mondo, ovvero una visione della vita come di un continuum nel quale i singoli non sono che aspetti temporanei che partecipano al fluire costante della metamorfosi dell’essere, senza che nessun individuo possa avere la pretesa di assurgere a valore assoluto. Su un altro piano, l’assolutizzazione del bene, con conseguente repressione di ogni forma di violenza, è il miglior modo per far esplodere la violenza tutta in una volta. Credo piuttosto che si debba riconoscere il lato oscuro dell’uomo e della vita in genere e imparare a gestirlo, farne una risorsa, piuttosto che una minaccia. Solo così si può evitare il dilagare della brutalità, non certo fingendo che l’orrore non faccia parte del mondo. L’eccitazione (che è da tenere ben distinta dall’eccitamento) subentra ogni qualvolta i confini della quotidianità sono minacciati. Non credo che su un forum di aikido debba essere io a spiegare l’importanza di saper fare i conti con questa eccitazione per farla confluire in un’armonizzazione, piuttosto che temere ad ogni passo l’irrompere della brutalità dell’altro, rispetto alla quale magari armarsi di pistola. Ma per rimanere nel discorso sull’animalismo, io reputo che la violenza e la morte dell’animale siano preferibili alla razionalizzazione spersonalizzante della produzione industriale. Recuperare il sacro non vuol dire, per me, un dilagare della superstizione, ma assumere un atteggiamento di rispetto nei confronti della vita e del mondo che è andato completamente perduto nel corso di questa anestetizzazione. In parole povere, io credo che la nostra paura per la morte, il sangue e il dolore ci facciano preferire la morte seriale anestetizzata al rito sacrificale. Tra i due, a me pare più inquietante la prima.

    Concludo che, in effetti, dal mio punto di vista, la scena di Tornatore è il minore dei mali. E badate bene, non sto negando che sia un male. Semplicemente, credo che questa possa essere solo una scaramuccia, la vera battaglia andrebbe condotta su un altro terreno.
    E’ ovvio che queste mie considerazioni sono personali e, come tali, criticabili. Tutto questo “papiello” l’ho scritto unicamente per rendere esplicite quelle che nei miei precedenti interventi, erano affermazioni implicite, nel tentativo di render chiara la mia posizione. Voglio evitare il fraintendimento, non la critica.
    Detto questo, invito chiunque abbia ulteriori dubbi a prendere un caffé (offro io se volete), perché, messe da parte le lattughe, certe cose si possono capire solo guardandosi negli occhi. La fisiognomica, in certe cose, vale molto più dell’ermeneutica. Anche perché, se dovessi fare un ulteriore intervento, sarei costretto a scrivere un’opera in tre volumi (sì, è una minaccia…)
    Grazie a chi ha avuto la pazienza di arrivare fin qui.
    Un saluto a tutti.

  12. Angela wrote:

    Esiste un’altra possibilità :si chiama buon senso..caro Diego tu hai fatto un monumento in granito della frase: l’ottimo (irrealizzabile) è nemico del buono..qui si chiedeva semplicemente di boicottare il lavoro di una persona che ha strumentalizzato e spettacolarizzato la sofferenza di un essere vivente…non c’era bisogno di scomodare la teoria antropocentrica..l’eurocentrismo economico…sorvolo sulla tua frase..Se è riuscito ad aggirare la legge, buon per lui.che sa tanto di napoletano…chiedo scusa ai napoletani….sa di semafori attraversati con il rosso e motorini con a bordo tre persone senza casco compresi i bambini….è banale che un nostro piccolo gesto non risolverà i problemi del sistema che ha radici ben più salde..ma come ho avuto occasione di scrivere, cominciamo a gettare le nostre cartacce nel cestino dei rifiuti e non dal finestrino…con buona pace per la lattuga…..un’ultima annotazione….tutte quelle belle cose che hai scritto sulla vita come valore assoluto e sul fluire costante della metamorfosi dell’essere io credo tu li faccia valere per il vitello star del cinema…suo malgrado…non certo per te ed i tuoi cari…..e allora ritorniamo alla semplicità delle cose, che non è semplificazione delle stesse……ritorniamo al terrore ed alla sofferenza di una povera bestia…..

  13. Diego wrote:

    c.v.d.

  14. Penelope wrote:

    Rispondo a Diego: Angela ha dato voce ai miei pensieri. Perfino al mio identico senso di nausea davanti al “…se è riuscito ad aggirare la legge, buon per lui…”, asserzione che riflette un malcostume diffuso nel nostro Paese e, purtroppo, moltissimo a Napoli.
    Ringrazio per la Sua cura prestata nello scrivere il Suo intervento. Mi lusinga. Non credevo meritassimo tanta attenzione. Un carrarmato per sparare ad una mosca. Purtroppo, non sposta di un millimetro la mia opinione. Del resto, non ho mai visto nessuno cambiare opinione a seguito di un dibattito. I cambiamenti di opinione passano attraverso “la pancia”, cioè attraverso esperienze forti. Mai attraverso il cervello.
    Saluti

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