Arti Marziale e Solidarietà si può fare si deve fare
L’associazione Gaetano Galderisi organizza “Arti Marziale e Solidarietà si può fare si deve fare “Sabato 9 Maggio 2009 Presso la scuola media O.Conti di Fratte Lezioni di Aikido Karate e Kung Fu aperte a tutti Il costo della partecipazione è 10 euro.L’intero ricavato andrà a finanziare i progetti delle associazioni ONLUS YATRA e VIS
Congo: Progetto “Costruzione di case per sfollati, vedove e orfani”
Il Centro dei Giovani Don Bosco di Ngangi offre ai minori in difficoltà (bambini poveri, soldati, orfani, rifugiati…) una formazione educativa e professionale (scuole e laboratori di falegnameria, muratura e sartoria) e un posto per dormire, mangiare, vestirsi e curarsi. Per fare fronte alle prime necessità della popolazione locale il Centro Don Bosco ha promosso la costruzione di case di 30 mq ciascuna.
Le case sono state costruite dalla Associazione ex-allievi di Don Bosco, con la coordinazione dei Salesiani, l’aiuto degli assistenti sociali del Centro e la professionalità di un ingegnere congolese, Nestor Mukwege e poi donate agli orfani o alle vedove in maniera ufficiale.
CENTRE DES JEUNES DON BOSCO NGANGI – GOMA, R. D. CONGO
Progetto “Costruzione di case per sfollati, vedove e orfani”
Il Centro dei Giovani Don Bosco di Ngangi offre ai minori in difficoltà (bambini poveri, soldati, orfani, rifugiati…) una formazione educativa e professionale (scuole e laboratori di falegnameria, muratura e sartoria) e un posto per dormire, mangiare, vestirsi e curarsi.
1.Genesi del progetto
Nel gennaio 2002 l’eruzione del vulcano Nyragongo sommerge la città di Goma, distruggendo le case di migliaia di persone.
Nel 2003 il Centro accoglie circa 400 bambini malnutriti, una nuova sfida affrontata grazie alla presenza stabile delle Suore. Quasi tutte le famiglie dei bambini malnutriti provenivano da zone di combattimenti.
Era urgente dare a queste persone una nuova opportunità: una piccola casa di 30 mq è un inizio.
2. Chi sono i beneficiari
A. Considerando le famiglie dei bambini malnutriti, viene data la precedenza a quelle prive di uno o di entrambi i genitori.
B. Le famiglie sfollate sono state invitate a riempire un modulo presso il Centro. Finora si sono iscritte 420 persone. Anche qui la precedenza viene data alle famiglie più vulnerabili.
Solitamente ogni famiglia ha 5-6 figli.
3.Dove sono costruite le case?
Le case sono costruite o su terreni comprati dai salesiani del Centro e donati alle famiglie più disagiate, o su terreni che la famiglia destinataria ha a disposizione. La proprietà di questi terreni viene registrata e legalizzata. La costruzione è affidata all’Associazione ex-allievi di Don Bosco sotto la guida di un ingegnere locale e la coordinazione dei salesiani e operatori del Centro. Le case sono poi ufficialmente donate agli orfani o alle vedove. Nel caso delle vedove, il fatto che la casa sia a loro nome le protegge da un eventuale tentativo di espropriazione qualora si sposassero di nuovo. Le case sono a nome dei minori se questi sono completamente orfani e vivono con un parente adulto. La casa è intestata a loro nome per non avere problemi dopo: il parente potrebbe morire o sposarsi, ma la casa resta del minore.
4.Chi costruisce queste case?
L’Associazione ex-allievi del Don Bosco è composta da giovani muratori e falegnami che hanno terminato la loro formazione presso il Centro. Le costruzioni sono realizzate in 10 giorni: tre stanze e un salone che danno abitazione a 5-6 persone. I muri sono di legno, esternamente pitturati con olio mescolato a pittura nera per allontanare gli insetti e le finestre sono colorate di giallo. Il tetto è una lastra con una canalina di plastica che raccoglie l’acqua piovana e la riversa in una cisterna. Le latrine sono esterne.
La procura Don Bosco di Bonn, il VIS e tanti privati hanno reso possibile la costruzione delle prime 42 case, aiutando così circa 300 bambini.
Ogni casa (30 mq) costa circa 1.500 Euro
Ci sono ancora più di 400 famiglie in difficoltà, 1.600 bambini da aiutare
PER OFFERTE: ccp n. 88182001 intestato a VIS, Via Appia Antica 126, Roma.
Causale: casa per famiglie sfollate Goma
www.volint.it
www.yatraweb.it
Costituita il 29 settembre del 2005, Yatra è un’Associazione ONLUS con lo scopo di cooperare alla realizzazione di progetti internazionali di sviluppo locale a favore di popolazioni povere in campo umanitario, economico, sociale e culturale.
Attualmente offre il suo aiuto a quella di Ranchi in India dove, da qualche anno, operano i Padri della Congregazione dei Dottrinari.
“Yatra” nella traduzione dall’Hindi significa cammino, pellegrinaggio, considerato, nelle tradizioni religiose, un evento a cui ci si prepara per tempo e con cura, un’occasione importante per un contatto più diretto con l’Assoluto, che porti luce e forza nella propria esistenza.La scelta del nome richiama il concetto di movimento, l’alzarsi e mettersi in cammino volontariamente verso una meta, un traguardo da raggiungere, poco importa la sua distanza. Allo stesso tempo richiama la gioia della partenza, la voglia di arrivare al termine, la fatica, ma soprattutto il cammino che avviene dentro ognuno dei pellegrini e la condivisione del tragitto con altri viaggiatori.
Yatra ha avviato i progetti:
Sostegno a distanza;
Sensibilizzazione;
Formazione Informatica;
Poliambulatorio;
Sartoria;
Sportivo;
Campo di studio lavoro.
Poichè l’Associazione ha scelto come metodologia di lavoro l’incontro tra le due culture, riteniamo che i progetti debbano svilupparsi sia in occidente sia in India.Il percorso dei membri dell’Associazione Yatra ONLUS, molto probabilmente, non ha nulla di eccezionale o quantomeno di singolare; tuttavia, con molta umiltà, viene proposto come testimonianza e condiviso con chi vorrà unirsi in questo pellegrinaggio o yatra.
Progetto Sartoria
Il “César Silai Centre” è un laboratorio di cucito, sito nel quartiere Kumar Toli, a Ranchi, capitale di uno stato indiano di recente costituzione, il Jharkhand.
César, in omaggio a Padre César de Bus, fondatore della congregazione dei PP.Dottrinari che ne hanno ideato l’organizzazione; Silai , termine della lingua hindi che significa cucito, la cui iniziale “sa” è stata assunta come logo del Centro stesso.Il laboratorio è stato avviato nel corso 2005 con una duplice funzione: formazione professionale, produzione di manufatti tessili .Qui, finora una quarantina di donne ha imparato a cucire e ricamare, ed ora sta cercando di ritagliarsi uno spazio sul mercato di Ranchi e non solo, nella speranza di guadagnarsi una vita dignitosa (dignitosa non solo per sé ma anche per i figli, spesso chiamati a pagare di persona la povertà dei genitori).
La sartoria svolge principalmente un’attività di trasformazione e di confezionamento di tessuti che vengono approvvigionati in loco da canali diversi; in particolare si segnalano i tessuti in cotone misto a seta provenienti dal vicino lebbrosario delle Suore della Carità di Madre Teresa.Nei primissimi anni della loro presenza in Ranchi i Padri avevano potuto costatare le condizioni di disagio in cui versavano le famiglie del quartiere, il sostegno delle quali grava particolarmente sulle donne. Dando vita a questo laboratorio essi hanno quindi inteso offrire loro l’opportunità di un’occupazione stabile ed equamente retribuita, dopo una preparazione professionale di base. Erano e sono donne di età diversa, alcune madri di famiglia, altre giovani ragazze; provengono anche dai quartieri limitrofi di questa parte povera e decentrata della capitale; di condizione sociale assai modesta, hanno una scolarizzazione limitata. Solo alcune di esse capiscono un poco l’inglese, non tutte parlano correntemente la lingua hindi.Nella fase di partenza, sostenuta particolarmente dall’entusiasmo e dalla buona volontà di tutte le persone coinvolte, amici visitatori inclusi, si è avviato l’insegnamento e si è iniziata la produzione di manufatti di uso locale, prevalentemente venduti tramite conoscenze personali e modeste manifestazioni fieristiche. Si è però dovuto prendere atto che l’impegno a riconoscere alle operatrici la giusta retribuzione unito all’esiguità delle vendite creava serie difficoltà di bilancio. Si è pensato allora anche a prodotti proponibili al mercato italiano: i portaconfetti ricamati, le prime borse, i portamatite, i kurta in khadi. Così, progressivamente, con l’aiuto dei volontari, si è ampliata la gamma degli articoli , si è perfezionata la competenza professionale, si sono studiate modalità di smercio, precarie ma utili.Tre sono le fondamentali attività del Centro: il cucito, per la realizzazione di capi di abbigliamento, articoli tessili per la casa, borse e contenitori vari (dei quali qui si offre una panoramica); il ricamo, in diverse forme, su tulle o su tela, di ottimo livello, svolto utilizzando particolari caratteristici telai ai quali si lavora stando seduti a terra; la maglieria a macchina, che risponde di più a richieste locali. Ovviamente i vari reparti interagiscono spesso per la creazione di determinati articoli. Oggi i passi in avanti sono innegabili, l’entusiasmo non si è affievolito nonostante le tante difficoltà, l’apprezzamento riscosso dai prodotti è cresciuto.Attualmente nel Centro operano donne con ruoli di responsabilità, preparazione professionale e specializzazione differenti. Ad esse si è aggiunta, in tempi più recenti, l’unica figura maschile, il Master Taylor, particolarmente addetto al taglio dei capi e al perfezionamento delle competenze delle addette alla confezione.Sarebbe interessante, avendone il tempo, fare una riflessione sulla cultura figurativa e sul patrimonio di tradizioni di cui le operatrici sono portatrici e da cui sono giudate nella scelta delle modalità di lavorazione, dei temi ornamentali, delle interpretazioni stilistiche.Non si dovrebbe dimenticare che la popolazione adivasi di Ranchi , dagli stili di vita semplici e dalle abitazioni frugali, è venuta a contatto con la civiltà urbana in tempi relativamente recenti e piuttosto bruscamente. Essa si è trovata di fronte ad aspetti formali della passata e recente civiltà occidentale, più o meno positivi ma prevalentemente di bassa qualità, senza averne strumenti validi di assimilazione e di interpretazione Inoltre va considerato che le attività artigianali caratteristiche della antica cultura dei villaggi d’origine consistevano prevalentemente nell’intreccio della foglia di palma e nella modellazione dell’argilla. Presenti pure la tessitura e la stampa su tessuto, ma l’abbigliamento tradizionale, sia maschile che femminile, non comportava attività di cucito.Fin dagli inizi i responsabili del Centro si sono posti il problema del rispetto della cultura locale e del recupero delle tradizioni ma hanno dovuto sovente rilevare che questo patrimonio è ormai alquanto contaminato dal contatto con le culture d’importazione. Nonostante ciò sono stati rintracciati alcuni aspetti del patrimonio formale e simbolico sopravvissuto e in qualche modo si è cercato di rievocarli in alcuni manufatti. Fanno parte di questo patrimonio, ad esempio, i dipinti sulle pareti esterne delle capanne dei villaggi, realizzati con materiali naturali dalle donne, i disegni propiziatori – rangooli – tracciati davanti alla soglia di casa, la decorazione del corpo con l’henna e il tatuaggio.
Le tecniche del ricamo, di cui le donne vanno particolarmente orgogliose, sono diventate tradizione nel territorio e sono state trasmesse particolarmente ad opera di ordini di Suore da secoli stabilitisi nella regione. Le attività di confezione per consuetudine sono generalmente svolte dagli uomini, come si può vedere lungo le vie principali della città dove, in ambienti minuscoli aperti sulla strada, essi confezionano sul momento e su misura abiti maschili.A proposito di abbigliamento si può accennare al fatto che gli uomini che svolgono attività lavorativa in città ad un certo livello hanno in larga misura abbandonato il costume tradizionale (kurta, dothi, lumgi, pajama). Invece le donne hanno maggiormente conservato l’uso tradizionale della sari, uniforme nella struttura ma variabilissima nei colori e nei decori, affiancata dalla salwar camiiz (pantaloni abbondanti più kurta, più l’immancabile sciarpa drappeggiata sul petto) preferita dalle ragazze più giovani. Abbigliamento occidentale, nelle giornate festive particolarmente vistoso, e divise scolastiche per i bambini.Visitare una bottega in cui si vendano sari, è un’esperienza indimenticabile per la ricchezza dei tessuti, dei colori, dei decori proposti. Purtroppo però le fibre sintetiche, certo più economiche delle favolose sete indiane o anche solo del buon cotone, e considerate a torto o a ragione più pratiche, vanno sempre più diffondendosi e involgarendo i bei costumi tradizionali.
Tuttavia non è impossibile, anche in una capitale di recente costituzione e sviluppatasi in modo rapido e disomogeneo, trovare tessuti interessanti. Le fibre più significative sono la seta e il cotone. Non è questa una regione specializzata in lavorazioni raffinate ed elaborate, ma il cotone filato e tessuto a mano –handloom –o solo tessuto a mano –khadi- (di gandhiana memoria) così come la semplice tela di seta naturale che il Centro si procura presso il lebbrosario di Madre Teresa a Radha Rani, sono tessuti gradevoli, stimolanti, versatili.In quel lebbrosario, nei pressi di Ranchi, gli ospiti guariti ma non ancora in grado di far rientro in famiglia provvedono alla coltura dei bachi, direttamente sugli alberi dei campi circostanti, all’estrazione del filato, alla tessitura. Purtroppo la produzione di questo tessuto è limitata. Di facile reperibilità è il popeline, in una gamma vastissima di colori perché molto usato per confezionare i corsetti indossati sotto la sari. Nessun problema se si cerca materiale sintetico, dilagante. Buoni tessuti, quali il khadi di cotone o la lana degli scialli, si possono scovare negli stipati magazzini della zona commerciale, nei negozi governativi che promuovono l’artigianato locale, nelle fiere.Può quindi sembrare un controsenso che dalla sartoria escano capi di abbigliamento in lino,fibra importata ma tessuta in India. E’ stata una scelta recente un po’ obbligata, determinata dall’esigenza di produrre capi in serie di aspetto uniforme, mentre i tessuti artigianali hanno pezzature ridotte e variano molto in grammatura e colore. Non si intende però abbandonare una ricerca che favorisca un uso più largo di tessuti artigianali, come di decori tradizionali, per un maggiore rispetto della cultura locale.Uno dei problemi salienti che il Centro deve affrontare è quello della commercializzazione dei prodotti. Per le modeste risorse finanziarie della popolazione del quartiere, per la difficoltà ad entrare in rapporto con strati più abbienti, rimane problematica la vendita in loco. L’organizzazione di un piccolo show room a fianco del Centro non ha portato a grandi profitti, la ricerca di sbocchi nelle grandi città, quali Calcutta o Dheli, stenta a dare i suoi frutti. Per questo Yatra si è adoperata e continua ad adoperarsi coi suoi volontari per far conoscere nelle varie sedi la produzione, che col tempo è andata migliorando e diversificandosi: dai portaconfetti proposti agli sposi, agli articoli da regalo e per la casa presentati negli eventi parrocchiali, alle borse e i primi Kurta offerti nei mercatini delle feste di quartiere, alle manifestazioni di respiro più ampio quali Festambiente a Grosseto, Fiera Emaia a Vittoria, Alpaa a Varallo.La proposta in conto vendita in qualche bottega, i contatti con botteghe equosolidali, hanno riscosso attenzione e apprezzamento, ma le vendite non sono sempre state esaltant; l’impegno è anche volto alla ricerca di canali che assicurino ordinatvi limitati ma costanti.Gli ultimi passi sono stati quelli di dotarsi di una partita Iva e di organizzare la vendita “on line”.
Visitando il sito è oggi possibile tenersi aggiornati sulle novità prodotte dal Cèsar Silay Centre, operare acquisti e quindi aiutare Yatra a sostenere il lavoro delle coraggiose donne di Kumar Toli a beneficio delle proprie famiglie.
Tale Progetto nasce, infatti, dall’esigenza di dare un’autonomia alla sartoria di Ranchi, favorendo lo sviluppo del commercio dei prodotti in loco e verso l’Italia.
Per vedere e scaricare il catologo dei prodotti :
http://www.yatraweb.it/node/76