Alcune tesi sulla difesa personale

Alcuni anni orsono, il film francese Mon oncle d’Amerique esponeva, tra il serio e il faceto, la tesi della compresenza nell’ individuo di ben tre cervelli sovrapposti e tuttavia simbiotici, uno dei quali, ritenuto il più antico, presiederebbe alla vitale funzione della sopravvivenza controllando il meccanismo dell’aggressività, il cosiddetto cervello rettile.

Anticamente più semplicemente si diceva ‘ homo homini lupus’.

L’idea che l’uomo, per vari motivi ed a vari livelli, possa costituire un pericolo per la sua specie e l’habitat, creando danni irreparabili come la distruzione di intere comunità e relativi portati culturali, con una crudeltà sconosciuta al mondo animale, è suffragata non solo dalla realtà attuale ma dallo stesso percorso umano.

E’ parimenti diffusa, suggestiva e viva l’idea del conflitto come retaggio immanente di un oscuro processo inconscio di separazione tra le parti, in quel fluido amniotico-onirico  che sta tra l’originario illimitato e il transeunte.

Qualsiasi principiante di meditazione d’altronde ben conosce, nella propria pratica, come sia costante e palpitante la lacerazione tra le singole unità che dialogano e si oppongono l’una alle altre; tutto ciò senza neanche aver soffiato su una zanzara!

La cultura di una pratica quotidiana, fondata sull’esplorazione e il riconoscimento degli stati profondi della coscienza in grado di convertire i distintivi dialogici in sintesi unitarie, tali

da rappresentare all’esterno scenari armonici e non divisioni che si nutrano di separazioni ulteriori, dovrebbe costituire il capitolo propedeutico ad un discorso sulla dinamica del conflitto. Ad un bambino si dovrebbe insegnare innanzitutto ad non aver paura della propria ombra…

E’ appunto questo il background metafisico dell’Aikido, il quale offre una tecnologia dell’ascolto interiore che riallinea tendenzialmente il praticante su di una linea di confine in grado di controllare il proprio equilibrio psicofisico senza il transfert, su eventi ed oggetti in itinere, di eventuali contraddizioni interne oscure e/o irrisolte. Cosa si rappresenta in fondo sul tatami se non uno psico-dramma o un teatro del gesto? Il raffinamento peraltro di strategie e tecniche della relazione implementa circuiti nervosi che fortificano la consapevolezza e il rilascio dello stress accumulato. Dal punto di vista della relazione marziale è un po’ come mettere a fuoco il lato oscuro della percezione dell’altro.

Questa categoria dell’unione o della sinergia permea così profondamente l’Aikido da rendere possibile una rivisitazione del concetto di autodifesa, laddove il mero enunciato implica l’idea dell’aggressione e quindi della subordinazione ad un evento cui far fronte. Come poter immaginare di svolgere un’azione libera ed efficace in un fosco universo già segnato dalla rima di frattura?

Andando oltre, quale formazione ipotizzare per giovani e preadolescenti, alcuni dei quali già ‘giocano’ alla guerra nei boschi di tutta Italia con tute mimetiche e costosi fucili mitragliatori, sparandosi allegramente addosso? Il problema è serio perché investe un fiorente mercato che va dalle divise bianche del tatami all’abbigliamento delle war games, alla vera industria di guerra ( e delle ricostruzioni) che sorreggono  i temi sempre cari della forza lavoro occupata da una parte  e delle quotazioni di borsa dall’altra.

Occorre convincere le persone che  nessun corso di autosopravvivenza o di self-defense puo’ realmente fornire strumenti efficaci atti a garantire l’incolumità personale se non attraverso un training serrato e continuo nel tempo. Purtroppo anche ciò può non essere sufficiente.

Basterà, credo, ricordare l’assassinio su commissione di un giovane 4° dan di karate ad opera di due quattordicenni armati,  nel quartiere industriale di Barra a Napoli o la rapina subita di notte a Rio de Janeiro da un giovane campione di Jujitsu il quale, dopo il ricovero ospedaliero per una discreta ferita alla testa e lo shock subito, conseguiva il giorno dopo il titolo di campione del mondo della specialità!

L’arte marziale potrebbe servire al recupero o all’acquisizione dello schema corporeo, fortificando deboli psicologie e gracili organismi e implementare la consapevolezza dei più dotati. L’Aikido, insieme ad altre discipline non sportive, può sostenere una domanda più sottile e complessa.

Concludendo,  considererei una disciplina utile solo se in grado di rispondere all’ intrinseca peculiarità  di strumento evolutivo dello status del principiante e di rispondenza a quelle leggi della natura di cui siamo espressione; leggi che armonizzano le relazioni con sé stessi e gli altri nel rispetto dell’habitat secondo un principio unificante.

Piero Scappino

 

Laboratorio di Aikido:
Il concetto di forza locale
Il concetto di energia
Canalizzazione  del ki
Fluidificazione energetica
I plessi energetici
Suoni e vibrazioni
Ascolto e pratica.

Tecniche di respirazione:
Scorrimento dell’energia vitale
Respirazione e controllo dell’emozione
L’affidarsi e il controllo della paura.
Ascolto e pratica.

La respirazione interna: la meditazione:
Il processo del pensiero
Il testimone interno
Riposo totale e giusta azione
Il campo unificato
Ascolto e pratica.

Il movimento del corpo
Movimento e  respirazione
Spostamento del peso
Spostamenti di base
Analisi dei segmenti
Il movimento elicoidale

 La relazione con il partner:
Le regole dell’ingaggio
Tipologia del contatto
Le direzioni
Studio del tempo e dello spazio
Vettori di flusso rettilinei e circolari
Tecniche di unione
Strategie di evasione

Il concetto di finalizzazione:
Opposizioni frontali, laterali e da tergo
Il singolo e il gruppo
Estensioni nell’uso di oggetti



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