Giappone terra di incanti – Firenze

Palazzo Pitti Museo degli Argenti – Galleria Palatina – Galleria d’arte moderna 3 aprile – 1 luglio 2012
 Nella primavera 2012 Palazzo Pitti celebrerà il Giappone, la sua arte, la sua cultura e le sue tradizioni ospitando nelle sale più rappresentative dei suoi musei tre mostre raccolte sotto l’epigrafe Giappone. Terra di incanti.
 L’evento sarà articolato in tre distinte mostre ognuna delle quali sarà ospitata nei diversi musei del Palazzo.
 Il Museo degli Argenti ospiterà la mostra Di linea e di colore. Il Giappone, le sue arti e l’incontro con l’Occidente dedicata all’arte antica del Giappone, collocabile in un arco cronologico che va dalla metà del Cinquecento alla metà dell’Ottocento; qui si ripercorrerà l’evoluzione di trecento anni di arte giapponese attraverso opere di qualità eccellente. Pittura, calligrafia, scultura, lacche, ceramiche, metalli, tessuti in un raffinato caleidoscopio di “linee e di colori” appunto. L’essenza di un’estetica davvero originale, nella quale si miscelano alla perfezione la semplicità e la sintesi concettuale di un saggio di calligrafia oppure di una tazza per la cerimonia del the, con la ricchezza cromatica, la profusione aurea e la minuzia del dettaglio di un paravento della scuola Rinpa o di un manufatto laccato. Gli artisti giapponesi hanno avuto questo dono. Hanno sedotto e fatta propria la Linea, che danza tra i vuoti e s’inebria dei pieni, pur non rinunciando a coltivare il Colore, che cattura lo spazio e impone il suo ritmo. In un tripudio di inchiostri di china e foglie d’oro, di superfici abrase e abbacinanti riflessi di madreperla, di spesse patine e bagliori di lame affilate, di intagli microscopici e mitiche forgiature.
 La Galleria Palatina ospiterà in Sala Bianca l’eccellenza dell’arte Giapponese del Novecento nella mostra L’eleganza della memoria. Echi della tradizione nelle arti del Giappone del Novecento. Saranno tutte opere che hanno preso parte alla “Mostra delle Arti Tradizionali Giapponesi” (Nihon dentō kōgei ten) che dal 1954 si tiene ogni anno in Giappone con la cura del National Museum of Modern Art di Tokyo e del l National Museum of Modern Art di Kyoto per la scelta e valorizzazione delle opere che partecipano all’evento. Anche questa mostra di Firenze gode indirettamente del contributo scientifico delle due importanti istituzioni museali nipponiche. Si tratta dunque sicuramente del meglio che attualmente le arti giapponesi di stile tradizionale possano offrire.
 Le opere sono tutte state realizzate da affermati maestri attivi nella seconda metà del XX secolo, alcuni dei quali tuttora prolifici.
 
Caratteristica comune a tutti questi maestri è la loro abilità nel riproporre nelle loro opere le peculiarità dell’arte giapponese del passato. Tuttavia, nonostante il palese rimando alla tradizione, questi lavori riflettono meravigliosamente l’ispirazione dei loro autori, riuscendo a combinare perfettamente originalità e raffinati rimandi culturali.
 La Galleria d’arte moderna nella Sala del Fiorino accoglierà la Sezione della mostre dedicate al Japonisme o Giapponismo in Italia dal titolo Giapponismo. Suggestioni d’Oriente tra Macchiaioli e anni Trenta del Novecento. I Riflessi del Sol Levante come mai si erano visti finora.
 Un nucleo di opere realizzate tra gli anni Settanta dell’Ottocento e i Quaranta del Novecento da protagonisti assoluti dell’arte italiana, come Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Giuseppe De Nittis e Mariano Fortuny, solo per citarne alcuni, nelle quali si avverte netta l’influenza dell’arte giapponese. Per mostrare che anche gli artisti italiani non rimasero immuni al fascino per quel paese tanto lontano e misterioso che solo da pochi decenni si era aperto al mondo dopo oltre due secoli di consapevole isolamento.
 Così come accadde nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, anche in Italia la moda per il Giappone, la sua cultura, i suoi costumi e le sue arti, si diffuse capillarmente. Fiorirono collezioni di arte giapponese, si promossero studi su quella cultura e, inoltre, molti italiani si recarono e fecero fortuna in quel paese. Anche gli artisti italiani, come quelli del resto d’Europa, furono ammaliati dalle arti giapponesi.
 Dopo lo stupore iniziale, prima intuirono, poi compresero, e infine si fecero apertamente influenzare da quell’arte per loro fino ad allora completamente sconosciuta. Ne ammirarono l’ispirato uso calligrafico della linea, l’ardito accostamento di colori vivaci, il taglio dinamico delle scene, le novità nella scelta dei temi, soprattutto quelli ispirati dal mondo della natura. Così le loro opere si schiarirono, pervase da una luce nuova, le modulazioni cromatiche si ampliarono, sedotte da campiture più sincere, mentre sempre più frequentemente reali oggetti di arte giapponese si inserivano nelle composizioni, in un vorticare di esotismi, macchie e tratti di pennelli saturi. Il Giapponismo. Non uno stile, non una corrente, né una moda, bensì una rivoluzione di gusto e di sintassi che avrebbe lasciato un segno indelebile nelle arti italiane tra Otto e Novecento.



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