11- V kyu, riflessioni sull’Aikido: Esperienze personali

Giuseppe Santorelli, é nato a Napoli nel 1979. Fin da piccolo nutriva una fortissima attrazione per le arti marziali e per gli sport da combattimento; infatti, ad ogni sconfitta scolastica, si contrapponeva una vittoria sportiva.La sua prima gioventù é stata dedicata allo studio di molte discipline come: Karate, Kick-boxing, Savate, Free fight e Wing-chung. Nessuno di queste, però, riuscì ad entrare pienamente nel suo cuore e nella sua vita. All’età di vent’anni ha scoperto la meravigliosa via dell’Aikido, praticando assiduamente nella U.I.S.P. A.R.C.A., sotto la direzione del m° Luigi Branno e conseguendo il 5° kyu.

Una tecnica ragionevole è quella in armonia agli occhi di tutti, non importa chi sia a guardarla. L’Aikido, visto da occhi inesperti, risulterebbe simile ad una danza; infatti quei movimenti così fluidi, spesso porterebbero quest’arte lontana dall’idea di arte da guerra che nonostante tutto nasconde in se. La mia prima impressione nel vedere quest’arte fu molto superficiale, non rimasi per nulla colpito, anzi credevo che tutto fosse una totale farsa, una messa in scena. In quel periodo praticavo Wing – tsun, uno stile molto interessante, con principi notevoli, ma forse troppo cruenta. Nel vedere praticare Aikido, abituato ad un allenamento duro e decisamente più violento, cercavo di conseguenza la praticità di quest’arte, ma era difficile da cogliere. Il mio primo giudizio fu: “È uno stile non efficace, una farsa.” Valutai in breve questa disciplina come un perdi tempo, e senza troppe difficoltà continuai il mio duro lavoro nel Wing – tsun. Pensavo che un’arte marziale dovesse far emergere l’aggressività che risiede nel profondo di noi stessi, infatti, per quanto mi riguarda, cambiavo disciplina in base agli impulsi di aggressività che mi venivano trasmessi.

Ritenni che il Wing – tsun fosse il culmine o l’arrivo delle mie esperienze marziali; con essa mi sentivo soddisfatto e completato. Dopo tanti anni, finalmente, ero riuscito a trovare una mia dimensione. Nel giro di poco, mi resi conto dell’efficacia di quest’arte, e capii che poteva rendere invincibili. Le insicurezze passate finalmente potevo distruggerle; finalmente riuscii a seppellire tanti anni di attività sbagliate come la Kick boxing ed il Free fight, senza sapere che con esse sarebbe caduto presto anche il wing – tsun.

Sicuramente era un modo errato di pensare e agire, ma senza quelle esperienze sbagliate, penso che mai oggi mi sarei accostato ed innamorato di questa filosofia di vita. Si dice: “l’appetito vien mangiando”, infatti nel mio caso fu così che avvenne.

Nonostante continuassi a praticare quell’arte di origine cinese, incominciai a nutrire un certo interesse per l’Aikido; fu grazie a mio fratello, e alla sua voglia di trasmettere le sue conoscenze, che in me nacque una irresistibile tentazione nei confronti di quest’arte. Inizialmente fui attirato dall’etichetta e dalla disciplina molto rigida, ma nello stesso tempo molto affascinante; ogni minima situazione aveva il suo rituale e la sua importanza, persino il keikogi andava piegato in una certa maniera specifica. Da che queste cose mi risultavano assurde e fuori luogo, incominciai ad apprezzarle e imitarle pur non praticando ancora Aikido. I giorni passavano e il desiderio di praticare era sempre maggiore, infatti bastò veramente poco per coronare il mio piccolo sogno.

Tutti inizialmente credevano che questa mia nuova esperienza durasse, come del resto credevo anche io, non più di pochi mesi Fu una sorpresa vedermi sinceramente appassionato a quest’arte, continuare con passione e amore. Fu la mia prima vittoria nello sport e nella vita.

Praticando AIKIDO incominciai a comprendere che molte delle mie filosofie di vita erano incredibilmente errate e senza fondamenta, la sete di violenza e la mia ricerca dell’arte invincibile andò sfumando, avvicinandomi sempre più allo spirito dell’Aikido. Quando iniziai a praticare, credevo che le mie esperienze passate mi aiutassero nel crescere, ma capii ben presto che rendevano il mio apprendimento ancor più difficile. Il mio corpo era abituato e preparato ad eseguire movimenti del tutto contrari all’armonioso stile che mi accingevo a studiare. Non riuscivo a rifiutare la forza e la rigidità che il mio corpo produceva, pensando che fosse assurdo praticare una disciplina marziale senza l’uso della forza fisica. Mi sbagliavo.

Nonostante i miei innumerevoli e faticosi sforzi, mi risultò difficoltoso emarginare la rigidità del mio corpo. Tutto mi sembrava così semplice e nello stesso impossibile, la salita era dura ma dovevo farcela. All’inizio, quando tutti sono più bravi di te, ci si trova su un confine molto labile, tra l’abbandonare ed il continuare. Mi trovai a dover lottare per apprendere il più possibile in un ambiente a ma estraneo. Tutto era considerato come un ostacolo, dai rapporti sociali, all’apprendimento tesso. Comunque, nonostante le numerose difficoltà, superai fortunatamente le numerose crisi dovute alla pratica e scoprii ben presto che l’Aikido era ed è tuttora molto diversa da tutte le altre arti marziali conosciute precedentemente. Ricordo che in passato servivano pochi mesi di allenamento, per essere considerato esperto di quell’arte. La pratica dell’Aikido è interessante perché ci permette di studiare conoscendo sempre nuove verità.

L’allenamento costante influisce sul carattere del praticante e sulla sua vita, modificandone i lati oscuri e facendo emergere l’onore che risiede in ogni uno di noi. Personalmente l’Aikido ha svolto su di me un lavoro alquanto soddisfacente, sentirsi più sicuri nell’affrontare la vita, lo reputo già un enorme risultato. L’idea di praticare un’arte marziale senza dover necessariamente applicarla per scopi malvagi e avere riscontri pratici, rende in assoluto valevole la pratica di quest’arte. Questa disciplina rende sicuri delle proprie capacità e pronti ad affrontare la vita a testa alta senza indecisioni e debolezze. Certo queste virtù si acquistano attraverso lunghi anni di sacrifici e di dura pratica, considerando l’Aikido non solo un’arte da guerra ma come una filosofia di vita.

Le prime impressioni che si presentano in un giovane praticante sono quelle di perplessità e di meraviglia. Ogni praticante nel vedere eseguire tecniche di difesa e di immobilizzazione senza alcun utilizzo di forza gratuita, rende indubbiamente un po’ increduli. Dall’esterno questi movimenti sembrano di facile riuscita, anche senza un approfondimento consono. Questo è vero, infatti pensai la stessa cosa, solo che durante la pratica, quei movimenti che a prima vista sembravano così semplici, risultarono del tutto complessi nonostante il loro ingenuo significato .Spesso movimenti complessi ci risultano facili da eseguire, mentre movimenti semplici, ci risultano ardui. Ad esempio la sola azione di camminare spesso può causare perplessità in un giovane praticante. Questo accade perché non si è abituati a lasciar muovere il corpo guidato dall’istinto, oppure perché spesso ogni azione è sostenuta da un quesito, e di conseguenza da un ragionamento solito fuori luogo.È consigliabile, almeno per i primi tempi di pratica, esercitare senza chiedersi il perché delle cose, lasciare che le spiegazioni vengano da se. Spesso nel cammino di ogni praticante pervengono periodi di stasi durante i quali sembra non progredire e poi, senza motivo o occasione apparenti, si fa un passo avanti. Queste sensazioni purtroppo ci rendono deboli e incapaci di proseguire nel nostro cammino; però sono proprio queste sensazioni che ci aiutano a crescere ed a modificare il nostro atteggiamento nei confronti delle avversità giornaliere. Essere coscienti di avere grosse lacune, ci stimola ad andare avanti e a far di tutto per colmarle. In genere sentiamo la nostra preparazione buona o meno buona, in base ai compagni d’allenamento che preferiamo durante la lezione. Se i nostri collaboratori sono di un grado non molto elevato, ci permettono di lavorare senza alcuna difficoltà, ed il nostro Aikido risulterà eccellente; mentre se ci dovessimo allenare con dei praticanti esperti possiamo constatare che il nostro livello di preparazione non è assolutamente avanzato, anzi le lacune da colmare sono tante. L’importante è non scoraggiarsi, essere sempre convinti delle proprie capacità ed essere sempre coscienti che nell’Aikido non si finisce mai di imparare.

Alcuni si allenano assiduamente, ma rifiutano di praticare con i principianti o con quelli che credono “non adatti”. Anche se progrediscono tecnicamente, la loro tecnica resterà prigioniera della tecnica.

continua



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