Movimento del corpo e stato della mente

La diffusione dell’Aikido è stata notevole. Nel breve lasso di tempo di metà secolo è diventato possibile praticare in 80 diversi Paesi.  Nei Paesi raggiunti più tardi si trovano comunque insegnanti che hanno ottenuto il settimo dan e molti praticanti a cui vengono conferiti annualmente quinti e sesti dan. Coloro che iniziarono la pratica da giovani, sono ora al loro 40 esimo anno di lavoro.  Quando l’Aikido iniziò a diffondersi, ogni insegnante era giovane ed inesperto.Era il tempo in cui era possibile condurre un dojo di Aikido essendo soltanto shodan o nidan. Coloro che diventavano “cintura nera” venivano poi rispettati come praticanti con un’esperienza completa e nessuno aveva difficoltà ad andare ad apprendere da un aikidoka di tale livello. In ogni caso, è vero oggi come allora che un praticante col primo o secondo dan ha soltanto memorizzato le forme ed è ora pronto ad iniziare a studiare. La realtà è che la maggior pare di ciò che essi conoscevano non era altro che la stagnante ripetizione delle forme di base, con pochissime differenze individuali. La loro autorità come istruttori dipendeva solo dal fatto di possedere maggior esperienza dei propri allievi, poichè questi avevano iniziato più tardi di loro. A tutt’oggi, che esistono molti studenti con una buona esperienza, ho appreso che non è sufficiente per gli istruttori come per gli studenti, ripetere meccanicamente le forme, facendo affidamento sulla forza fisica.  Nell’insegnare oltreoceano, oltre a condurre seminari nei fine settimana aperti a tutti, in alcuni paesi ho tenuto lezione riservata solo alle cinture nere. In questi appuntamenti per yudansha si vede un numero di persone limitato, ma che tende ad aumentare di anno in anno. Inizialmente gli yudansha erano specialmente interessati al modo in cui utilizzo il mio corpo nei movimenti morbidi. Ultimamente pare che quest’interesse si sia approfondito attraverso qualcosa di più fondamentale, ossia l’attitudine mentale e cosa bisogna pensare in modo da muoversi ed usare il corpo morbidamente.  In Giappone nella didattica di un’arte tradizionale esistono delle forme antiche attraverso le quali è possibile una progressione didattica. Le forme sono piene di principi importanti. Praticando costantemente queste forme, restiamo intrisi dei principi che esse contengono. Tali forme consistono in regole chiare, per cui, nonostante le differenze evidenziate dalle idee e dalla sensibilità individuale, il risultato finale è certo e costante. Non solo per coloro che studiano, ma anche per quelli che insegnano, finchè le abilità ed sensi personali non divengono superiori a quelli della gente comune, si rimane ad un livello di istruzione standard; d’altro canto, praticare tramite le forme vuol dire comunque mantenersi su dei binari prestabiliti. Ecco perchè esiste il pericolo che i sensi del praticante siano addirittura attutiti. La maniera di imparare tramite la ripetizione di forme trasmesse dagli antichi viene chiamata KEIKO. KEI significa PENSARE e KO, ANTICO. Quindi keiko vuol dire allenarsi pensando alle cose antiche.  Inoltre nelle arti tradizionali, ma specialmente in quelle marziali, esiste l’idea di “tanren” (disciplina) TAN si riferisce alla durezza dell’acciaio, mentre REN indica l’idea di ammorbidire qualcosa di rigido,in modo che divenga duttile. Myamoto Musashi disse: “Fa che 1000 giorni di allenamento siano condotti in TAN e che 10000 vengano passati a ricercare il REN. Ciò significa che ammorbidirsi richiede molto tempo e molta applicazione poichè è molto importante. Io per primo, ho trascorso i primi dieci anni della mia pratica allenandomi in maniera estremamente fisica. Dopodichè richiamai alla memoria le parole del Fondatore e dei miei sempai e le compresi, aiutato dagli scritti dei vecchi maestri. Questo diede inizio alla mia ricerca attraverso un allenamento che non si fonda sulla forza fisica;continuo questo ancora oggi, trent’anni dopo. Quello su cui ho posto maggiormente attenzione durante la pratica è stato l’indebolimento del corpo e delle braccia, il memorizzare le forme in modo tale che potessi eseguirle in maniera inconscia il tenere d’occhio i movimenti della mia mente, calcolare bene gli spazi tra me ed il partner, il comprendere il livello e la direzione del ki del compagno, allenare la coordinazione tra le mie mani ed i miei piedi e ricercare la direzione ottimale in ogni momento. C’è un’espressione in budo:” Shin (mente), Ki (energia), Tai (corpo)”. E’ difficile cogliere la rilevanza di questi tre ambiti nell’azione se vengono visti come entità separate. In pratica noi pensiamo a come servirci del Ki e della tecnica al meglio e muoviamo il nostro corpo quanto  desideriamo; tendiamo inavvertitamente a pensare che fare questo è Keiko e Tanren. In ogni caso, lo stato interiore, che cambia da momento in momento col movimento del corpo ha un effetto significativo sul corpo stesso. E’ necessario tenere presente che il movimento del corpo ha una sottile relazione con lo stato della mente. Si è detto che la mente che si trova in uno stato di Non-mente è una mente come uno specchio. Uno specchio riflette tutto ciò che gli passa davanti, esattamente com’è. Finchè qualcosa non si pone molto vicino allo specchio: allora tutto il resto sparisce e null’altro viene riflesso, come se la mente non fosse lì. Credo che plasmare la mente voglia dire riflettere esattamente con la mente ciò che è, percepire esattamente ciò che si percepisce e, senza essere legati nè disturbati, cavalcare il flusso. Un metodo per plasmare la mente è quello della meditazione. Di solito le persone sanno che la meditazione consiste nel sedersi in un posto tranquillo, in una corretta postura, respirando profondamente e rendendo la mente come uno specchio. Hakuin disse “migliorarsi nel caos ha mille volte più valore che migliorarsi nel silenzio”. Intendeva che la meditazione nella vita quotidiana o nella pratica del bujutsu era molto più efficace della meditazione in un posto quieto. Dopo aver appreso queste parole, ho provato a mantenere una mente calma e ad essere capace di fare una pratica che potesse essere fatta in una Mente senza mente.

di Endô Seishirô
traduzione di  Fabio Branno



2 commenti

  1. Sulla forza fisica
    Oggi ho letto alcune parole di Endo Sensei sul sito Aikido e Dintorni e mi sono soffermato a pensare a quanto ha espresso in merito alla forza fisica nella pratica. Sostanzialmente ha detto che anche lui, oggigiorno morbidissimo, ha passato i primi dieci anni di pratica a utilizzare la forza. Dall’articolo si capisce come è stata importante anche questa fase, a cui ha seguito un periodo, molto più lungo, per la ricerca della morbidezza.

    Come dire, non c’è yin senza yang.

    Tutto ciò mi ha riportato alla mente il fatto che da noi in palestra si pratica sempre molto yin; ovvero, senza forza fisica. Sebbene sia corretta come meta, lo è anche come percorso?

    Non voglio contestare il mio maestro – che per definizione non si contesta – ma anche lui da giovane picchiava duro! Mi sembra di rivedere certi papà che vogliono dare già le risposte ai propri figli, evitando che commettano gli stessi errori.

    Ma, se non commettono gli stessi errori, i figli non saranno mai come i padri, dato che gli mancheranno le esperienze che questi ultimi hanno vissuto (lasciamo perdere poi che ogni persona è diversa di suo).

    Inoltre, senza yang l’allenamento potrebbe risultare un po’ leggero, proprio a livello di allenamento muscolare.

    Maestri come il mio o come Endo, che hanno passato anni ad allenare il proprio corpo a livello muscolare hanno un patrimonio di motricità che mi manca. E che vogliamo dire del Maestro Ueshiba, che tirava testate sulla roccia per irrobustire le ossa del cranio?

    In conclusione, non è che alla prossima lezione userò la forza, perché non è questo che chiede il maestro. Però voglio valutare l’affiancamento di esercizi specifici per curare anche il corpo, oltre alla mente.

  2. Fabio Branno wrote:

    Dopo aver tradotto diversi articoli di Endo Shihan, ho deciso di partecipare ad alcuni suoi seminari, in giro per l’Europa.
    Indipendentemente dalle mie considerazioni sulle sensazioni che questo eccezionale Maestro ha saputo comunicarmi, ciò di cui mi sono subito accorto è il differente significato che diamo noi all’allocuzione “Senza Forza”, rispetto a quello che lui intende.
    Spesso la nostra idea di rilassamento, di lavoro “Yin”, è accomunabile all’idea di “rilasciamento” o di “abbandono” del corpo, muovendoci in uno stato parente al torpore, al vuoto.
    L’Aikido di Endo Sensei non usa la forza sull’altro. Dunque non c’è comunicazione attraverso un gesto che impone al partner la propria volontà.
    Per contro è un Aikido che ingaggia completamente tutte le risorse fisiche, per ottenere uno stato di mobilità ed adattabilità immediate e costanti, e per creare e sostenere una forte pressione nei contatti, che lui chiama “Musubi”.
    Un Aikido praticato bene, ad un livello non propriamente da principiante, vede la coesistenza di una pratica al contempo “Morbida”, nel senso della relazione, ma “Forte” per ciò che concerne l’attitudine e la postura.

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