15- V kyu, riflessioni sull’Aikido: Conclusioni

Praticare arti marziali dunque non significa soltanto imparare a neutralizzare un avversario, manifestando così la propria forza, ma significa anche capire e studiare principalmente il proprio corpo. Spesso si sente dire che chi pratica arti marziali è un soggetto violento e irascibile. Credo che non sia affatto così, meglio in molti casi non è così. Chi pratica arti marziali ha un perfetto controllo del proprio corpo e difficilmente si imbatte in situazioni spiacevoli e comunque non arriverebbe mai all’uso estremo della forza. L’artista marziale riesce a far prevalere la propria forza anche senza adoperarla. Lo studio delle arti marziali non solo serve a sviluppare le capacità fisiche, bensì modifica enormemente lo spirito, rendendolo sicuro e nello stesso tempo sereno. Questo si ha grazie alle innumerevoli difficoltà cui si va incontro durante una seria e costante pratica.

Tutto ciò è vero sempre che ci si alleni con un mastro che non esalti i ragazzi alla cruda e pura violenza, e che pratichi un’arte marziale dove lo scopo primario non sia solo la sconfitta di un ipotetico avversario, ma il superamento delle difficoltà interiori e delle proprie paure. È molto difficile restare calmi in situazioni difficili soprattutto se ci viene insegnato di reagire con brutale violenza ad ogni minima avversità. Praticare arti marziali solo per uno scopo di auto difesa, per alcuni soggetti è giusto, ma secondo me è molto poco gratificante e formativo. Tutti, inizialmente, credono che lo studio delle arti marziali renda più forti ed invincibili, seguendo falsi miti e forse finte illusioni. Ogni principiante, nell’eseguire, una tecnica si domanda se questa avrà la sua efficacia in una situazione reale. Uno scontro non simulato certo non avrà le stesse conseguenze di uno simulato, infatti durante la pratica tutto sembra facile perché siamo abituati a ricevere colpi conosciuti e non reali. Cercare di applicare le stesse tecniche in un contesto estraneo al tappeto d’allenamento, ci risulterebbe difficile se non impossibile. Questo perché il nostro ipotetico avversario non si atterrà mai a degli schemi prefissati e sarà molto più difficile comprendere l’attacco del nostro avversario. Le tecniche eseguite in una palestra sono ben diverse dalla eventuale reazione che potremmo avere per strada. Inoltre l’efficacia difensiva che un’arte marziale ci vuole trasmettere non dipende da un certo numero di tecniche assimilate, ma dalla profonda e completa elaborazione di certi principi che, diventati parte integrante di un modo di essere, permettono di sapersi muovere nella giusta maniera in ogni circostanza. L’importanza di saper muovere e gestire il proprio rende l’Aikido estremamente efficace, infatti se il nostro uke è di gran lunga molto più pesante e grosso di noi, la dinamica e la velocità delle nostre gambe ci permetterà di squilibrarlo continuamente, senza concedergli mai appoggi fissi, e quindi la possibilità di ritrovare il suo centro e la sua indiscussa forza. L’efficacia dell’Aikido è dovuta proprio all’eterno movimento che risiede in ogni tecnica, solo ad un livello di preparazione nettamente superiore si può concepire una pratica statica. Per quanto riguarda i praticanti ancora in fase di crescita si potrà parlare ancora di Aikido dinamico. Una tecnica eseguita senza l’ausilio del movimento del corpo è certamente inefficace e scorretta, perché si adopera senza dubbio l’uso della forza, sforzando ulteriormente la schiena, cosa che nell’Aikido bisognerebbe certamente evitare. Per far si che una tecnica risulti efficace e rispettosa dei principi di base, non basta essere abile nei movimenti, quindi atleticamente validi, ma bisogna osservare diversi aspetti tecnici fondamentali per la pratica di questa disciplina. È importante la posizione di guardia detta anche Kamae, la quale deve ridurre al minimo la superficie del proprio corpo in modo da concedere al nostro avversario poche possibilità di scelta per un eventuale attacco. Per Kamae si intende anche il modo corretto di presentarsi nei riguardi del partener e di ciò che ci circonda. Senza una buona postura iniziale è molto difficile dar vita ad un buon Aikido.

Spesso in altre discipline una volta assimilate le basi, si mutano e si modellano a piacere del praticante. In Aikido non è affatto così. Bisogna mantenere costantemente le posizioni corrette apprese nei primi anni di studio, anzi bisogna sempre migliorarle ma mai eliminarle. Ricordo che durante pratica di sport da combattimento, le posizioni di base, mutavano nel corso degli anni, adattandole alle circostanze, e spesse volte modificandole del tutto.Come prima dicevo, nella pratica dell’Aikido, è fondamentale il continuo movimento delle gambe e del corpo. Un modo molto efficace per constatare il proprio livello di preparazione e i propri riflessi, è il Randori.

Letteralmente Randori significa “Attacco libero”. Nella maggior parte dei casi questo tipo di allenamento è composto da diversi uke che attaccano nelle maniere più svariate un solo tori, il quale istintivamente deve riuscire ad evitare tutti gli attacchi senza recar danno a nessuno. Spesso questo tipo di allenamento risulta molto difficoltoso, perché l’applicare numerosi principi, senza conoscere gli attacchi sferrati, rende il tutto realmente macchinoso e poco spontaneo. Il più delle volte nel Randori si cerca di neutralizzare l’attacco individuale di un uke senza prestare attenzione a ciò che ci circonda. È fondamentale riuscire a controllare i movimenti di tutti nello stesso frangente. L’attacco sferrato dal primo uke deve provocare incertezza e sconfitta per gli altri; il corpo di questo deve fare da scudo per tori, o magari da ostacolo per gli alti uke. La sincerità dell’attacco deve rendere il lavoro di tori produttivo, lineare e senza interruzioni. Il rapporto che si instaura tra tori ed uke è talmente forte che entrambi, attraverso i movimenti del corpo, ascoltano e correggono gli errori propri e dell’altro. Entrambi respirano assieme creando un’unica forza universale. Attraverso una corretta respirazione possiamo eliminare l’ira e la paura dalla nostra mente e dal nostro corpo, infatti sappiamo come l’ira e la paura siano causate da un ritmo respiratorio accelerato e scorretto. Controllare il respiro certamente aiuta a disciplinare queste sensazioni. Durate una tecnica tori, evitato un attacco, si trova in contatto con uke, ed il momento dell’inspirazione è il momento in cui si accoglie tutta la forza e l’energia del proprio compagno, adoperandola come forza dinamica della tecnica.

“Non ho armatura, benevolenza e dovere sono la mia armatura.”

Il significato delle arti marziali bisogna ritrovarlo negli insegnamenti saggi dei maestri e nella maturità acquisita da questi. L’importante è credere nello spirito dell’arte marziale e ritrovare la serenità in essa. L’arte marziale non è un’armatura dentro la quale nascondersi, è un’armatura con la quale combattere le avversità e l’odio. Riconoscersi in questa filosofia, equivale amare il proprio corpo e la propria natura; una natura da vivere e non da distruggere. Amate le arti marziali, e queste ve ne saranno grate.

 

RINGRAZIAMENTI

Un ringraziamento vivissimo al m° Luigi Branno, che con i suoi insegnamenti tecnici e di vita, ha reso possibile la realizzazione di questo scritto. Ringrazio fortemente mio fratello, il quale, mi ha introdotto ed accompagnato in questa meraviglioso arte, facendo si che ne uscissi colpito ed innamorato.

 

FONTI

–Elena Gabrielli Morari, “L’Aikido possibile. Un passo sul tatami” il Calamaio

–Gòzò Shioda, “Aikido Dinamico” Mediterranee

–Nobuyoshi Tamura, “Etichetta e Disciplina” Mediterranee

–Stephan Benedetti, “Il libro del principiante” Mediterranee
  



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