02- V kyu, riflessioni sull’Aikido: L’Aikido come difesa personale?
L’AIKIDO può essere considerato “difesa personale?” Molti cercano nell’arte marziale una sicurezza, un’armatura dove nascondersi e proteggersi dal mondo circostante. La mancanza di fiducia in se stessi non deve essere nascosta, ma è opportuno esternarla e combatterla; bisogna incominciare a capire che il vero nemico da cui bisogna difendersi é la nostra paura del mondo. Il vero nemico da combattere è dentro di noi.
Avendo detto tutto ciò, risulta difficile capire perché un uomo debba sacrificare un’ intera vita nello studio di tecniche estreme di difesa personale, solo allo scopo di apparire più forti e sicuri, sperando in un eventuale rissa che forse potrebbe anche non accadere. Esternare con soddisfazione la propria forza, è sintomo di debolezza e insicurezza; trovare nella debolezza altrui una soddisfazione personale, non è altro che pura follia. Il vero valore interiore si manifesta attraverso l’amore e attraverso la purezza dello spirito. La reale forza di un uomo non si esterna attraverso la forza muscolare, o la brutalità, ma per mezzo dell’essenza e della razionalità.
Ritornando al concetto di difesa personale, bisogna dire che l’Aikido essendo stata utilizzata in passato come arte da guerra, é indubbiamente chiaro che anche essa avrà la sua efficacia, e potrà quindi essere intesa o magari utilizzata come difesa personale; ma difesa personale da chi?
Forse le nostre paure divengono così imponenti che assumono forme e nomi?
L’aikidoka, attraverso le vie del budo e dello zen, studia come far trionfare la pace e l’ armonia nel mondo, quindi sembra assurdo come possa nello stesso tempo acquisire tecniche estreme di difesa personale, ed utilizzarle contro il prossimo. Cercando di distruggere o ferire un nostro simile, non si avrà altro che la nostra distruzione; arricchire la sete di violenza e di vendetta, non servirà a placare l’insicurezza e la paura che dimora dentro noi. La pratica dell’Aikido può essere piacevole per chi la pratica, ma devastante per chi la subisce, infatti alcuni stili d’AIKIDO, si basano sulle torsioni e lavorano maggiormente sul dolore; ma è importante chiedersi il perché di certe azioni. Studiare tecniche e principi che si fondano sul dolore o sulla forza, e pressoché inutile e inefficace. È facilmente spiegabile e comprensibile che una tecnica imperniata sul dolore è assurda; non tutti gli esseri umani hanno la medesima resistenza al dolore, quindi la stessa tecnica potrebbe riuscire o meno, in base all’avversario che ci troviamo di fronte.
Una tecnica reale con solidi principi permette la sua esecuzione ad ogni tipo di soggetto, robusto o gracile, uomo o donna, giovane o anziano. Quasi tutte le scuole D’Aikido, non soffermano i loro studi sui cosiddetti tsuki (colpi), infatti quest’arte é conosciuta proprio per la sua indifferenza ai colpi. L’Aikido non studia come poter distruggere un uomo, ma studia come poterlo migliorare attraverso movimenti armoniosi; questo ci fa comprendere l’inefficacia dello studio dei tsuki, anche perché uccidere un uomo con un colpo é facile, gestire invece il suo corpo e la sua rabbia non é assolutamente semplice.
È importante ribadire che in quest’arte marziale si parla di indifferenza ai colpi, e non di assenza; infatti è impensabile poter iniziare una tecnica senza un attacco da parte uke. Questo attacco può essere sferrato in tutte le possibili maniere, attraverso prese, tsuki di gambe e di braccia ecc. L’indifferenza agli tsuki durante la pratica è fondamentale. Vi immaginate cosa potrebbe mai succedere se, durante un allenamento, tutti i colpi celati dietro le tecniche di immobilizzazione venissero scagliati realmente contro i nostri compagni di allenamento? La risposta è semplice: Le numerose lesioni non consentirebbero un allenamento continuo e costante, il nostro corpo invece di progredire, incomincerebbe a regredire e non si avrebbe più la possibilità di studiare serenamente.
“Usa il tuo Aiki e attiva e manifesta ogni potere: porta pace intorno a te, crea un mondo più bello” (Morihei Ueshiba).
Bologna 13 Gennaio 2007
Caro Giuseppe Santarelli,
leggo con interesse gli scritti inseriti nel sito “Aikido e dintorni”, perché li ritengo interessanti, perché rivelano punti vista differenti, perché li ritengo utili alla mia cultura e perché stimolano ad esternare il mio pensiero, a volte in modo verbale, a volte per iscritto. Non vorrei scrivere la nuova versione de “La divina commedia”, cercherò, quindi, di comunicare i miei intendimenti spero in modo chiaro e, per quanto possibile, brevemente.
Prendo spunto dalle tue “Riflessioni” che le ho trovate sicuramente interessanti, e benchè molti punti sono pienamente condivisibili, sia per l’inserimento di tuoi commenti che per le sintesi di concetti recepite da altri autorevoli autori, su un paragrafo devo necessariamente soffermarmi: “L’Aikido come difesa personale?”
Questa nobile arte marziale incorpora una bellissima filosofia, ciò che di più bello i nostri popoli dovrebbe pretendere, la base per l’essenza umana e la sua continuazione.
Colui che si avvicina all’Aikido o alle arti marziali in generale, sta cercando serenità con se stesso, sta combattendo una battaglia interiore. L’avversario non è altro che la proiezione di se. Un esempio di questo concetto fu rappresentato molto bene nel film che raccontava la vita di Bruce Lee, dove, se non erro, un sogno ricorrente lo ossessionava fino a che non trovò il modo di sconfiggere il suo avversario, cioè se stesso.
E siccome in Aikido il rapporto con Uke è rappresentato anche dal principio di integrità, è giusto rispettare chi si concede totalmente, perché Uke siamo noi.
Tuttavia l’Aikido è un’arte marziale, e O’Sensei Ueshiba prima di arrivare alla sua definizione studiò tante arti marziali, cioè incorporò in sé innumerevoli conoscenze, mentali e pratiche, temprando il suo corpo e la sua mente con nozioni e tecniche. O’Sensei veniva descritto come un uomo fortissimo e dal carattere burbero (la diffusione dell’Aikido è il merito del figlio Kisshomaru che ha capito che solo la divulgazione di massa avrebbe permesso la sua sopravvivenza). Tutti gli allievi di O’Sensei avevano o stavano praticando anche altre arti marziali. Cioè ognuno di loro completava e integrava le conoscenze. Questo è evidente anche negli attuali maestri di un certo livello, dove tutti hanno praticato, sperimentato e interiorizzato concetti marziali esterni all’Aikido.
Perché?
Perché solo conoscendo la forza la si può sconfiggere, o comunque controllarla, o comunque far capire a noi stessi come comportarci. Quando abbiamo fatto questo passo, allora possiamo disinteressarci di ciò e quindi tornare indietro, e cioè non considerarla più, perché ora si sa cos’è.
Tsuda ha visto le braccia di O’Sensei come quelle di un bambino e quindi prive di quella forza muscolare perché la sua energia era interna. Ma questo è avvenuto ad età avanzata di O’Sensei. Anni addietro, al contrario, O’Sensei era forte come un toro. E’ un passo necessario, diversamente la nostra pratica è solo ginnastica.
Ciò non significa che la pratica debba diventare brutale o iniziare un corso di Body Building. No, i principi dell’Aikido devono essere rispettati. Ma la pratica sul tatami deve contenere anche elementi aggiuntivi. Uno tsuki tirato malamente è negativo sia per Tori che per Uke, così come uno yokomen o uno shomen lanciato chissà dove. Come fa Tori ad applicare una tecnica ad un attacco inesistente? Come Tori e Uke si relazionano per far sì che la tecnica tenda alla perfezione se non esiste l’attacco? Dov’è la crescita di entrambi?
E’ un’arte marziale, non un gioco. Devo applicare lo squilibrio, la distanza, la reazione, la rapidità, l’attenzione e quant’altro, ma a che cosa, se l’attacco non c’è?
Quindi l’Aikido come elemento di pura ginnastica? E’ una definizione che qualcuno può sposare perché ritiene che il suo approccio sia tale. E’ una opinione che io rispetto, ma non ha nulla a che fare con l’essenza e lo spirito dell’Aikido.
Nel Memorandum per la pratica dell’Aikido di O’Sensei si legge:
1) nell’Aikido un singolo colpo decide della vita e della morte, quindi gli allievi devono seguire le istruzioni del maestro e non entrare in competizione con gli altri;
2) l’Aikido è il metodo che insegna a fronteggiare diversi avversari. Gli allievi si devono allenare a stare in guardia non solo di fronte ma anche da ogni lato e all’indietro;
3) l’allenamento deve svolgersi in armonia;
4) l’istruttore mostra solo alcuni aspetti dell’arte. Le sue applicazioni devono essere scoperte da ciascun allievo attraverso l’allenamento e la pratica incessante;
5) non bisogna mai forzare in modo innaturale ed irragionevole durante la pratica. Bisogna condurre l’allenamento in base alle possibilità del nostro corpo;
6) l’obiettivo dell’Aikido è sviluppare la parte migliore della parte umana e non per affermare il proprio ego.
In queste poche regole ci sono degli elementi interessanti, non esaustivi ma sicuramente degni di nota, nei quali si intravede l’intendimento dell’Aikido.
L’Aikido è chiamata arte marziale “superiore”, sia per il suo elevato grado di difficoltà, sia per gli interrogativi che necessariamente pone per la sua pratica e sia perché, aggiungo io, è rivolta a persone intelligenti.
Un aikidoca intelligente mai scenderà dalla macchina a rispondere a qualcuno che gli ha tagliato la strada o raccoglierà altri tipi di provocazione. Questo perché l’accettare questo tipo di contraddittorio significherebbe abbassarsi di livello. E poiché nessun ego deve essere dimostrato, va da sé che argomenti come questi sono irrilevanti e quindi privi di significato per concedere attenzione.
Tuttavia qualora vi siano situazioni senza soluzioni, allora qualcosa deve cambiare. E questo è necessario per la stima verso se stessi e nei confronti degli altri.
Credo tu abbia visto l’ultimo trailer di promozione dell’Aikido. Bene, in questo video di neanche due minuti, le immagini sono intercalate da scritte quali: “tanti anni fa un uomo sviluppò un’arte marziale, tutti possono impararla, è efficace contro gli attacchi con le armi, e contro numerosi assalitori, ed è diventata un sistema di auto difesa per molte persone in tutto il mondo, e il video termina con un kotegaeshi contro una persona con la pistola.
Perché le organizzazioni di Aikido che hanno sponsorizzato questo filmato promozionale e quindi speso soldi, hanno voluto enfatizzare il messaggio di auto difesa?
In fin dei conti i video sul Tai Chi descrivono chiaramente il loro intendimento: il Tai Chi Chuan può essere praticato da tutti e a tutte le età come ginnastica dolce che rilassa e tonifica il corpo e calma la mente.
Ciò che voglio dire è che se effettivamente l’Aikido non fosse considerata un’arte marziale che annovera tra le sue caratteristiche anche quella dell’auto difesa, tutto ciò che viene scritto e rappresentato è tutto un bluff e questo non può essere. La polizia giapponese che ha l’obbligatorietà di frequentare corsi di Aikido si fonda su idee reali e non fantasiose.
L’Aikido è un’arte marziale criptata, perché mostra all’esterno solo ciò che un occhio non esperto può cogliere e solo chi pratica assiduamente, con tranquillità e con spirito marziale, può abbeverarsi al suo sapere. L’Aikido si presta a critiche o ad innumerevoli perché, in quanto non è immediata come il karate, judo etc. e quindi a volte i commenti tendono a trasformarla, a darle aspetti non suoi, a volte anche ad inventarci strane fantasie, come quello che mi capitò tanti anni fa durante uno stage del Maestro Nomoto, quando un aikidoka mi si avvicinò alitandomi addosso pensando che il suo Ki mi avrebbe proiettato a terra.
Il commento del Maestro e mio fu lo stesso: aveva mangiato troppo aglio, tanto era la puzza che emanava (chissà se l’aglio è l’inibitore del Ki?).
La filosofia è importante e bella, ma va sposata con la realtà, con i tempi, se si è anacronistici si rischia di perire. Nella mia famiglia ho il piacere di avere mio nipote campione di Tae Kwon Do e mio fratello che ha praticato pugilato, e con loro spesso mi sono confrontato e ci siamo scambiati le reciproche esperienze, dimostrando attenzione ai dettagli e profondo rispetto per le rispettive discipline. E nessuno di loro ha mai dato sfoggio del proprio ego. Quindi la creazione di persone migliori non dipende solo dalla disciplina marziale, ma anche dal proprio essere, perché ho notato, leggendo nei vari articoli del sito, alcuni commenti poco gradevoli sulle altre discipline marziali e non, e questo non è onorevole da parte di chi pratica l’Aikido.
Avrei voglia di scrivere altre pagine per esprimere meglio i miei pensieri, ma avevo promesso di non scrivere “La divina commedia” e quindi è giusto che mi fermi. Ti ringrazio Giuseppe se mi hai seguito fino qui, ti saluto calorosamente, così come saluto con affetto Fabio e Luigi Branno che spero di incontrare presto sul tatami.
Claudio Tonelli
Ogni arte marziale insegna qualcosa di diverso.ogni allievo apprende con sudore e con “continuità” ciò che gli viene insegnato.nessun arte marziale ti fa divenire un superuomo,anzi,chi apprende un arte marziale con gli anni comprenderà che imparerà sempre più ad evitare scontri inutili da strada,però sia l aikido che le altre discipline insegnano comunque sia a difendersi. Se vogliamo rispondere a se l aikido è valido in strada,la risposta è sì,funziona.se però un aggressore è armato o è ubriaco o drogato,valutiamo bene prima d intervenire cosa sia più valido.esempio :se mi vogliono rubare un portafogli con una pistola puntata alla testa,onestamente lascerei il portafogli,la mia vita vale più di una 50euro…quindi dipende dalla situazione che si va a creare.